L’NR-1 è stato un sottomarino nucleare per missioni speciali (SSAN) costruito negli Stati Uniti. Si trattava di un battello progettato per svolgere quella tipologia di missioni che vengono definite di “ingegneria subacquea”. Spionaggio, certo, ma non solo: ricerche geologiche, recupero di oggetti, installazione e mantenimento di apparati subacquei…
Questo sottomarino era un vero concentrato di tecnologia, ed all’epoca della sua entrata in servizio era il più piccolo battello atomico del mondo: appena 40 metri, successivamente portati a 44. Ancora oggi, resta saldamente su questo strano “podio”, superato (di poco) solo dal russo AS-23 (classe X-Ray per la NATO). Comunque, rimane il più piccolo e compatto sottomarino nucleare mai costruito negli Stati Uniti, nonché il primo in assoluto ad essere realizzato appositamente per scopi spionistici e di ricerca (gli altri erano il frutto di conversioni). Certo, il fatto di essere così piccolo aveva dei lati negativi, primo tra tutti le pessime condizioni di vita dell’equipaggio.
L’NR-1 non entrò mai in servizio con la US Navy: la stessa sigla “NR“, infatti, sta per “Nuclear Reactor“, ed è completamente fuori standard per le classificazioni navali statunitensi. In effetti, la scelta di realizzare un sottomarino di questo tipo venne presa direttamente dall’ammiraglio Rickover, che “voleva” un battello atomico per missioni speciali.
L’NR-1 venne definitivamente radiato nel 2008, al termine di una carriera operativa decisamente intensa. La sua costruzione spinse i sovietici a realizzare una vera e propria “famiglia” di SSAN piuttosto numerosa, che ad oggi conta ben sette battelli di quattro classi diverse (non tutti in servizio).
Storia
I primi sottomarini nucleari per missioni speciali
Le origini dell’NR-1 si possono far risalire ai primi anni sessanta. In questo periodo, la US Navy iniziò ad immettere in servizio una serie di sottomarini nucleari appositamente modificati per svolgere missioni speciali. In pratica, si prendevano dei battelli non più aggiornatissimi o condeterminate caratteristiche, e si convertivano per imbarcare strumentazione aggiuntiva, DSRV, sommozzatori, telecamere… Insomma, tutto quello che poteva essere utile alla raccolta di informazioni e, in generale, a svolgere determinati tipi di missioni. Spesso, si trattava di modifiche molto estese, che coinvolgevano pesantemente anche la struttura (come nel caso dello USS Seawolf, al quale fu aggiunta una sezione di scafo).
Rimanendo nei primi anni sessanta, comunque, il primo battello atomico in assoluto ad essere modificato fu lo USS Halibut: un’unità divenuta rapidamente obsoleta, che però era piuttosto grossa ed aveva all’interno un sacco di spazio disponibile. Infatti, lo USS Halibut era nato come SSGN, e rimuovendo i missili era stato possibile riutilizzare l’enorme hangar di prua.
Operazione Ivy Bells
Alla fine degli anni sessanta, la marina statunitense diede il via ad un’operazione di spionaggio decisamente audace, chiamata Ivy Bells. Di cosa si trattava? Nientemeno che agganciare degli apparati di ascolto su alcuni cavi di comunicazione subacquei, in acque territoriali sovietiche.
I sovietici, all’epoca, ritenevano più sicuro utilizzare le comunicazioni cablate invece di quelle radio, credendo che fossero molto più difficili da intercettare. Di conseguenza, tutte le basi militari erano collegate da cavi telefonici, sui quali passavano soprattutto messaggi in chiaro, non criptati. Questo discorso valeva, ovviamente, per le basi della marina militare (VMF). L’intelligence statunitense ne aveva “puntata” una in particolare: quella di Petropavlovsk-Kamchatskiy, sede della componente subacquea della Flotta del Pacifico. I cavi di comunicazione che collegavano queste installazioni alla terraferma passavano sul fondo del Mare di Okhotsk, un’area che l’Unione Sovietica considerava appartenente alle sue acque territoriali.
Le informazioni che passavano su questi cavi erano, ovviamente, molto interessanti, e quindi la US Navy studiò (e trovò) un modo per intercettarle: praticamente, si trattava di “agganciare” degli apparati di forma cilindrica per registrare il traffico telefonico. Il problema era che l’operazione doveva essere condotta da sommozzatori, che dovevano essere trasportati direttamente sul posto.
Visto che utilizzare un sottomarino nucleare era l’unica opzione possibile, la US Navy decise di modificarne alcuni, e lo USS Halibut fu il primo della serie.
Entra in scena Rickover
A questo punto, entrò in gioco l’ammiraglio Hyman G. Rickover, il creatore della flotta atomica subacquea statunitense. L’ammiraglio, infatti, avrebbe voluto avere il controllo di tutto ciò che riguardava i sottomarini nucleari, nonché delle informazioni che venivano raccolte. Il problema era qui: tutte le missioni di “ingegneria subacquea” erano gestite dalla CIA e dalla Naval Intelligence, che in pratica lo “tagliarono fuori”, non solo dalla pianificazione, ma anche dai risultati.
Rickover considerò la cosa intollerabile, e quindi fece a modo suo: si rivolse allo stesso progettista che aveva modificato lo USS Halibut, un certo John Craven, e si fece sviluppare un “suo” sottomarino nucleare per missioni speciali. Ovviamente, non potendo utilizzarne uno convertito, optò per un battello realizzato appositamente: una cosa estremamente innovativa, visto che non c’erano precedenti.
Questa decisione ebbe delle implicazioni importanti. Prima di tutto, essendo agli ordini diretti del Naval Nuclear Propulsion Program (e quindi di Rickover), non entrò mai in servizio con la US Navy. Oltretutto, non ricevette mai nemmeno un simbolo di classificazione dello scafo: il nome “NR-1“, infatti, stava per “Nuclear Reactor 1” (Nuclear Reactor era anche il nome con cui era conosciuto il Naval Nuclear Propulsion Program). In questo modo, l’ammiraglio riuscì ad evitar qualunque supervisione “esterna” alle attività del “suo” sottomarino spia.

Come trovare i soldi per l’NR-1?
Ma dove trovare i fondi necessari alla costruzione?
La soluzione fu molto semplice: ai contribuenti venne spacciato per “sottomarino da soccorso”. Si trattava di un tema a cui gli americani erano molto attenti: infatti, con ben due sottomarini nucleari affondati, il discorso del salvataggio degli equipaggi aveva una grossa presa sull’opinione pubblica.
In questo modo, Rickover riuscì a far finanziare la sua “creatura”: 30 milioni di dollari degli anni sessanta, una cifra considerevole. La cosa interessante è che l’NR-1 non era equipaggiato per le operazioni di salvataggio. Anzi, per dirla tutta, non era in grado di salvare alcunché.
Comunque, non appena reperiti i fondi, la General Dynamics (o meglio la sua divisione navale, la Electric Boat) si mise al lavoro. Il sottomarino venne impostato a Groton nel 1967, ed entrò in servizio due anni dopo.
Descrizione tecnica
Caratteristiche generali dell’NR-1
L’NR-1 era un sottomarino nucleare per missioni speciali, il primo battello in assoluto progettato fin dal principio per questo compito. Fin dall’inizio, fu chiaro che questa unità non c’entrava nulla né con lo USS Halibut, né con qualsiasi altra cosa “atomica” realizzata fino a quel momento.
Per prima cosa, le dimensioni: appena 40 metri, successivamente portati a 44, con una larghezza massima di 4,5 ed un dislocamento in immersione inferiore alle 400 tonnellate. Un vero “nano”, in confronto agli altri sottomarini atomici.
Internamente, lo scafo pressurizzato era lungo 29 metri, ed aveva un diametro di 3,8. Questo era un vero gioiello della tecnica: era perfettamente cilindrico, con una precisione al millimetro. L’NR-1, infatti, era progettato per operare ad altissime profondità: 724 metri, quasi il doppio degli altri sottomarini nucleari dell’epoca. Di conseguenza, lo scafo doveva essere fatto molto bene, e con molta più attenzione rispetto ai “normali” battelli subacquei.
Dotazione elettronica
La dotazione elettronica era imponente: tra sonar ed apparati di ricerca, complessivamente, poteva contare su minimo una decina di strumenti, che consentivano al sottomarino di scansionare il fondale con la massima precisione. Ovviamente, i suoi “obiettivi” non erano anfore romane e coralli, ma cose di interesse militare o politico, come relitti di navi o aerei, campioni di fondale per ricerche geologiche, indagini minerarie sottomarine, ecc. I potenti apparati dell’NR-1 avevano anche una certa capacità di indagare sotto la superficie del fondale.
Ma come faceva l’equipaggio ad “interagire” con l’esterno? Grazie ad una serie di telecamere: l’NR-1 ne era fornitissimo, ne aveva quasi una quindicina dei tipi più diversi, inclusa una sul periscopio. Inoltre, volendo era possibile anche effettuare delle osservazioni dirette, grazie a tre oblò da 10 centimetri di diametro. Questi, per determinate operazioni, erano essenziali e furono largamente utilizzati in praticamente tutte le missioni. Tuttavia, avevano una serie di limitazioni: erano piccoli, in acque torbide risultavano praticamente inutili e soprattutto in determinate condizioni tendevano a deformare gli oggetti. Insomma, per operare “al massimo”, era indispensabile utilizzare anche le telecamere. Per illuminare i fondali, poi, erano disponibili un discreto numero di proiettori e fari (in profondità la luce solare non arriva).

Il recupero degli oggetti
A bordo dell’NR-1 (ed al contrario dello USS Halibut e simili) non erano previsti sommozzatori, per ovvi motivi di spazio. Tuttavia, questo sottomarino era comunque in grado di “maneggiare” oggetti dal fondo, grazie ad un braccio manipolatore idraulico. Per il recupero, invece, vi era un vero e proprio “artiglio”, che serviva a tirare dentro le “cose” interessanti ed a depositarle in un apposito contenitore. Questi bracci erano controllati dall’interno da remoto, grazie alle telecamere. Bisogna dire, però, che questi manipolatori avevano diverse limitazioni: a volte non riuscivano ad afferrare bene gli oggetti, a causa della mancanza del necessario “grip”, oppure rischiavano di romperli se erano fragili. Se la profondità lo permetteva, quindi, l’NR-1 operava insieme ai sommozzatori, che erano basati sulla nave appoggio (ne parleremo dopo).
Per svolgere al meglio le sue attività, l’NR-1 era equipaggiato con quattro propulsori laterali, montati diagonalmente: due a prua ed altrettanti a poppa. In questo modo, poteva spostarsi con grande precisione. Inoltre, non solo era progettato per posarsi sul fondo, ma aveva anche delle ruote retrattili!
Propulsione
Il reattore era molto piccolo. Le sue caratteristiche (e la relativa denominazione, ammesso che ne abbia mai avuta una) non ci sono note, ma era delle dimensioni di un motore diesel: un vero gioiello, un miracolo di compattezza com’è stato definito da alcuni esperti. La potenza non era alta, ma del resto la velocità non è mai stata l’obiettivo primario di questo sottomarino. Comunque, la velocità era veramente bassa: 4,5 nodi in emersione e 3,5 in immersione! Praticamente, ci metteva una vita a spostarsi. Probabilmente, però, viste le dimensioni dell’unità, non ci sarebbe stato lo spazio per fare di meglio.
Abitabilità
Va detto: lo spazio interno è sempre stato uno dei grossi problemi di questo sottomarino. Lo scafo pressurizzato era lungo 29 metri, con un diametro di 3,8: sicuramente piuttosto piccolo. Il guaio era che il reattore e la sala motori prendevano circa due terzi del battello. Di conseguenza, per equipaggio e strumentazione di missione restavano a malapena una decina di metri, di prua e sotto alla falsatorre. Tutti gli spazi erano ovviamente ottimizzati, ma l’abitabilità era veramente scarsa.
Ad esempio, il bagno era qualcosa di veramente minimo: l’equipaggio poteva fare a malapena una doccia a settimana. Inoltre, la cucina era del tutto assente, e gli uomini a bordo erano costretti ad andare avanti con cibi surgelati e precotti. Viste le condizioni di vita a bordo, pare che fosse una cosa normale ammalarsi durante la missione.

Equipaggio
Già, ma quanti erano gli uomini di equipaggio? Generalmente, si parla di una decina di elementi, con 30 giorni di autonomia. In realtà, pare che lo standard fosse di sette, sempre per 30 giorni. Come mai queste differenze? Semplice. Nel caso dell’NR-1, si parla di giorni-uomo. Praticamente, la dotazione tipo di provviste per questa unità era di 210 giorni-uomo, che per sette persone fanno i 30 giorni di cui abbiamo detto. Tuttavia, in almeno un caso, un equipaggio di 11 elementi è rimasto a bordo dell’NR-1 per 30 giorni, raggiungendo quindi i 330 giorni-uomo. Pare che sia stato un caso limite, e non osiamo immaginare le condizioni di vita di così tanta gente in un ambiente così piccolo. Il massimo di persone imbarcabili, comunque, era 13. Le uniche limitazioni erano, appunto, le provviste, oltre che la capacità del bagno di bordo…
Caratteristiche operative
L’NR-1 aveva una limitata capacità di condurre operazioni autonome: la scarsa velocità e le ridotte dimensioni rendevano necessaria la presenza di una nave appoggio. In altri termini, l’NR-1 non era in grado di arrivare da solo in zona operazioni. Per questa ragione, veniva letteralmente rimorchiato da un’altra unità, che poi restava nell’area di immersione per assisterlo. Questa nave appoggio riforniva il sommergibile di cibo ed aria compressa, sostituiva gli uomini di equipaggio e contribuiva a “svuotare le stive” dell’NR-1 da quello che raccoglieva sul fondo (lo spazio era poco).
NR-1
Unico esemplare costruito, e mai modificato in modo rilevante. Alcune fonti riportano che venne allungato di alcuni metri nel corso della vita operativa. I dati riportati, comunque, sono quelli di quando venne ritirato dal servizio.
- Lunghezza: 44,4 metri (145 piedi)
- Larghezza: 4,5 metri (15,1 piedi)
- Pescaggio: 4,6 metri (15,1 piedi)
- Dislocamento in emersione: ?
- Dislocamento in immersione: 370 tonnellate
- Propulsione: 1 reattore nucleare, 1 elica
- Velocità: 4,5 nodi in emersione, 3,5 in immersione
- Profondità operativa: 724 metri
- Profondità massima: ?
- Equipaggio: 7-13
- Autonomia: 30 giorni
- Armamento: nessuno
Servizio operativo
In servizio nell’Atlantico
L’NR-1 entrò in servizio nel 1969, e fu basato a New London. Sotto il diretto controllo del Naval Nuclear Propulsion Program di Rickover, fu dipinto con colori sgargianti, in modo da enfatizzare le sue “capacità” di soccorso in mare. Capacità, lo abbiamo visto, che erano completamente assenti.
La cosa interessante è che l’NR-1 non incontrò mai né lo USS Halibut, né i suoi successori impegnati nell’Operazione Ivy Bells: questi infatti erano basati nella costa ovest, sul Pacifico, mentre New London è sulla costa est (Oceano Atlantico).
Il personale veniva selezionato molto duramente, direttamente da Rickover: era la sua organizzazione che si occupava dell’addestramento degli equipaggi. L’ammiraglio avrebbe voluto al suo comando una piccola flotta di NR-1, ma per motivi di budget la cosa non si concretizzò mai.

Quasi 40 anni di missioni
La carriera operativa di questo sottomarino fu decisamente intensa: grazie alle sue caratteristiche, ed al reattore nucleare che gli consentiva di restare in immersione per lunghissimi periodi, fu utilizzato per le missioni più disparate, molte delle quali ancora top secret. Vediamone alcune.
- Ricerche oceanografiche. L’NR-1 venne utilizzato per esplorare fondali, fosse oceaniche e canyon sommersi. Le sue attività riguardarono la raccolta di campioni (anche di minerali), lo studio della biologia marina e l’aggiornamento (o la redazione ex novo) di mappe marine. Queste operazioni furono condotte sia per motivi politico-militari, sia su indicazione di enti civili di ricerca o aziende. Durante una di queste esplorazioni, nel 1994, scoprì un sinkhole al largo della Florida: fu il primo caso di una struttura del genere trovata sott’acqua. Il sinkhole venne chiamato NR-1, in onore del sottomarino.
- Recupero di componentistica militare. Si trattava di un’attività “tipica”, operazioni da svolgere alla svelta prima che arrivassero i sovietici. In almeno un paio di occasioni, l’NR-1 venne utilizzato per recuperare alcuni componenti sensibili da aerei militari precipitati. Ad esempio, nel 1976 recuperò un missile aria-aria AIM-54 Phoenix, che era affondato in seguito all’incidente di un F-14. Nel 1995, invece, contribuì ad individuare i resti di un F-15. Inoltre, fu utilizzato diverse volte per riportare in superficie resti di missili balistici, che si erano inabissati in seguito a test. In almeno un caso, poi, venne incaricato di individuare l’elica di un SSBN (componente top secret, visto che la sua forma influenza molto la rumorosità).
- Space Shuttle Challenger. L’NR-1 fu incaricato di individuare, sui fondali davanti alla Florida, i resti del Challenger, rimasto distrutto subito dopo il lancio il 28 gennaio 1986.
- Test di apparecchiature subacquee per conto della US Navy o aziende della Difesa statunitensi, oltre ad addestramenti congiunti.
- Ricerche archeologiche sottomarine nel Mar Mediterraneo.
- Monitoraggio ambientale dei siti subacquei dove venivano stoccate le scorie nucleari.
- Esplorazione del relitto della HMHS Britannic, una nave ospedale gemella del Titanic, che affondò durante la prima guerra mondiale (1995).
- Mappatura dei fondali norvegesi. Si trattava di un’operazione condotta dalla NATO, durante la quale, nel fiordo di Bergen, il sottomarino riuscì ad individuare qualcosa come 26 relitti in 24 ore.
- Volo EgyptAir 990: aereo egiziano precipitato il 31 ottobre 1999 al largo dell’Isola di Nantucket, Massachusetts. L’NR-1 fu incaricato di scandagliare i fondali in cerca di resti e detriti.
Come si può vedere, una carriera estremamente variegata.
L’NR-1 venne definitivamente radiato nel 2008, dopo quasi 40 anni di servizio. Successivamente è stato demolito, anche se alcune sue parti dovrebbero essere esposte in musei e basi navali.

L’eredità dell’NR-1
L’NR-1 è stato un sottomarino nucleare praticamente unico, dato che le sue caratteristiche non sono mai state eguagliate da nessun’altra unità, almeno in Occidente.
Non è chiaro se la US Navy realizzerà un successore dell’NR-1. Infatti, sono diversi anni che sui parla di un ipotetico NR-2, ma a quanto se ne sa non è stato ancora finanziato.
La risposta sovietica
In Unione Sovietica, invece, è nata una vera e propria “famiglia” di sottomarini nucleari da appoggio. Infatti, una volta saputo dell’esistenza di un battello atomico con queste caratteristiche (la storia delle operazioni di salvataggio poteva funzionare con i contribuenti americani, ma non con il KGB), i sovietici si organizzarono per realizzare qualcosa di simile. A partire dagli anni ottanta, iniziarono ad entrare in servizio i primi esemplari di quella che in Occidente è conosciuta come classe Uniform, fino ad arrivare, nel 1986, all’AS-23, considerata la vera “risposta” della marina sovietica all’NR-1.
I dettagli delle singole classi possono essere reperiti nelle varie voci, ma occorre considerare una cosa: i sovietici non si limitarono a copiare, ma per certi versi migliorarono il progetto iniziale, almeno dal punto di vista dell’impiego. Infatti, se non abbiamo alcuna informazione sulla strumentazione imbarcata da questi battelli, sappiamo molto bene come vengono portati in zona operazioni: agganciati sotto ad un sottomarino madre, un SSBN modificato appositamente per questo scopo. Ciò garantisce, sicuramente, un livello di segretezza maggiore rispetto all’NR-1, che invece doveva essere rimorchiato sul posto.
Comunque, a parte le limitazioni di cui abbiamo detto, questo sottomarino è stato veramente un gioiello tecnologico: sofisticato, costoso e dalle incredibili caratteristiche.
Esemplari costruiti
NR-1
Cantiere: Electric Boat (Groton)
Impostazione: 10/06/1967
Varo: 25/01/1969
Ingresso in servizio: 27/10/1969
Status: radiato il 21/11/2008
Note:
Fonti
- NR-1 – fas.org
- NR-1 – navsource.org
- The US Navy’s nuclear powered midget submarine: NR-1 – www.hisutton.com
- NR-1 Submarine: Nuclear Powered Research and Ocean Engineering Vehicle
(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: Mass Communication Specialist 1st Class John Fields, US Navy. US Public Domain)