Carro armato Maus

Maus: il più grande carro armato mai costruito

Quando si parla di carri armati superpesanti, di solito ci troviamo davanti a veicoli di massimo un centinaio di tonnellate (che chiariamo, non sono poche). Veicoli più grandi di solito rimangono sulla carta, con alcune eccezioni. Il Panzerkampfwagen VIII Maus è una di queste eccezioni. Si tratta del più grande carro armato mai costruito, con un peso di quasi 190 tonnellate, un armamento poderoso, una mobilità imbarazzante e dei consumi osceni. Rimase allo stadio di prototipo e non fu mai utilizzato in combattimento (anche se su questo ci sono alcuni dubbi). Si trattò di uno dei tanti carri armati superpesanti progettati nella Germania nazista durante la seconda guerra mondiale, ma a differenza degli altri, fu l’unico ad essere costruito e testato: gli altri rimasero sul tavolo dei progettisti, oppure incompleti nelle fabbriche.

Le origini del Maus

Non è chiarissimo chi per primo ebbe l’idea di sviluppare il carro armato Maus. Alcune fonti riferiscono che fu Hitler a volere un veicolo gigante che fosse invulnerabile sui campi di battaglia, altri che fu Ferdinand Porsche in persona a presentarsi dal Fuhrer con il progetto di un “carro di rottura” chiamato Porsche 205. Comunque siano andate le cose, lo sviluppo del Maus (all’epoca chiamato Mammoth) iniziò per ordine di Hitler alla fine del 1942. L’idea era quella di realizzare un carro armato pesantemente corazzato, con un cannone in grado di distruggere praticamente tutti i veicoli avversari (soprattutto quelli sovietici).

Fu un “lavoro di squadra”: il progettista era Porsche, ma la sua azienda non venne coinvolta per il resto. Infatti, lo scafo e la torretta erano responsabilità della Krupp, il motore della Daimler-Benz, mentre la Siemens avrebbe realizzato alcuni elementi della trasmissione. L’assemblaggio finale sarebbe stato responsabilità di un’altra ditta, la Alkett, che era conosciuta per essere particolarmente “brava” a lavorare su mezzi corazzati complicati.

Dopo un prototipo in legno di dimensioni reali che venne molto apprezzato da Hitler (e non solo da lui), il primo vero Maus venne realizzato alla fine del 1943.

Il prototipo in legno era stato sicuramente utile per studiare il comportamento del carro armato sul terreno, valutarne la sagoma ed il bilanciamento, e sicuramente venne trovato soddisfacente. I problemi iniziarono sul prototipo reale.

Le caratteristiche del Maus

Prima di tutto, il Maus non si chiamava Maus. O meglio, come tutti i carri armati tedeschi, aveva anche un codice identificativo: Sd.Kfz. 205. Il nome completo, poi, era Panzerkampfwagen VIII Maus. Il nomignolo era abbastanza ironico: la parola “maus” in tedesco significa “topo”. Nel caso specifico, un topolino da quasi 190 tonnellate.

Corazza

Le dimensioni erano notevoli: era lungo 10,2 metri, largo 3,71 ed alto 3,63, per un peso complessivo di 188 tonnellate: sicuramente, il più grande carro armato costruito in Germania fino a quel momento. Le corazzature erano all’altezza: 200 mm di corazza frontale ed un minimo sempre rispettato su tutto lo scafo di 150 mm. La parte più resistente in assoluto era la torretta, che aveva uno spessore di 220 mm. Complessivamente, si trattava di qualcosa di imperforabile per la stragrande maggioranza dei veicoli da combattimento in servizio, anche a distanze ravvicinate.

Armamento

L’armamento principale consisteva in un cannone anticarro da 128 mm calibro 55, che era in grado di distruggere ogni veicolo nemico che avesse incontrato, in alcuni casi a distanze superiori ai 3.500 metri. L’armamento secondario era qualcosa di mai visto, almeno su di un carro amato con torretta singola. Di solito, infatti, oltre al cannone principale i corazzati dell’epoca avevano delle mitragliatrici per la difesa ravvicinata, che erano sistemate nello scafo oppure accanto al cannone in torretta (il termine tecnico è “coassiale”).

Nel caso del carro armato Maus, invece, al posto della mitragliatrice c’era direttamente un cannone: un obice a canna corta da 75 mm, che solitamente era utilizzato come armamento principale di carri armati e semoventi medi. Questa “combinazione” pare che sia stata imposta da Hitler in persona: inizialmente l’idea era di utilizzare un singolo pezzo da 150 mm. Accanto ai due cannoni, c’era anche una mitragliatrice. Quest’ultima inizialmente non era prevista: nel modello in legno mostrato ad Hitler vi erano solo i due cannoni.

Maus vista frontale
Il Maus conservato al museo di Kubinka. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Toshonenov. CC BY-SA 4.0

La cosa non piacque affatto ad uno dei presenti alla cerimonia: il generale Heinz Guderian, il creatore delle forze corazzate tedesche e principale teorico della guerra lampo. Premesso che lui fu l’unico in quell’occasione a non apprezzare il Maus (di cui capiva l’inutilità), quello che criticò da subito fu, appunto la mancanza della mitragliatrice, o comunque di armi per la difesa ravvicinata. Nelle sue memorie, infatti, chiarì che tutti i carri armati, prima o poi, si trovano a combattere contro la fanteria, inclusi quelli più grandi. Un esempio era stato il Ferdinand, un cannone semovente da 68 tonnellate armato esclusivamente con un pezzo anticarro da 88 mm, e che dopo l’esperienza della battaglia di Kursk era stato necessario modificare di corsa aggiungendo una mitragliatrice (la nuova versione prese il nome di Elefant). Per la cronaca, il Ferdinand era anche lui di progettazione Porsche.

Mobilità

Veniamo adesso al vero punto dolente: la mobilità. Far muovere un bestione del genere era molto complicato, e bisogna dire che i tedeschi fecero del loro meglio. Il motore definitivo era un Daimler-Benz MB517 a gasolio da 1.250 hp, che fu montato sul secondo prototipo (il primo ne aveva uno meno potente, da 1.080). Nonostante gli sforzi, la velocità massima raggiungibile era di 20-22 km/h su strada, e circa 18 su terreno vario.

Tutto sommato non erano valori malvagi (gli americani riuscirono a fare molto di peggio), ed anche l’autonomia alla fine non era bassissima per un veicolo di questo tipo (160 km su strada e 62 su terreno vario). Il dramma vero erano i consumi. Per percorrere questa distanza, il carro armato Maus pretendeva 4.200 litri di gasolio: praticamente un consumo medio di un litro per fare 40 metri in condizioni ideali! Probabilmente una divisione corazzata a ranghi completi avrebbe provocato una crisi petrolifera pure in Arabia Saudita.

Il sistema usato per la trasmissione era piuttosto ingegnoso, e pure innovativo per l’epoca. La Porsche infatti aveva un brevetto riguardante una trasmissione elettrica, che aveva già utilizzato su un carro armato rimasto allo stato di prototipo. In breve, si trattava di due generatori elettrici che erano azionati dal motore principale (benzina o diesel), che a loro volta azionavano altri due motori elettrici. Questi ultimi, collegati ai cingoli, permettevano di regolarne la velocità singolarmente.

Maus retro
Vista posteriore del Maus di Kubinka. Notare le dimensioni dei cingoli ed il “ricordino” in rosso lasciato dagli ultimi proprietari. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Alf van Beem. Public Domain

Fun fact. Se osserviamo le foto dei prototipi, possiamo notare un cilindro sistemato dietro allo scafo. Un cilindro decisamente bello grosso, che somiglia ad un barile di carburante. Ebbene, quello è un barile di carburante: si trattava di un serbatoio esterno da 1.500 litri, usato per incrementare l’autonomia. La capienza del serbatoio interno era di 2.700 litri, che sommati a quella del “bidone” fanno i 4.200 litri riportati sopra. Per adottare una soluzione del genere, i progettisti dovettero essere veramente disperati.

I cingoli erano larghi 110 mm, con il treno di rotolamento composto da 24 ruote, sfalsate per tutta la larghezza. In questo modo si cercava di distribuire il più possibile il peso di questo gigante sul terreno.

L’equipaggio era di sei elementi.

Le prove del Maus

Ma alla fine, il Maus come andava? Ok, era lento e consumava uno sproposito, ma aveva una sua utilità?

I prototipi in azione

Le prove di questo gigante iniziarono alla fine del 1943, non appena venne “ultimato” il primo prototipo. Prototipo che non era nemmeno completo, visto che la torretta non era stata consegnata. Al suo posto, ne venne montata una copia di dimensioni ed ingombro reali. Quella definitiva, con l’armamento e pesante 55 tonnellate, giunse solo nel giugno 1944.

Complessivamente, furono realizzati due prototipi, chiamati V1 e V2. La differenza essenziale consisteva nel motore: il primo montava un motore a benzina di derivazione aeronautica, ottenuto adattando all’utilizzo terrestre il Daimler-Benz DB 603, all’epoca il più potente a disposizione. Si trattava, ovviamente, di una soluzione provvisoria. Il prototipo V2 invece montò il motore definitivo, il già citato MB517 diesel.

Le prove evidenziarono tutti i problemi di mobilità che erano stati temuti dai militari più esperti (come il già citato Guderian): il carro superpesante era lento, e la sua mobilità sul campo limitata. I terreni fangosi decisamente non facevano per lui, visto che il peso lo faceva sprofondare. Anche le buche era meglio evitarle, specie se alte più di una settantina di centimetri… Insomma, il suo terreno ideale era la pianura.

Maus durante le prove
Il Maus durante le prove al poligono di Kummersdorf, nel settembre 1944. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Imperial War Museum. Public Domain

Maus vs ponti stradali

Un grosso problema era portarlo in giro su lunghe distanze. Visto il peso, per il trasporto su ferrovia fu necessario realizzare un carro merci speciale, con 14 assi, mentre per quello su strada si dovette procedere diversamente. Vi erano, infatti, dei carri armati superpesanti che per essere trasportati con più facilità erano stati progettati “scomponibili”: potevano cioè essere smontati in parti più piccole. Il Maus, tuttavia, era un “blocco unico”, e quindi doveva per forza di cose muoversi intero. Il problema più grosso era quello dei ponti, soprattutto stradali: visto il peso, non tutti lo potevano reggere (anzi, probabilmente quasi nessuno). Se poi sotto al ponte fosse passato un fiume, ecco che il carro armato Maus si sarebbe trovato davanti un ostacolo potenzialmente insormontabile.

La soluzione fu abbastanza semplice: rendere il supercarro anfibio. In pratica, il Maus era progettato per guadare in autonomia corsi d’acqua di una profondità massima di due metri. E se fosse stato più profondo? Niente paura! La potente tecnologia tedesca aveva pensato anche a questo! La soluzione, bisogna dirlo, era abbastanza originale: installare un tubo, un grosso cilindro collegato allo scafo che potesse essere utilizzato tipo snorkel. Questo tubo era abbastanza ampio da consentire il ricambio dell’aria all’interno, nonché di consentire all’equipaggio di abbandonare il veicolo in caso di emergenza.

Maus laterale
Modellino del carro armato Maus, vista laterale. Si può notare il serbatoio ausiliario di carburante. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Konrad Lackerbeck. CC BY-SA 2.5

Tutto molto interessante, ma il motore? Un diesel che va sott’acqua senza aria non si è mai visto. E qui sarebbero entrati in gioco i motori elettrici: il Maus si sarebbe mosso grazie a quelli. L’energia sarebbe stata fornita da un altro Maus, in paziente attesa sulla riva, collegato da un cavo. Grazie a questo stratagemma, il carro superpesante avrebbe potuto guadare fiumi di quasi otto metri di profondità.

Tutto questo è molto bello in teoria, ma in pratica? Non sappiamo se la soluzione venne provata sul serio, ma di sicuro non sarebbe stata un’operazione semplice. I fondali dei fiumi infatti sono spesso particolarmente morbidi, se non sabbiosi. Che sarebbe successo alle 188 tonnellate del nostro “topolino” se fosse rimasto impantanato sul fondo?

Un altro problema era l’affidabilità. Non ci sono molti dati a proposito, ma un mezzo così pesante e complesso dev’essere stato un vero e proprio incubo per i meccanici, anche per lo stress a cui erano sottoposti tutti i vari componenti.

La fine del Maus

Ma l’esercito tedesco come intendeva utilizzare questo colosso? Chiaramente, i militari avevano ben chiari i limiti di questa macchina, e quindi probabilmente i Maus sarebbero stati utilizzati in postazioni difensive fisse, come ad esempio per la difesa del Vallo Atlantico. Pare che questa fosse anche l’intenzione di Hitler, almeno all’inizio.

La mancata produzione in serie

In principio, l’idea era di costruirne 150, una quantità completamente fuori da ogni logica e decisamente oltre le capacità industriali tedesche. L’ordine iniziale fu di dieci unità, ma venne presto cancellato. Non è chiaro quando ciò avvenne. Secondo alcune fonti Hitler bloccò tutto già nell’ottobre 1943, secondo altri il progetto sopravvisse fino al luglio successivo. La ragione fu molto semplice: le risorse necessarie per la costruzione dei Maus sarebbero state impiegate meglio producendo altri tipi di veicoli, molto più utili allo sforzo bellico tedesco. In altri termini, la Germania non era in grado di produrre in massa questi carri armati colossali, nemmeno in piccola serie.

Non solo: un carro armato del genere nemmeno serviva all’esercito tedesco. Non si sa se Hitler arrivò da solo a questa decisione (ricordiamo che lui apprezzava particolarmente le armi grosse e potenti, scavalcando allegramente i dubbi dei militari) o se fu spinto dai generali e, in particolare, dal ministro degli armamenti Albert Speer (che era un tipo pratico e spesso digeriva molto male gli sprechi di risorse dovuti alle “manie” del Fuhrer).

La cosa paradossale fu che dall’agosto 1944 la Krupp interruppe tutti i lavori sul carro armato Maus, ma le prove del secondo prototipo iniziarono il mese successivo. A cosa servisse spendere risorse per testare un veicolo che non si aveva più intenzione di usare è un piccolo mistero.

Quindi, la produzione si fermò ai due prototipi, con alcuni esemplari incompleti che rimasero abbandonati nelle fabbriche. Questi due veicoli furono provati prima a Boblingen, poi a Kummersdorf, dove vi era l’ufficio armamenti tedesco. In questa località, tra le varie cose, si svolgevano le valutazioni dei mezzi corazzati.

Kummersdorf oggi
I resti del poligono di Kummersdorf, come appaiono oggi. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Burkhart Rüchel. CC BY-SA 3.0

La fine dei due prototipi

V1 e V2 erano ancora a Kummersdorf quando, nella primavera 1945, i sovietici lanciarono l’offensiva finale verso Berlino. Il poligono era abbastanza vicino alla capitale del Reich, e conteneva parecchi veicoli corazzati: non solo prototipi, ma anche mezzi di preda bellica, catturati al nemico. Quindi, tutto quello che era in grado di muoversi (o essere mosso) ed aveva una qualche utilità bellica, venne mobilitato. Per la cronaca, i relitti distrutti di carri francesi, russi ed inglesi ritrovati a Berlino e dintorni venivano proprio da Kummersdorf.

Il V1 evidentemente non poteva essere spostato (oppure non c’era carburante sufficiente, chissà) e venne distrutto sul posto per impedirne la cattura da parte dell’Armata Rossa.

Il V2 invece venne portato in un posto nelle vicinanze, chiamato Zossen. Qui c’erano i comandi dell’esercito tedesco: due enormi complessi di bunker sotterranei completamente autosufficienti, chiamati Maybach I e Maybach II. Il Maus avrebbe dovuto partecipare alla difesa del complesso. Forse. O forse era diretto a Berlino, ma si guastò e venne lasciato lì. Insomma, non è chiaro. La cosa praticamente certa è che venne fatto saltare in aria dal suo equipaggio per non farlo cadere in mano russa, anche se secondo alcune voci non confermate avrebbe preso parte ai combattimenti intorno Zossen. In realtà è altamente probabile che non abbia mai sparato un solo colpo contro i sovietici.

Il dopoguerra: i sovietici ed il Maus

Le potenze alleate, finita la guerra, iniziarono la “caccia” alle armi tedesche. Gli scienziati del Reich avevano infatti sviluppato una serie di tecnologie piuttosto avanzate, che facevano gola a molti Paesi. Caccia a reazione, sommergibili moderni, razzi V2… Ed i carri armati. I tedeschi si erano dimostrati molto bravi a costruirli, quindi valeva la pena di studiarli. In questa “corsa agli scienziati”, i sovietici si ritrovarono tra le mani i due prototipi del Maus. Questi erano stati fatti saltare dai propri equipaggi, ma si poteva recuperare qualcosa: tipo lo scafo del V1, che era in buone condizioni, e la torretta del V2. Alla fine, quindi, i sovietici riuscirono ad assemblare un Maus completo, e se lo portarono a casa per provarlo.

I test furono svolti nel biennio 1951-1952, dopo anni di studi. Tuttavia, le sue soluzioni progettuali non influenzarono in alcun modo i progetti dei carri armati sovietici. Alla fine, venne donato al Museo delle Forze Corazzate, a Kubinka, dove può essere ammirato ancora oggi.

Per la cronaca, un terzo esemplare di Maus, incompleto, venne ritrovato dagli americani in una fabbrica ad Essen. Probabilmente venne demolito poco dopo la fine della guerra.

Maus in costruzione
Un Maus abbandonato incompleto in una fabbrica, probabilmente ad Essen, nel maggio 1945. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Imperial War Museum. Public Domain

Valutazioni sul Maus

Il Maus è stato l’unico dei carri armati superpesanti tedeschi ad essere costruito e testato. Come tutti i mezzi di questo tipo, aveva una corazza ed un armamento formidabili, ma era terribilmente lento e costoso, oltre che poco affidabile.

Il suo punto di forza sarebbe stato, sicuramente, poter colpire a distanza tutti i veicoli nemici senza correre rischi. All’epoca infatti non vi erano carri armati in grado di impensierire questo colosso, almeno sulle lunghe distanze. I problemi più grossi riguardavano la scarsissima mobilità fuori strada, i consumi spropositati (insostenibili per un esercito come quello tedesco alla fine della guerra, eternamente a corto di carburante) e, non ultimo, il costo. Le risorse necessarie a mettere su ed alimentare una linea di montaggio, anche in piccola serie, furono giudicate eccessive: non si potevano sprecare materiali strategici per un veicolo simile, con tutte le necessità che aveva l’esercito tedesco. Questo fattore, probabilmente, bloccò tutti i progetti relativi a carri armati superpesanti: anche perché, parliamoci chiaro, alla Wehrmacht dei giganti del genere non servivano.

Un aspetto importante riguarda l’affidabilità. Sappiamo che il carro armato Maus era un vero incubo per i meccanici, a causa delle sollecitazioni a cui erano soggetti i vari componenti. Lo stesso motore era sottoposto a sforzi enormi, e si rompeva con una certa facilità. Se si fosse gustato sul campo di battaglia, l’equipaggio sarebbe stato costretto ad abbandonarlo: non esisteva un veicolo in grado di rimorchiarlo e riportarlo in retrovia per le riparazioni. Quindi, paradossalmente, anche i guasti più banali potevano portare ad una perdita totale del veicolo.

Le possibilità di sfuggire ad un attacco aereo, poi, erano praticamente nulle. Sarebbe stato come prendere di mira un fortino: resistente, ma incapace di scappare. Stesso discorso per i combattimenti terrestri: con la sua mole, sarebbe stato semplice da individuare e colpire. E poi, quel serbatoio di carburante esterno sarebbe stata un’ottima fonte di incendi indesiderati…

Per queste ragioni, il Maus non venne prodotto in serie. Ma anche se lo fosse stato, probabilmente non avrebbe avuto un impatto significativo sulla guerra: in piccole quantità e con simili limitazioni, sarebbe stato un problema più per i tedeschi utilizzarlo che per gli Alleati ritrovarselo contro.

Video

Dati tecnici

  • Progettista: Ferdinand Porsche
  • Costruttore: Alkett, Krupp ed altre aziende
  • Tipologia: carro armato superpesante
  • Ingresso in servizio: mai
  • Esemplari costruiti: 2
  • Lunghezza: 10,2 m
  • Larghezza: 3,71 m
  • Altezza: 3,63 m
  • Peso: 188 tonnellate
  • Armamento principale: 1 cannone da 128 mm
  • Armamento secondario: 1 obice da 75 mm; 1 mitragliatrice
  • Motore: 1 Daimler-Benz MB517 a gasolio da 1.250 hp
  • Velocità massima: 20 km/h su strada, 13-18 fuori strada
  • Autonomia: 160 km
  • Equipaggio: 6

Fonti

(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: Alf van Beem. Public Domain)

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