La Marina Militare Russa (Voyenno-Мorskoi Flot, spesso abbreviato con la sigla VMF) è la componente navale delle forze armate russe. Come queste, trae le sue origini dalla Marina Militare Sovietica (Voyenno-Morskoi Flot SSSR, anche questa abbreviata con la sigla VMF), che all’epoca della Guerra Fredda era una delle più grandi del mondo, insieme alla US Navy. La marina sovietica, in particolare, è stata quella con il più alto numero di sottomarini operativi. I cantieri del Paese socialista, infatti, hanno sfornato centinaia di battelli, sia convenzionali che nucleari. Il motivo è semplice: per la sua posizione geografica, l’URSS considerava i sottomarini le navi principali della sua flotta, visto che potevano essere utilizzati per violare i blocchi navali, difendere i confini e (in caso di guerra) contrastare con più efficacia i convogli di rifornimenti dagli Stati Uniti all’Europa.
Numericamente parlando, la marina russa oggi è una frazione di quella sovietica, anche se resta abbastanza numerosa. Per numero di sottomarini nucleari, comunque, i russi sono al secondo posto dopo gli americani.
Storia
Le origini dei sottomarini nucleari in Unione Sovietica e Russia
L’idea di installare un reattore nucleare su un sottomarino, bisogna dirlo, fu americana: era il 1939, un’epoca in cui la bomba atomica esisteva, forse, solo nella mente di qualche fisico. Sempre gli Stati Uniti furono i primi a costruire un sottomarino nucleare: lo USS Nautilus, che sarebbe entrato nella storia della navigazione.
L’Unione Sovietica, ovviamente, non rimase a guardare: la guerra subacquea era una priorità, e bisognava mantenere la parità tecnologica. Stavolta non bastava più copiare i progetti tedeschi per stare al passo (cosa che tra l’altro fecero abbondantemente anche gli americani), ma serviva uno “scatto” ulteriore.
I sovietici, però, erano in forte ritardo con le tecnologie nucleari. La cosa può essere spiegata facilmente: prima della guerra, i programmi relativi alle nuove armi non erano considerati prioritari (anche perché costavano uno sproposito), poi l’invasione tedesca aveva rallentato ulteriormente anche quelle poche ricerche che venivano portate avanti in campo nucleare. Solo nel corso del conflitto i vertici dell’Unione Sovietica (ovvero Stalin) si resero conto dell’importanza di queste tecnologie, e quindi le ricerche subirono una forte accelerazione. Tuttavia, fu solo nel 1949 (ben quattro anni dopo gli americani) che i sovietici riuscirono a far esplodere la loro prima bomba atomica, e nei primi anni cinquanta iniziarono a lavorare ad un reattore per sottomarini. Del resto, se lo facevano gli americani lo dovevano fare anche loro.
Nel 1956, finalmente, presso l’Istituto di Fisica e Ingegneria Elettrica di Obninsk, venne “acceso” anche il primo reattore navale sovietico. Fin qui tutto bene. Il problema fu montarlo sul sottomarino. Se per il Nautilus non ci furono imprevisti particolari, la stessa cosa non si può dire per il suo omologo a falce e martello, il K-3 Leninskiy Komsomol (classe November per la NATO). Dopo una lunga messa a punto, caratterizzata da problemi alle turbine e fughe di radiazioni, il K-3 entrò in servizio nel 1958. A quell’epoca i sovietici erano in clamoroso ritardo, visto che gli americani avevano 7-8 sottomarini nucleari tra operativi ed in costruzione. Sottomarini, è il caso di dirlo, decisamente più affidabili.
I sovietici però avevano tutte le risorse e le competenze per portare avanti un programma nucleare subacqueo di alto livello. Cosa che fecero, visto che i sottomarini furono la componente principale della loro marina.
La prima generazione
I sottomarini nucleari sovietici della prima generazione sono noti con l’acronimo HEN. Queste tre lettere altro non sono che le iniziali di Hotel, Echo e November, ovvero i nomi in codice NATO delle prime tre classi di battelli atomici entrati in servizio con la VMF.
Questi sottomarini avevano in comune il reattore: tutti i battelli costruiti imbarcavano due VM-A ad acqua pressurizzata, con una potenza nominale di 70 MW l’uno. Questi propulsori erano decisamente più potenti di quelli statunitensi, ma avevano un problema: erano estremamente rumorosi. Su un November (il K-27) fu anche installato in via sperimentale un reattore raffreddato a metallo liquido, chiamato VT-1, che però non si dimostrò il massimo dell’affidabilità e che comunque creò parecchi problemi di manutenzione.

Il problema della silenziosità, almeno inizialmente, non venne affrontato dai progettisti sovietici. Il loro obiettivo, infatti, era avere dei battelli subacquei ad alte prestazioni, veloci e ben armati. Il rumore, evidentemente, veniva considerato qualcosa di secondario: ignoravano infatti che per le marine NATO era estremamente facile individuare questi sottomarini, proprio a causa del “fracasso” che facevano in navigazione.
Fin da subito, i progettisti impostarono i battelli atomici subacquei con una filosofia diversa rispetto a quella americana. Mentre i sottomarini nucleari “a stelle e strisce” tendenzialmente sono a scafo singolo e con un solo reattore, i sovietici puntarono da subito sul doppio scafo e i due reattori. Questo schema costruttivo è stato mantenuto fino ai giorni nostri, con poche eccezioni.
I lavori sul primo sottomarino nucleare sovietico iniziarono nel 1952, coordinati dal TsKB-143 . Dopo varie revisioni progettuali, diventò una specie di equivalente del Nautilus americano, ovvero un sottomarino nucleare da attacco armato di siluri. Il K-3 Leninskiy Komsomol (questo il suo nome) entrò in servizio nel 1958, con tutti i suoi problemi di affidabilità. Poco dopo (1960) entrò in servizio il primo esemplare della classe Hotel, il tristemente famoso K-19: si trattava del primo SSBN sovietico, sviluppato in tutta fretta dal TsKB-18 partendo dal poco che già c’era di pronto, ovvero lo scafo dei classe November ed il sistema di lancio dei Golf.
Il risultato fu pesantemente inferiore ai pari-tipo americani, i George Washington: questi ultimi avevano sedici missili balistici sublanciati (SLBM) in altrettanti pozzi, mentre gli Hotel appena tre dentro alla falsatorre. Si trattò di una soluzione di emergenza, e si vedeva! Il K-19 oltretutto venne costruito a tempo di record, e soffrì sempre problemi di affidabilità.

Lo stesso TsKB-18 realizzò anche un sottomarino nucleare armato di missili da crociera: la classe Echo, il primo SSGN della storia. In effetti, vennero utilizzati in affiancamento ai classe Hotel nelle loro crociere di deterrenza, anche se con parecchie limitazioni vista la scarsa gittata dei missili (che oltretutto potevano essere lanciati esclusivamente in emersione). Successivamente, ne fu realizzata una versione con missili antinave, che doveva servire a contrastare le portaerei americane: un tipo di missione caratteristico delle marine sovietica e russa, che continuano a realizzare battelli appositi per questo compito.
I sottomarini nucleari sovietici della prima generazione, per molti versi erano inferiori a quelli americani. Il loro scopo era quello di varcare il cosiddetto GIUK Gap, un tratto di mare considerato il “collo di bottiglia” della guerra navale in Atlantico. GIUK è l’acronimo di Greenland (Groenlandia), Iceland (Islanda) e United Kingdom (Gran Bretagna): queste tre masse di terra creano un vero e proprio passaggio obbligato per le navi che dalla Norvegia (e quindi dalla Penisola di Kola, dov’è la Flotta del Nord) vogliano entrare nell’Oceano Atlantico ed avvicinarsi alle coste americane. Per i sovietici, passare quel varco era vitale, per due motivi.
- I loro SLBM non avevano abbastanza gittata per raggiungere gli Stati Uniti continentali. L’Unione Sovietica non aveva basi nei pressi del continente americano, quindi per colpirlo o utilizzava i missili balistici intercontinentali con base a terra, oppure gli SSBN. Vista la scarsa gittata, questi si dovevano per forza avvicinare al continente, e quindi passare il GIUK Gap.
- In caso di guerra, gli Stati Uniti avrebbero mandato i convogli con i rifornimenti verso l’Europa. L’unico modo che la VMF aveva di intercettarli era portare i propri sottomarini in mare aperto, e quindi passare il GIUK Gap.
Ovviamente la NATO lo sapeva, e pattugliava senza sosta quei tratti di mare. Tra l’altro, sviluppò una catena di postazioni subacquee di ascolto, che servivano appunto ad individuare i sottomarini nemici. Questo sistema, chiamato SOSUS (Sound Surveillance System), è stato continuamente perfezionato nel corso del tempo.
Le classi November, Hotel ed Echo costituirono la prima generazione di sottomarini nucleari sovietici. Pieni di difetti, con problemi di affidabilità e rumorosi, costituirono la base di quella che sarebbe diventata la più numerosa flotta subacquea della storia.
Classe November
Altro nome: Progetto 627 Kit
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 14
Servizio: 1958 – 1990
Classe Hotel I/III
Altro nome: Progetto 658
Tipologia: SSBN
Esemplari costruiti: 8
Servizio: 1960 – 1991
Classe Echo I/II
Altro nome: Progetto 659/Progetto 675
Tipologia: SSGN
Esemplari costruiti: 34
Servizio: 1961 – 1994
La seconda generazione
La seconda generazione di sottomarini nucleari sovietici costituì un passo avanti enorme, e non solo in termini di prestazioni: a battelli con prestazioni estreme (la classe Alfa) si unirono sottomarini più affidabili, in grado di portare un numero adeguato di missili, oltre alla presa di coscienza del problema relativo alla rumorosità. Contemporaneamente, i progettisti tirarono fuori alcuni modelli con prestazioni estreme, mai più eguagliate da altri sottomarini, ma che erano talmente costosi e complessi da ridurre la produzione a poche unità. Ma andiamo per gradi.
La seconda generazione venne costruita sfruttando i reattori nucleari VM-4 da 90 MW, che vennero installati in varie configurazioni su quasi tutti i battelli costruiti: le classi Victor, Yankee, Delta e Charlie montano questi reattori. Le uniche eccezioni furono le classi Papa ed Alfa, e vedremo poi perché.
Inoltre, a partire dal 1967, i vertici della VMF scoprirono che i loro sottomarini erano molto rumorosi, e che gli americani sapevano sfruttare bene questa debolezza per individuarli. Come fecero a scoprirlo? Grazie ad un americano, un uomo chiamato John Anthony Walker.
Questi era un sottufficiale della marina americana che, grazie a gravi falle della sicurezza, riuscì a mettere le mani su un’enormità di documenti riservati ed a rivenderli ai sovietici. Dal 1967 al 1985, quando fu “beccato”, passò al KGB qualcosa come un milione e duecentomila pagine di materiale di tutti i tipi, riguardanti codici cifrati, tattiche militari e segreti tecnologici. Tra cui, ovviamente, quelli relativi ai sottomarini. Walker non era nemmeno comunista, lo fece semplicemente per soldi. Praticamente, i sovietici, pagando circa un milione di dollari (una miseria), riuscirono a recuperare anni di distacco tecnologico, oltre che a provocare danni enormi alla sicurezza degli Stati Uniti. Giusto per fare un esempio, i sovietici “bucarono” le comunicazioni criptate della marina, riuscendo ad acquisire informazioni vitali almeno per una ventina d’anni!
Riguardo ai sottomarini, il danno per gli americani fu decisivo. Non solo i sovietici presero coscienza del problema della rumorosità dei loro battelli (e quindi del fatto che gli americani li individuavano facilmente), ma poterono anche copiare le contromisure americane per insonorizzarli. Il risultato fu che a partire dei Victor III i sottomarini con la stella rossa diventarono molto più difficili da individuare.
Vediamo adesso in breve le varie classi di sottomarini entrate in servizio.
Cominciamo dai sottomarini nucleari da attacco. Che i classe November non fossero sottomarini riusciti era stato chiaro fin dall’inizio, tanto che il solito TsKB-143 (che stava diventando leader nella costruzione di SSN) iniziò a lavorare ad un successore già nel 1959. Il risultato fu la classe Victor, costruita in oltre 40 unità in tre versioni principali. L’ultima versione, Victor III (alcuni tra l’altro ancora in servizio) hanno un piccolo primato, nella marina sovietica: costituiscono i primi sottomarini costruiti in base alle rivelazioni della spia Walker. Negli Stati Uniti, infatti, sono noti anche come “classe Walker”. Queste rivelazioni, comunque, influenzarono profondamente la marina sovietica a partire dalla seconda metà degli anni sessanta.
Mentre lavorava alla classe Victor, il TsKB-143 stava sviluppando uno di quei sottomarini estremi di cui si è parlato sopra: i classe Alfa. Interamente costruiti in titanio e spinti da un reattore raffreddato a metallo liquido, sono stati tra i più veloci sottomarini nucleari mai costruiti, superati solo dalla classe Papa (di cui parleremo tra poco). Gli Alfa erano dei “sottomarini intercettori”, dal dislocamento limitato, un’elevatissima automazione a bordo (il che permetteva un equipaggio di appena una trentina di elementi, un record ineguagliato) ed una velocità di punta di otre 40 nodi. Contemporaneamente, avevano una manutenzione da incubo, costavano uno sproposito ed erano molto rumorosi. In un certo senso, si può dire che rappresentarono il punto di arrivo nella ricerca di prestazioni sempre più esagerate per i sottomarini nucleari.
Ma gli Alfa non furono i più veloci. Questo record infatti spetta alla già citata classe Papa, realizzata in un unico esemplare (il K-162). Sviluppata dal TsKB-16, questa serie di SSGN avrebbe dovuto rappresentare un vero e proprio progetto di rottura, rispetto alla precedente generazione: veloce (montava due reattori di terza generazione, i VM-5) e con missili che potevano essere lanciati in immersione. Le cose non andarono proprio così: la VMF si rese conto che il K-162 era una potenza, ma costava veramente troppo. Quindi decise di realizzarne solo uno ed affiancargli qualcosa di più economico. Questo “qualcosa” venne progettato dal TsKB-112, al suo esordio assoluto nel settore dei sottomarini nucleari: ciò che venne fuori fu la classe Charlie, i primi sottomarini sovietici ad imbarcare un singolo reattore.
Non furono esattamente un progetto riuscito: erano troppo lenti per il tipo di missione che avrebbero dovuto svolgere (contrastare le portaerei americane. E le portaerei americane vanno veloci), ma la VMF li tenne comunque in servizio per mancanza di altro. In compenso, però, potevano lanciare i loro missili antinave restando in immersione.

Ma la seconda generazione è anche quella dei sottomarini nucleari lanciamissili balistici Progetto 667 (con varie lettere dopo il numero, a seconda della versione), realizzati in decine di esemplari e che la NATO identifica con ben due nomi in codice (Yankee e Delta). Dire che furono un’evoluzione della classe Hotel è riduttivo: in realtà, furono i primi SSBN degni di questo nome schierati dalla VMF.
Gli Yankee (Progetto 667A), con i loro 16 missili alle spalle della falsatorre (soluzione adottata dagli Stati Uniti) che potevano essere lanciati in immersione, potevano reggere il confronto con gli equivalenti battelli statunitensi. Il problema era la gittata dei missili: gli SSBN sovietici, per colpire gli Stati Uniti continentali, erano sempre costretti a passare il GIUK Gap. Questo limite venne risolto con la successiva classe Delta (Progetto 667B), che con i missili R-29 finalmente poteva bersagliare il continente americano restando nei mari di Barents e di Norvegia. Gli Yankee non furono mai sottomarini particolarmente silenziosi, o meglio, non vennero progettati per essere particolarmente furtivi. Le cose iniziarono a cambiare con i Delta, in seguito alle rivelazioni della spia Walker. Tuttavia, da questo punto di vista, anche i Delta non furono mai all’altezza degli equivalenti modelli americani, visto che di fondo il progetto base (ed il reattore) era quello. L’unica eccezione, forse, possono essere i Delta IV, che vennero realizzati come “progetto di riserva” della classe Typhoon, nel caso questi ultimi non fossero stati all’altezza. In effetti, i Delta IV, da un punto di vista cronologico, rientrano in pieno nella terza generazione.
Classe Victor I/III
Altro nome: Progetto 671
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 48
Servizio: 1967 – oggi
Classe Alfa
Altro nome: Progetto 705 Lyra
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 7
Servizio: 1971 – 1996
Classe Yankee I/II
Altro nome: Progetto 667A
Tipologia: SSBN
Esemplari costruiti: 34
Servizio: 1967 – 2004
Classe Delta I/IV
Altro nome: Progetto 667B
Tipologia: SSBN
Esemplari costruiti: 43
Servizio: 1972 – oggi
Classe Charlie I/II
Altro nome: Progetto 670 Skat
Tipologia: SSGN
Esemplari costruiti: 17
Servizio: 1967 – 1998
K-222 (classe Papa)
Altro nome: Progetto 661 Anchar
Tipologia: SSGN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 1969 – 1989
La terza generazione
Con la terza generazione entriamo nei mitici anni ottanta, l’ultimo decennio di vita dell’Unione Sovietica: sottomarini che sono entrati nell’immaginario collettivo, come i giganteschi Typhoon, o maledettamente efficaci come gli Akula e gli Oscar, o gli enormemente costosi Sierra. I modelli progettati in questo periodo erano molto più silenziosi dei precedenti: i sovietici utilizzarono (bene) le informazioni che gli aveva fornito Walker, e realizzarono dei battelli molto più sofisticati e silenziosi dei precedenti.
Tutti i sottomarini di terza generazione vennero equipaggiati con i nuovi reattori ad acqua pressurizzata OK-650, realizzati in varie configurazioni, ma con una potenza unitaria di 190-200 MW. Questi sono molto più silenziosi, visto che per il raffreddamento utilizzano un sistema di circolazione naturale del refrigerante (le pompe, che fanno parecchio rumore, si usano solo per le alte velocità). La loro elevata potenza consentì ai sovietici di imbarcarne solo uno sui loro SSN (novità assoluta su battelli costruiti in grande serie. Per la cronaca, i Victor ne avevano due).
Vediamo più nel dettaglio quello che costruirono i sovietici in questo periodo.
I sottomarini nucleari da attacco che la VMF mise in servizio in questo periodo stupirono l’intelligence occidentale, visto che non si aspettavano che i loro avversari con la stella rossa riuscissero a realizzare cose del genere in tempi brevi (e di questo i sovietici dovettero ringraziale il già citato Walker, che per la cronaca venne arrestato dall’FBI solo nel 1985). Quelli che più stupirono per le loro caratteristiche furono i battelli della classe Akula, moderni e con ottime prestazioni.
La cosa paradossale è che gli Akula furono un modello di ripiego.
La marina sovietica, infatti, aveva inizialmente puntato sui classe Sierra, progettati dall’Ufficio di Progettazione Lazurit (l’ex TsKB-112, quello dei Charlie). I Sierra erano veloci e con un’elevata profondità operativa, ma avevano un problema: erano in titanio e costavano uno sproposito. Quindi, la produzione in massa era da escludere, e serviva qualcosa di più economico da affiancargli. Questo “qualcosa” furono gli Akula, sviluppati dalla Malakhit (non proprio dei novellini, visto che è il risultato della fusione tra il TsKB-16 ed il TsKB-143). Alla fine, gli Akula vennero costruiti in gran numero, mentre la produzione dei Sierra si limitò a quattro unità. La fine dell’Unione Sovietica interruppe tutti i programmi.

Accanto ad Akula e Sierra, vi è anche un terzo SSN, il K-278 Komsomolets (unico esemplare realizzato della classe Mike). Sviluppato dall’Ufficio Tecnico Rubin (un’altra vecchia conoscenza: era il TsKB-18), si trattava di un battello sperimentale utilizzato operativamente dalla marina. Quello che stupisce è l’elevata profondità operativa di questo sottomarino: ben 1.000 metri, un vero record! Bisogna dire che il Komsomolets secondo alcuni esperti non rientrerebbe nella terza generazione, ma in una sorta di “seconda generazione e mezza”. Infatti, solo il reattore era di ultimo modello, mentre il resto della componentistica era piuttosto datato.
Con la terza generazione, arrivò anche il sostituto dei Charlie: i classe Oscar, degli SSGN estremamente potenti, ancora in servizio con la VMF e sottoposti a vari programmi di aggiornamento. Enormi e con due reattori nucleari (l’opposto dei Charlie, insomma), con i loro 24 missili antinave rappresentavano (e rappresentano tuttora) un pericolo letale per le grandi portaerei. Anche questi furono un progetto della Rubin, sempre più specializzata in sottomarini di grandi dimensioni.
Per finire, gli SSBN. La terza generazione è quella della classe Typhoon, i più grandi mezzi subacquei mai realizzati. Questi furono il frutto di un progetto complesso ed innovativo, tanto che la Rubin (il progettista) decise di tutelarsi, sviluppando una versione aggiornata dei Delta da mettere in servizio se le cose fossero andate male. Alla fine, i Typhoon si rivelarono efficaci ma costosi, e le due classi furono realizzate in parallelo. Cosa importante, potevano lanciare i propri missili standosene nei pressi delle proprie basi, vista la grande gittata. Tuttavia, nonostante le dimensioni, i Typhoon non riuscirono ad eguagliare gli equivalenti americani della classe Ohio in termini di numero di missili (20 i Typhoon, 24 gli Ohio).
Classe Akula I/II
Altro nome: Progetto 971 Shchuka-B
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 15
Servizio: 1984 – oggi
Classe Sierra
Altro nome: Progetto 945
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 4
Servizio: 1984 – oggi
K-278 Komsomolets (classe Mike)
Altro nome: Progetto 685 Plavnik
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 1983 – 1989
Classe Typhoon
Altro nome: Progetto 941 Akula
Tipologia: SSBN
Esemplari costruiti: 6
Servizio: 1981 – oggi
Classe Oscar I/II
Altro nome: Progetto 949
Tipologia: SSGN
Esemplari costruiti: 13
Servizio: 1980 – oggi
La quarta generazione
La fine dell’Unione Sovietica, e le catastrofiche condizioni economiche della Federazione Russa, ostacolarono parecchio lo sviluppo della quarta generazione di sottomarini nucleari. Tutti i programmi, infatti, furono enormemente ritardati, ed in certi casi addirittura cancellati.
Un esempio peculiare è rappresentato dalla classe Yasen. Inizialmente sviluppato dalla Malakhit come SSN, il progetto fu poi rivisto per trasformalo in un SSGN, a causa della cancellazione del successore della classe Oscar, i Progetto 881 Merkury. Il primo esemplare, impostato nel 1993, venne consegnato alla VMF addirittura alla fine del 2013! Ritardi a parte, gli Yasen sono qualcosa di praticamente unico all’interno della marina russa. Innanzitutto, sono i primi sottomarini nucleari russi in assoluto ad essere costruiti a scafo singolo, oltre che a montare un sonar sferico (su tutti gli altri è cilindrico. Per approfondire vedere la voce). Inoltre, dal secondo esemplare in poi hanno un reattore di quarta generazione di modello ignoto (il capoclasse ha il solito OK-650). In breve, sono battelli estremamente sofisticati, e pure costosi, che non è possibile realizzare in grandi numeri.

La quarta generazione comprende anche i successori degli SSBN classi Delta e Typhoon: i Borei. Si tratta dei primi sottomarini nucleari interamente progettati in Russia (dalla Rubin), anche loro con tempi biblici: tra problemi economici e malfunzionamenti del missile, fu solo nel 2012 che entrarono in servizio (con il missile dichiarato operativo sei anni dopo). I Borei montano due reattori OK-650 di terza generazione, anche se con sistemi per diminuire la traccia acustica. Il numero di missili è rimasto lo stesso dei precedenti Delta: appena 16, un terzo in meno degli Ohio. Accanto a questi sottomarini, si può considerare di quarta generazione anche l’ultimo superstite della classe Typhoon, visti gli aggiornamenti che ha ricevuto. Tuttavia, vista la veneranda età (ed i costi, che schizzano alle stelle non appena uno prova a mettere le mani su un Typhoon), questa unità è stata radiata nel febbraio 2023.
I battelli di quarta generazione costituiscono il futuro della flotta subacquea russa, insieme ad un SSN di quinta generazione in fase disviluppo. Si tratta di battelli estremamente moderni e sofisticati, che puntano molto sulla silenziosità e dovrebbero restare in servizio per i prossimi 30-40 anni.
Classe Borei
Altro nome: Progetto 955, classe Dolgorukiy
Tipologia: SSBN
Esemplari costruiti: 5
Servizio: 2008 – oggi
Classe Yasen
Altro nome: Progetto 885, classe Severodvinsk
Tipologia: SSGN
Esemplari costruiti: 3
Servizio: 2013 – oggi
La quinta generazione
La Russia, al momento, ha un solo sottomarino nucleare di quinta generazione in fase di sviluppo, la classe Laika (classe Husky per la NATO). Ci sta lavorando la Malakhit, e si prevede di avere un primo esemplare entro il 2027-2030. I Laika nascono come versione economica degli Yasen. Questi ultimi, inizialmente, avrebbero dovuto sostituire l’intera linea dei sottomarini nucleari da attacco, ma il loro costo ha costretto la VMF a rivedere completamente i propri piani. Quindi, la marina ha richiesto qualcosa con un costo unitario inferiore. I Laika (se avranno prestazioni accettabili) sostituiranno le classi Akula, Sierra e Victor, affiancando i Borei e gli Yasen di quarta generazione.
Classe Laika
Altro nome: Progetto 545 Laika, classe Husky
Tipologia: SSN
Esemplari costruiti: 0
Servizio: in fase di sviluppo
I sottomarini nucleari ausiliari
Questi sottomarini sono molto particolari, e non possono essere inseriti nella classificazione precedente. Il loro sviluppo, infatti, ha seguito logiche diverse rispetto agli altri battelli atomici, comunque è iniziata diversi anni dopo. Quindi, meritano un discorso a parte.
I sottomarini nucleari per missioni speciali, ovvero quelli che i russi chiamano “stazioni atomiche di profondità“, sono stati sviluppati in risposta all’NR-1 americano, ed entrati in servizio a partire dal 1977. Si tratta di battelli molto diversi rispetto a quello statunitense, e si rimanda alle rispettive voci. Comunque, i primi furono quelli della classe Uniform, che erano di dimensioni piuttosto grosse e potevano operare in autonomia. Accanto a questi, fu sviluppata la classe X-Ray, molto più simile all’NR-1 ma che poteva essere trasportata in zona operazioni da un sottomarino madre. Ne fu costruito solo uno, negli anni ottanta, seguito da due ulteriori esemplari modificati nel decennio successivo (e conosciuti come classe Paltus). Nel 2010, dopo 22 anni di lavori, è entrato in servizio il Losharik, un sottomarino per operazioni di “ingegneria subacquea” ancora più perfezionato.
Le informazioni su questi battelli sono scarsissime, e non si sa nemmeno quanti siano effettivamente operativi.
Sottomarini come i Paltus/X-Ray e il Losharik hanno bisogno di un battello madre per arrivare in zona operazioni, un “carrier submarine” come potrebbe essere definito. L’Unione Sovietica quindi ne ha realizzati alcuni, modificando battelli già esistenti. Il primo fu il KS-86, un sottomarino della classe Echo II, che fu successivamente sostituito nel ruolo dal KS-411, della classe Yankee (che era decisamente più grosso e adatto per l’incarico).
A partire dal 2000, la VMF ha pensato di modificare i classe Delta per questo compito: quindi, in successione, entrarono in servizio il BS-136 Orenburg (Delta III) ed il BS-64 Podmoskovye (Delta IV), entrambi frutto di modifiche. Se esaminiamo le generazioni a cui appartengono i queste unità prima delle modifiche, possiamo vedere che, escluso il primo (la classe Echo è della prima generazione), tutti gli altri sono il frutto della conversione di SSBN di seconda generazione. Diverso è il caso del K-329 Belgorod, che invece è il risultato di una vera e propria ricostruzione di un Oscar II abbandonato incompleto per mancanza di fondi. Questo, oltre ad essere utilizzabile come sottomarino madre, è anche armato con droni atomici Poseidon.
Parlando sempre del Poseidon, la classe Khabarovsk è stata progettata appositamente per trasportare (e lanciare) sei di questi ordigni. Si tratta del primo sottomarino nucleare sviluppato come “porta-droni” (SSDN), quindi in un certo senso costituisce la prima generazione di questo genere di unità. O la seconda, se contiamo il Belgorod, che a sua volta potrebbe essere considerato la terza (o la quarta?) generazione di sottomarini madre per battelli per missioni speciali…
Insomma, classificare queste unità per “generazioni” è abbastanza complicato.
Accanto a questi, abbiamo una serie di unità che vennero modificate per essere utilizzate come “banco-prova” di varie tecnologie (come il KS-403). La più sofisticata, in questo senso, è sicuramente il B-90 Sarov, costruito appositamente per questo ruolo.
Classe Uniform
Altro nome: Progetto 1910 Kashalot
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 3
Servizio: 1986 – oggi
AS-23 (classe X-Ray)
Altro nome: Progetto 1851 Almaz
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 1986 – oggi?
Classe Paltus
Altro nome: TProgetto 18511 Halibut
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 2
Servizio: 1991 – oggi
AS-31 Losharik
Altro nome: Progetto 10831, NORSUB-5
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 2010 – in riparazione?
KS-403 (classe Yankee Pod)
Altro nome: Progetto 667AK Akson-1
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 1983 1991
KS-411 (classe Yankee Stretch)
Altro nome: Progetto 09774
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 1990 – 2004
KS-403 (classe Yankee Big Nose)
Altro nome: Progetto 09780 Akson-2
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 1996 – 2004
KS-129 (classe Delta Stretch)
Altro nome: Progetto 09786 Grunt
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 2002 – oggi
B-90 Sarov
Altro nome: Progetto 20120 Sargan
Tipologia: sottomarino per test
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 2008 – oggi
BS-64 Podmoskovye (cl. Delta IV Stretch)
Altro nome: Progetto 09787 Grunt-1
Tipologia: SSAN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 2016 – oggi
K-329 Belgorod
Altro nome: Progetto 09852
Tipologia: SSAN/SSDN
Esemplari costruiti: 1
Servizio: 2022 – oggi
Classe Khabarovsk
Altro nome: Progetto 09851
Tipologia: SSDN
Esemplari costruiti: 0
Servizio: in costruzione
Poseidon
Altro nome: classe Kanyon, Status-6, 2M39
Tipologia: drone subacqueo
Esemplari costruiti: ?
Servizio: ?
Organizzazione
La marina russa (VMF) è organizzata in quattro flotte, oltre ad una flottiglia, inquadrate all’interno dei distretti militari territoriali.
- Flotta del Nord: inquadrata nel Comando strategico Congiunto del Nord. Quartier Generale a Severomorsk (Penisola di Kola, a due passi dal confine norvegese).
- Flotta del Pacifico: inquadrata nel Distretto Militare Orientale. Quartier Generale a Vladivostok.
- Flotta del Mar Nero: inquadrata nel Distretto Militare Meridionale. Quartier Generale a Sebastopoli.
- Flotta del Mar Baltico: inquadrata nel Distretto Militare Occidentale. Quartier Generale a San Pietroburgo.
- Flottiglia del Mar Caspio: inquadrata nel Distretto Militare Meridionale. Quartier Generale ad Astrakhan.
Il Quartier Generale della marina è a San Pietroburgo.

Le due flotte principali (nonché le uniche con sottomarini nucleari) sono quelle del Nord e del Pacifico. Queste due, ai tempi dell’Unione Sovietica, avevano una larga autonomia operativa, per via della loro posizione geografica, e potevano svolgere operazioni indipendenti. Le altre, invece, avevano più che altro un ruolo di supporto. La Flotta del Baltico, in particolare, era concepita come una forza prevalentemente anfibia. La Flottiglia del Caspio, invece, aveva essenzialmente un ruolo di controllo del mare omonimo, all’epoca diviso con il solo Iran.
La fine dell’Unione Sovietica ha portato ad un forte ridimensionamento della VMF. Questo non solo per via della mancanza di fondi, ma anche a causa della spartizione dell’immensa flotta sovietica tra le nuove repubbliche indipendenti (il fenomeno ha riguardato soprattutto la Flotta del Mar Nero, che venne interamente rivendicata dall’Ucraina. I due Paesi si misero d’accordo solo nel 1997).
Tornado alla parte organizzativa, con la riforma militare del 2008, le quattro flotte vennero sostanzialmente equiparate ai sei distretti militari in cui era divisa allora la Federazione Russa. Successivamente, con la riduzione del numero dei distretti, questi ultimi furono riformati. Oggi, ogni distretto militare ha competenza sulle forze terrestri, aeree e navali della sua zona.
Nel 2014, dal Distretto Militare Occidentale è stato scorporato il Comando Strategico Congiunto del Nord, con la relativa Flotta. La Federazione Russa, infatti, ha piani molto ambiziosi per l’Artico, e quindi necessita di una specie di “distretto militare” autonomo specifico per quella regione.
Le uniche flotte con sottomarini nucleari sono quelle del Nord e del Pacifico, quindi parleremo un po’ di più di queste.

La Flotta del Nord è responsabile delle operazioni nei mari artici, oltre a dover gestire le minacce provenienti dall’Oceano Atlantico e dal Mar di Norvegia: una zona strategica, visto che da quelle parti incrociano parecchie marine NATO (soprattutto quelle americana e britannica). Le basi sono praticamente tutte sulla Penisola di Kola, a poca distanza dal confine norvegese. L’unica eccezione è Severodvinsk, ma tecnicamente non è una base della marina ma “solo” un cantiere navale.
Le installazioni che ospitano sottomarini nucleari sono le seguenti. Nota: sono tutte città chiuse (l’accesso è vietato, a meno che non si abbiano permessi speciali. Le ho raccontate altrove), quindi se pensate di andare da quelle parti a fare foto panoramiche o selfie lasciate perdere che vi arrestano.
- Zaozyorsk: 11° Divisione Subacquea, con le classe Oscar e Yasen.
- Vidyaevo: una base divisa in due installazioni distinte, situate nelle baie di Ara e di Ura (hanno avuto molta fantasia con i nomi). A Vidyaevo c’è il comando della 7° Divisione Sottomarini, con le classi Sierra e Victor, ma si possono trovare battelli di tutti i tipi.
- Zapadnaya Litsa: una base navale che comprende qualcosa come quattro installazioni distinte (Malaya Lopatka, Andreev, Bolshaya Lopatka e Nerpichya). In origine era un posto incontaminato, poi la VMF decise di farne la “casa” dei suoi sottomarini nucleari. Qui, tra l’altro ha sede il deposito di scorie nucleari della Baia di Andreev. Inoltre, a Nerpichya c’era la 18° Divisione Sottomarini con i classe Typhoon (l’ultimo esemplare è stato radiato nel febbraio 2023).
- Gadzhiyevo: probabilmente la principale base di sottomarini nucleari della Flotta del Nord. Qui hanno sede la 24° (classe Akula) e la 31° (classi Delta e Borei) Divisione Sottomarini. La zona era conosciuta anche come Yagelnaya Guba.
- Olenya Guba: cittadina con base navale sede della 29° Divisione Sottomarini. Si tratta di un’unità abbastanza particolare, dove sono inquadrati praticamente tutti i sottomarini russi per operazioni speciali. Questa divisione tecnicamente non fa parte della Flotta del Nord: è composta da personale della marina, ma dipende direttamente dal Ministero della Difesa.
Altra città importante per i sottomarini è Poyarny, che però ospita solo battelli a propulsione convenzionale (in passato comunque ci sono passati pure quelli atomici). Tra le basi della Flotta del Nord, è particolarmente famosa per essere il luogo da dove è partito per il suo viaggio inaugurale il sottomarino Ottobre Rosso, protagonista del romanzo di Tom Clancy (e pure di un film con Sean Connery).

La Flotta del Pacifico è responsabile delle operazioni nell’oceano omonimo, con il quartier generale a Vladivostok. Le basi navali sono concentrate praticamente tutte intorno a due città: la già citata Vladivostok e Petropavlovsk-Kamchatsky, in Kamchatka (una penisola accanto all’Alaska). Nei pressi di Petropavlovsk c’è la principale base navale russa dei sottomarini della Flotta del Pacifico, ovvero Vilyuchinsk. Qui hanno sede la 10° e la 25° Divisione Sottomarini: nella prima sono inquadrati i classe Oscar ed Akula, nella seconda i classe Delta e Borei.

Classificazione dei sottomarini nucleari russi
Le classi navali
Tutte le navi in circolazione sono organizzate in “classi”. Cos’è una classe navale? In breve, si tratta di una serie di navi che hanno progetto e caratteristiche comuni. In altri termini: io progetto una nave e poi ne faccio quattro uguali (o quasi), basandomi su quel progetto.
Per quanto riguarda i nomi delle classi, ogni Paese ha regole sue, ma in Occidente (di solito) la classe prende il nome dalla prima unità della quale è stata approvata la costruzione, la cosiddetta “capoclasse” (che normalmente è anche la prima unità costruita).
In Russia (e, ovviamente, Unione Sovietica) funziona diversamente. I russi identificano ogni classe navale con un numero di progetto, che può essere seguito da lettere per identificare le varie versioni. La NATO, per semplificarsi la vita, utilizza dei nomi in codice, sempre partendo dalla prima unità varata (con parecchie eccezioni).
Con i sottomarini (tutti, non solo quelli nucleari), la faccenda è più complicata: il loro nome, all’epoca, era una lettera seguita da un numero (numero casuale, oltretutto), e quindi la NATO ha utilizzato per le sue codifiche l’alfabeto fonetico: classe Alfa, Bravo, Charlie, Delta, Echo, Golf… Quando poi sono finite le lettere, ha iniziato a regolarsi diversamente (nomi a caso, “suggerimenti” di Brezhnev, prima unità varata…). Oggi i sottomarini russi più moderni sono noti anche con il nome di progetto. Ad esempio, i nuovi Progetto 885 Yasen sono conosciuti in Occidente come “classe Yasen“, anche se per la NATO si chiamerebbero “classe Severodvinsk“. Per tacere dei classe Borei, che nessuno praticamente chiama classe Dolgorukiy…
Le tipologie
In Occidente, per identificare i vari tipi di navi, si utilizza l’Hull Classification Symbol (simbolo di classificazione dello scafo), ovvero un sistema di sigle per classificare le unità navali. Si tratta di un sistema americano, che però è conosciuto (ed utilizzato, anche se informalmente) in praticamente tutti i Paesi NATO. In Russia, naturalmente, esiste un altro sistema di sigle, che però può essere in qualche modo sovrapponibile.
Limitandosi ai sottomarini nucleari, la situazione è la seguente.
- Podvodnaja Lodka Atomnaja (PLA): sottomarino nucleare, equivalente ai nostri sottomarini nucleari da attacco (SSN).
- Podvodnaja lodka atomnaja s raketami krylatymi (PLARK). Letteralmente, sottomarino nucleare con missili da crociera. L’equivalente dei nostri SSGN.
- Raketnыj podvodnыj krejser strategičeskogo naznačenija (RPKSN): incrociatore subacqueo lanciamissili strategici. Equivalente russo del nostro sottomarino nucleare lanciamissili balistici (SSBN). Meno diffusa, ma esiste anche la sigla PLARB (Podvodnaja lodka atomnaja s raketami ballističeskimi, sottomarino nucleare lanciamissili balistici). Nel caso della classe Typhoon, pare sia stata usata la sigla TRPKSN (la T sta per “pesante”. Effettivamente…).
- Atomnaja glubokovodnaja stancija (AGS): stazione atomica di profondità. Qui entriamo nel magico mondo dei sottomarini nucleari ausiliari (SSAN). Solitamente, questa sigla si utilizza solo per i piccoli battelli subacquei per missioni speciali, tipo gli X-Ray o gli Uniform.
- Nositelʹ glubokovodnogo apparata specialʹnogo naznačenija (NGASN): sigla utilizzata per i sottomarini-madre, che trasportano battelli più piccoli (tipo il KS-411).
- Èksperimentalʹnaja podvodnaja lodka (EPL): sottomarino sperimentale. Utilizzata per i battelli convenzionali, e ci rientra pure il B-90 Sarov di cui abbiamo parlato.
Esistono anche altre sigle, ma queste sono le principali. I più intraprendenti le possono trovare qui.
I nomi
Nell’immaginario collettivo, i sottomarini sovietici e russi si chiamano tutti K seguito da un numero. In realtà, questo non è del tutto vero. Cerchiamo di approfondire.
Prima di tutto, K non è l’unica lettera utilizzata: ce ne sono diverse, ed indicano (ovviamente) diversi tipi di sottomarini. Vediamoli.
- K: kreyserskaya, ovvero incrociatore (sottomarino incrociatore). Inizialmente tutti i sottomarini più grandi ricevevano questa sigla, inclusi quelli convenzionali. Successivamente, è stata utilizzata per i soli battelli atomici.
- TK: tyazholaya kreyserskaya, ovvero incrociatore pesante. Sigla utilizzata dai soli classe Typhoon, che per dimensioni rappresentano un po’ dei “fuori quota”.
- B: bolshaya, ovvero grande. Dopo l’avvento dei sottomarini nucleari, la lettera B è stata utilizzata per quelli convenzionali (i convenzionali con la K hanno cambiato nome). Dopo la fine della Guerra Fredda, ad alcuni battelli atomici (classi Sierra e Victor, per capirsi) hanno “ricevuto” la lettera B.
- C & M: srednyaya & malaya, rispettivamente, medio e piccolo. Mai usati per i sottomarini nucleari, però esistono e li mettiamo per completezza.
- AS: è una sigla che i russi usano per le cosiddette “stazioni di profondità”, ovvero i sottomarini ausiliari. Questa sigla non è esclusiva dei battelli atomici, ma è usata anche da mezzi convenzionali.
Se dopo la lettera viene aggiunta una S, vuol dire che si tratta di battelli per impieghi speciali (tipo laboratori subacquei, sottomarini madre, battelli sperimentali… Cose del genere).
La lettera è sempre seguita da un numero. Numero che non è progressivo. Anzi, per dirla tutta, non si è ancora capito in base a quale criterio la VMF abbia messo i numeri dopo le lettere. Secondo molti esperti, non ci sarebbe affatto un criterio, ed i numeri sarebbero completamente casuali.
Veniamo ora al nome. In epoca sovietica, i sottomarini non avevano nome: dovevano “accontentarsi” della lettera seguita dal numero. Certo, c’è stata qualche eccezione (il K-3 Leninsky Komsomol, oppure il K-278 Komsomolets), ma si è trattato di vere e proprie rarità. Con la fine dell’Unione Sovietica, la neonata marina russa ha iniziato a dare nomi ai propri sottomarini: città, animali (ovviamente predatori. Passerotti e barboncini non sono previsti) e personaggi importanti.
Un aspetto importante della marina russa è il patronato. Si tratta di una vecchia tradizione, risalente all’ottocento, in base alla quale la popolazione di una città (o di una regione, o una comunità) avvia una raccolta di fondi per finanziare una nave. Nel caso della marina russa degli anni novanta, si trattava di trovare i soldi per tenere in servizio le unità più recenti. I sottomarini erano in una situazione peculiare: non avendo un nome, si iniziò a “chiamarli” con quello della città che li aveva patrocinati, oppure si dava la possibilità ai “donatori” di sceglierne uno. Un caso abbastanza particolare è quello del TK-20 Severstal, della classe Typhoon, che è stato patrocinato, appunto, da un’impresa del gruppo industriale Severstal.
Dopo tutto questo discorso sui nomi dei sottomarini russi chiudiamo dicendo che… Un nome non è per sempre. La VMF, infatti, tende a cambiare i nomi dei propri battelli subacquei, non solo la lettera, ma anche il numero (e certe volte anche il nome vero e proprio). Questo ha creato parecchi problemi, soprattutto all’intelligence, per capire quanti e quali esemplari siano effettivamente in servizio con la marina. Fino a qualche anno fa, per fare un esempio, la classe Oscar era un vero enigma da questo punto di vista, e parecchi problemi ci sono stati anche sugli Akula. Per tacere della classe Papa: un esemplare costruito, chiamato in varie epoche K-18, K-162 e K-222. Insomma, a volte la situazione può essere abbastanza confusa.
La costruzione dei sottomarini nucleari in Russia ed URSS
L’industria cantieristica russa, per ovvi motivi, deriva fortemente da quella sovietica. Che, bisogna dirlo, era abbastanza complicata, almeno agli occhi di noi occidentali. Bisogna partire dal presupposto, infatti, che l’economia sovietica era pianificata, con una proprietà privata praticamente inesistente: lo Stato non solo possedeva i mezzi di produzione, ma decideva anche quali sarebbero state le direttrici dello sviluppo, quali settori sarebbero stati sostenuti, e via dicendo (i famosi piani quinquennali).
Parlare qui dell’economia sovietica sarebbe improponibile, quindi ci limiteremo ad un accenno sull’industria militare e poi ci focalizzeremo sulla parte relativa alla costruzione dei sottomarini nucleari.
Prima di tutto, l’industria militare in Unione Sovietica era quella che riceveva i maggiori stanziamenti, oltre che le menti più brillanti. Da un punto di vista organizzativo, potevano essere individuate tre tipi di organizzazioni, ognuna specializzata in un singolo settore ed in un singolo processo. Andiamo ad approfondire.
- Istituzioni di ricerca: si trattava di organizzazioni dedicate alla ricerca di base ed applicata. I più numerosi erano i “nauchno-issledovatel’skie instituty“, ovvero gli istituti scientifici di ricerca, abbreviati con la sigla NII.
- Organizzazioni di progetto: si trattava di enti che si occupavano della progettazione e dello sviluppo di prodotti e macchinari. Attenzione: questi enti si occupavano esclusivamente della fase progettuale, non di quella produttiva. Al massimo, erano in grado di gestire la costruzione di un prototipo o di una piccola serie, e solo se avevano uno stabilimento industriale (o qualcosa del genere) a disposizione. Qui le sigle si moltiplicano: ufficio di progettazione (konstruktorskie biuro – KB), ufficio di progettazione speciale (spetsial’noe konstruktorskoe biuro – SKB), ufficio di progettazione sperimentale (Opytnoe konstruktorskoe bjuro – OKB), ufficio di progettazione centrale (tsentral’noe konstruktorskoe biuro – TsKB), e via dicendo. Accanto a questi vi erano gli istituti tecnologici, che si occupavano di nuovi processi produttivi, impianti, ecc. I progetti che uscivano fuori da queste organizzazioni venivano realizzati in forma di prototipo e poi passavano alle industrie per la produzione in serie. Queste organizzazioni, va detto, erano il cuore dell’industria militare sovietica. Inizialmente venivano semplicemente numerate, poi iniziarono a ricevere dei nomi.
- Stabilimenti produttivi: ecco a voi l’Industria di Stato sovietica. Gli stabilimenti (che potevano essere fabbriche di automobili, lavatrici, aerei, cantieri navali, acciaierie, ecc.) costruivano in serie quello che avevano ideato gli uffici di progettazione. Queste fabbriche potevano essere indipendenti, oppure collegate ad un qualche ente di ricerca o di progetto.
A tutto questo, si univa il contributo di università, istituti superiori, miniere… Insomma, l’industria militare sovietica era abbastanza complessa.
Con la fine dell’Unione Sovietica, è stato avviato un gigantesco programma di ristrutturazione. Per prima cosa, gli uffici di progetto sono stati uniti alle fabbriche di riferimento, quando è stato possibile, e poi è iniziata la privatizzazione delle varie industrie. La privatizzazione ha riguardato i vari settori economici in modo diverso. Sempre nel settore della Difesa, circa 700 imprese sono state vendute ai privati in tutto o in parte, mentre 450 sono state dichiarate incedibili e sono rimaste ad esclusivo controllo statale.

La situazione di queste aziende, bisogna dirlo, non è stata esattamente rosea: spesso piccole, poco efficienti, incapaci di operare in un’economia di mercato e non in grado di convertirsi alla produzione di beni di consumo (passare dai cannoni ai frigoriferi non è sempre facile), avevano una situazione economica e finanziaria spesso disastrosa. Alla fine degli anni novanta, molte di queste erano tecnicamente in bancarotta.
La situazione ha iniziato a cambiare negli anni 2000, grazie al miglioramento della situazione economica. Inoltre, nel 2006-2007, per decreto presidenziale molte delle vecchie industrie della Difesa sono state accorpate, in modo da creare dei “campioni nazionali” capaci di competere sui mercati mondiali.
In campo navale, nel 2007 è stata creata la United Shipbuilding Corporation, un colosso da 80.000 dipendenti a totale controllo statale che raggruppa i vari uffici di progetto e cantieri navali, prima erano spezzettati in enti più piccoli.
Vediamo ora la parte relativa alla cantieristica, soprattutto la costruzione di sottomarini nucleari.
Attività di progetto
In Unione Sovietica, le organizzazioni che si sono occupate della progettazione di sottomarini nucleari sono state diverse, ed oltretutto hanno anche subìto diversi cambi di nome. Vediamo di fare un po’ di ordine.
- Ufficio di Ingegneria Marina Malakhit. Nasce in questa forma nel 1974, come risultato dell’aggregazione tra il TsKB-16 ed il TsKB-143. Ha progettato le classi November, Victor, Alfa, Papa, Akul, Yasen, Uniform, X-Ray, Paltus e Losharik (forse). Attualmente al lavoro sulla classe Laika.
- Ufficio di Progettazione Centrale per l’Ingegneria Marina Rubin. Nasce nel 1974, come conversione del precedente TsKB-18. Specializzato in grandi sottomarini, ha progettato le classi Hotel, Echo, Yankee, Delta, Mike, Oscar, Typhoon, Borei, Khabarovsk, Sarov e Kanyon/Poseidon.
- Ufficio di Progettazione Centrale Lazurit. Nasce nel 1974 dalla trasformazione del TsKB-112. Ha progettato le classi Charlie e Sierra.
Queste organizzazioni, oggi, sono tutte confluite nella United Shipbuilding Corporation, pur mantenendo una loro autonomia. Le uniche due che ancora svolgono attività sui sottomarini nucleari sono la Malakhit e la Rubin, con la Lazurit che è ormai fuori dal giro (la fine della Guerra Fredda ha provocato una generale riduzione delle attività).

La Malakhit è specializzata in battelli più piccoli, tendenzialmente sottomarini nucleari da attacco e lanciamissili guidati. Inoltre, ha acquisito anche una grossa esperienza sui battelli ausiliari per operazioni speciali. La Rubin, invece, si occupa prevalentemente di sottomarini nucleari a vocazione strategica (quelli armati con missili balistici), o comunque di grandi dimensioni, oltre che di droni subacquei e battelli convenzionali.
Tra i due uffici c’è una certa rivalità: certo, non raggiungerà i livelli di alcune organizzazioni ai tempi dell’Unione Sovietica (il settore spaziale ad esempio era peggio di un condominio, con i vari responsabili che in certi casi si odiavano), ma questo non gli impedisce di farsi gli sgambetti a vicenda (come nel caso della versione SSBN dei classe Laika, o della variante SSGN dei Borei. O peggio ancora, della tecnologia pump-jet che la Malakhit probabilmente non ha potuto utilizzare perché di proprietà della Rubin).
Costruzione
La costruzione dei sottomarini nucleari all’epoca dell’Unione Sovietica avveniva nei cantieri di Stato. Anche questi, oggi, sono confluiti nella United Shipbuilding Corporation.
- Cantiere Navale n.112 – Krasnoye Sormovo, a Nizhny Novogrod. Si tratta di un cantiere fluviale, tutto sommato poco coinvolto nella realizzazione di sottomarini nucleari. Qui venne realizzata la classe Charlie.
- Cantiere navale n.194 – Ammiragliato – Sudomekh, a San Pietroburgo. Si tratta di uno dei principali cantieri navali russi. Qui sono state realizzate le classi Alfa, Victor ed alcuni battelli per missioni speciali.
- Cantiere Navale n.199 – Leninskiy Komsomol, a Komsomolsk-na-Amur (oggi Amur Shipbuilding Plant). Altro cantiere fluviale, sull’Amur, ed unica installazione di questo tipo nell’Estremo Oriente russo. Qui sono state realizzati esemplari delle classi Delta, Echo ed Akula.
- Cantiere Navale n.402 – Sevmash (abbreviazione di Severnoye Mashinostroitelnoye Predpriyatie), a Severodvinsk. Si tratta del più grande cantiere navale per sottomarini nucleari sovietico, che è stato coinvolto nella realizzazione di praticamente tutte le classi di battelli atomici subacquei.
Oltre a questi, è impossibile non citare altri due cantieri navali. Uno è il Cantiere Navale n.893 Zvezdochka, sempre a Severodvinsk, dove i sottomarini nucleari vengono riparati, aggiornati e demoliti. L’altro è lo Zvezda, a Bolshoy Kamen, sull’Oceano Pacifico, anche lui attivo (tra le altre cose) con la riparazione e lo smantellamento dei battelli atomici.
Ad oggi, in Russia la produzione di sottomarini nucleari è interamente concentrata nel cantiere Sevmash.
Smaltimento
I sottomarini nucleari, una volta radiati, vanno demoliti. O meglio, andrebbero demoliti. In modo corretto, oltretutto. Diciamo subito che si tratta di un processo piuttosto complesso, e soprattutto costoso, che richiede anche strutture adeguate. In altri termini, non può essere fatto ovunque, anche perché poi le scorie (tutte le varie componenti radioattive) vanno stoccate adeguatamente, in modo che non creino problemi per l’ambiente.
L’Unione Sovietica, inizialmente, non si è posta il problema della demolizione dei suoi sottomarini nucleari, tantomeno del corretto smaltimento delle scorie. Perché perdere tempo a costruire depositi attrezzati quando c’è l’oceano a disposizione?

Ebbene si: fino al 1993, la procedura comune per smaltire le scorie nucleari era buttarle in mare, possibilmente in acque profonde (dopo averle messe in sicurezza in speciali contenitori). Chiariamo: si trattava di una pratica ampiamente diffusa, messa in atto da praticamente tutte le potenze nucleari mondiali.
Quindi, quando veniva demolito un sottomarino nucleare, il reattore veniva semplicemente gettato sul fondo dell’oceano, così come tutto quello che c’era di radioattivo a bordo. I sovietici hanno ampiamente utilizzato questa pratica, a volte autoaffondando sottomarini interi (come il caso del K-27). Il problema iniziò a porsi nei primi anni novanta. Nel 1993, la pratica fu definitivamente proibita da accordi internazionali, e proprio in quel periodo la neonata Federazione Russa si ritrovò a dover demolire (e smaltire) decine di vecchi battelli atomici della defunta marina sovietica.
E senza un soldo per farlo.
Le basi della Flotta del Nord e del Pacifico divennero presto dei cimiteri, dove i vecchi sottomarini atomici arrugginivano in attesa che qualcuno si prendesse cura di loro. Il problema era serio: l’Unione Sovietica aveva costruito la più grande flotta subacquea della storia, e la Russia adesso doveva smantellarla.

Viste le disastrose condizioni economiche della Russia post-sovietica, l’Occidente decise di intervenire: Stati Uniti, Gran Bretagna, Norvegia (che ha le basi della Flotta del Nord, con i relativi sottomarini nucleari, a 50 km dal confine), Giappone (le basi della Flotta del Pacifico sono davanti alle sue coste) e molti altri Paesi, iniziarono a stanziare grosse somme per lo smaltimento della flotta atomica ex sovietica, oltre che ad inviare sul posto personale esperto.
Ma il problema non era solo economico: in Russia, infatti, c’erano ben pochi depositi per lo stoccaggio delle scorie. I reattori dei sottomarini, per mancanza di spazio, venivano estratti e sistemati su delle “zattere”, poi ormeggiate in qualche base. A volte, l’estrazione nemmeno avveniva: si segava il compartimento reattore, e poi lo si ormeggiava da qualche parte, su pontoni speciali per tenerlo a galla.
Con gli anni, la situazione sta migliorando, e lo smaltimento dei vecchi battelli sovietici procede speditamente.
Lo smantellamento dei sottomarini atomici viene effettuato in varie località.
- Cantiere Navale Nerpa, nella Penisola di Kola;
- Cantieri navali Sevmash e Zvezdochka, a Severodvinsk;
- Cantiere Navale Zvezda, a Bolshoi Kamen (ridente località balenare vicino Vladivostok, sull’Oceano Pacifico).
Il centro nevralgico delle operazioni di smantellamento è la Penisola di Kola, dove sono le basi della Flotta del Nord (e quindi la maggior parte dei sottomarini). Qui, nella Baia di Andreev, si trova uno dei più grossi depositi di stoccaggio di scorie nucleari di tutta la Russia, e sicuramente il principale per quello che riguarda la marina. Questa installazione è attiva dai primi anni sessanta, ed ospita decine di migliaia di elementi radioattivi. In numeri, si parla di circa 22.000 fusti di scorie, stoccati (anche se “ammucchiati” sarebbe più esatto) in tre cisterne giganti di cemento armato. Cisterne in pessime condizioni, tra l’altro. Nel 2017 è iniziato lo svuotamento, e richiederà molti anni.

Fonti
- John Antony Walker – wikipedia.org
- Russian ship naming conventions – wikipedia.org
- Andreev Bay nuclear accident – wikipedia.org
- Nunn-Lugar Cooperative Threat Reduction – wikipedia.org
- Decommissioning of Russian nuclear-powered vessels – wikipedia.org
- Military Industry Overview – fas.org
- Russia / Soviet Special Weapons Industry – fas.org
- Century-old traditions: Patronage for Russian Navy – rusnavy.com
(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: Brian W. McMullin, DIA. US Public Domain)