Test Operazione Plumbbob

L’Operazione Plumbbob e la lastra d’acciaio in orbita

L’Operazione Plumbbob è una serie di test nucleari effettuati negli Stati Uniti nel 1957, e probabilmente una delle più gravi cause di inquinamento radioattivo del continente nordamericano, oltre che di leucemie ed altre malattie legate alle radiazioni.

Complessivamente, le forze armate statunitensi provocarono ben 29 esplosioni nucleari, la gran parte all’aperto. Questo festival di fuochi di artificio a base di uranio e derivati si svolse in Nevada.

Alcuni dei test furono svolti nel sottosuolo. Fu durante uno di questi test che si verificò un fatto curioso (chiamiamolo così): il “tappo” del buco in cui vene fatta esplodere la bomba letteralmente decollò a velocità folli e scomparve.

Il suo destino non è noto, ma alcuni credono che stia viaggiando nello spazio, ormai fuori dal nostro sistema solare.

Andiamo a vedere meglio questa strana storia.

Spettatori test nucleare Operazione Plumbbob
Ufficiali che assistono ad un test nucleare durante l’Operazione Plumbbob. Immagine derivata da Wikimedia Commons. Credits: Federal Government of the United States. US Public Domain

L’atomica e i ruggenti anni cinquanta

Negli anni cinquanta, il mondo era in piena Guerra Fredda: gli Stati Uniti avevano le loro testate nucleari, così come i sovietici, ed entrambe le superpotenze erano disposte a distruggersi a vicenda solo premendo un pulsante.

Va detto che all’epoca non se ne sapeva molto sugli effetti delle armi nucleari, così come delle radiazioni. Certo, distruggevano ed uccidevano, ma ai militari sapere questo non bastava: servivano conoscenze maggiori, e l’unico modo per ottenerle erano dei test reali.

Le due superpotenze, quindi, iniziarono a far esplodere un numero enorme di testate, in modo da studiare dal vivo gli effetti delle esplosioni, e progettare soluzioni sempre più letali per annientare il nemico o più efficaci per proteggere le proprie installazioni.

L’Operazione Plumbbob, con i suoi 29 test, rientrava perfettamente in questi studi. Probabilmente, fu uno dei più importanti cicli di esplosioni mai condotti dalle forze armate statunitensi.

L’Operazione Plumbbob in breve

L’Operazione Plumbbob aveva diversi scopi, nessuno dei quali pacifico. Cosa importante: la maggior parte delle esplosioni avvenne all’aperto, con le bombe piazzate su altissimi tralicci oppure appesi a palloni areostatici. In un caso, fu lanciato da un aereo un missile aria-aria a testata nucleare (con cinque ufficiali dell’aviazione ed un cineoperatore ad osservare direttamente l’esplosione, esattamente sotto l’ipocentro).

L’inquinamento radioattivo fu enorme.

Spettatori test John
Il gruppo di ufficiali americani che assistette al test atomico aria-aria “John”, fotografati al momento dell’esplosione. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Federal Government of the United States. US Public Domain

Obiettivi tecnico-scientifici

  • Test strutturali. I test avevano lo scopo di valutare la resistenza di strutture (civili e militari) alle esplosioni nucleari. Non solo: simili valutazioni furono effettuate anche sugli aerei ed i veicoli militari.
  • Sviluppare nuovi tipi di testate nucleari per i missili balistici intercontinentali.
  • Testare l’efficacia delle esplosioni nucleari per la difesa antiaerea ed antimissile.
  • Valutare le implicazioni di sicurezza nel caso di esplosioni atomiche accidentali (tipo in un deposito sotterraneo o per colpa di un incidente aereo)

Test biologici e medici

Un punto molto dolente di questa serie di test furono gli esperimenti sulle forme di vita, nello specifico soldati e animali.

  • Per quanto riguarda i soldati, nell’Operazione Plumbbob furono coinvolti qualcosa come 18.000 uomini di tutte le armi. Lo scopo era, essenzialmente, valutare il comportamento dei soldati su un campo di battaglia “nucleare”, in cui erano state utilizzate armi atomiche tattiche. Per farla breve, i filmati di soldati che avanzano in direzione dei funghi atomici risalgono proprio a quel periodo. Questi test hanno lasciato in eredità un numero enorme di malati, soprattutto leucemia.
  • L’operazione coinvolse anche 1.200 maiali, soprattutto in esperimenti biomedici o di studio degli effetti termici prodotti dalle esplosioni. Le povere bestie furono chiuse in gabbie, rivestite di materiali speciali (studio delle ustioni prodotte dal calore delle esplosioni) oppure lasciate circolare a distanze variabili dal punto dei test, per valutare i danni prodotti dai detriti. Ovviamente, gli animali furono anche sottoposti ad analisi per studiare gli effetti biologici delle radiazioni.
Test Smoky
Veduta aerea della zona del test Smoky. Dopo l’esplosione si svolsero movimenti di truppe. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Federal Government of the United States. US Public Domain

Le esplosioni sotterranee: Pascal-A e Pascal B

Veniamo ora alle esplosioni sotterranee. Il grande protagonista della nostra storia è il dottor Robert Brownlee, che fu incaricato dall’esercito di studiare un modo per “contenere” le esplosioni nucleari sotterranee. In pratica, si trattava di trovare un sistema per effettuare dei test atomici in profondità senza che la potenza dello scoppio “sfogasse” troppo verso l’esterno.

A cosa doveva servire una cosa del genere?

Beh, prima di tutto a contenere le ricadute radioattive. Un test sotterraneo, infatti, produce molte meno radiazioni in atmosfera di uno in superficie o in alta quota (per la cronaca, dal 1963 furono banditi tutti i test atomici esclusi quelli sotterranei).

Un’altra esigenza era quella di simulare un incidente in un deposito nucleare sotterraneo.

Pascal-A

Il primo test di questo tipo venne effettuato il 26 luglio 1957. In pratica, i tecnici scavarono un pozzo profondo 150 metri e largo uno, sul fondo del quale sistemarono una piccola carica nucleare. I tecnici poi chiusero il pozzo con un “tappo” di cemento armato pesante un paio di tonnellate.

Secondo i calcoli di Brownlee, tutto questo sarebbe bastato a contenere l’esplosione sotto la superficie. Nemmeno a dirlo, i calcoli risultarono completamente sbagliati.

L’esplosione risultò più potente del previsto. Molto più potente: tipo 50.000 volte quello che i tecnici credevano. Il risultato fu una fiammata alta centinaia di metri, che ovviamente vaporizzò all’istante il tappo di cemento.

Test John
Foto dell’esplosione aerea del missile aria-aria Genie (test John). Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Federal Government of the United States. US Public Domain

Pascal-B

I militari non si persero d’animo, ed ordinarono un secondo tentativo. Sempre alla ricerca di un modo per contenere l’esplosione, oltre al tappo si decise di utilizzare anche una lastra d’acciaio pesante 900 kg. Il pozzo era praticamente uguale al precedente Pascal-A.

I tecnici erano convinti che tutto questo sarebbe stato sufficiente a contenere l’esplosione.

Brownlee la pensava diversamente: secondo lui, tra potenza della bomba e tappo di cemento, si sarebbe creata una pressione tale che avrebbe fatto “decollare” la lastra d’acciaio, tipo proiettile di un cannone.

Da bravo ricercatore, decise di puntare sul luogo del test una videocamera ad altissima definizione, capace di registrare un fotogramma ogni millisecondo: il nostro Brownlee voleva vedere il tappo d’acciaio schizzare via, così da calcolarne la velocità.

Pascal-B esplose, come da programma, il 27 agosto 1957. I risultati furono identici a Pascal-A: una lingua di fuoco alta centinaia di metri.

La videocamera riuscì a riprendere la lastra d’acciaio su un singolo fotogramma. Così Brownlee calcolò la velocità di fuga: 67,2 chilometri al secondo, pari ad oltre 240.000 km/h! Studi successivi hanno più o meno confermato questi risultati.

Che fine ha fatto la lastra?

La lastra d’acciaio (che, ve lo ricordo, pesava 900 kg) scomparve: non ne è stato ritrovato nemmeno un frammento. L’ipotesi prevalente è che si sia vaporizzata per l’elevatissima velocità.

Tuttavia, esiste anche un’altra possibilità, piuttosto piccola, ma reale: la lastra potrebbe aver raggiunto lo spazio. Praticamente, l’esplosione l’avrebbe sparata in orbita ad una velocità circa cinque volte superiore a quella di fuga dalla Terra.

Se così fosse, vista l’elevatissima velocità, questo pezzo d’acciaio avrebbe superato Plutone da qualche decennio, e starebbe viaggiando alla volta di altri sistemi solari. Probabilmente non lo sapremo mai, visto che per le sue caratteristiche è praticamente impossibile da individuare con le nostre tecnologie.

Bisogna solo sperare che non faccia danni in giro: sarebbe il colmo ritrovarsi in guerra con una civiltà aliena solo perché un pezzo di ferro, sparato in orbita da un test nucleare negli anni cinquanta, gli ha colpito in pieno un’astronave!

Test Hood
Cineoperatori durante il test Hood. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: National Nuclear Security Administration / Nevada Site Office. US Public Domain

Fonti

(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: National Nuclear Security Administration / Nevada Site Office. US Public Domain)

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