Immaginate di essere un pilota di F-15 nel 1989, decollato per intercettare un caccia sovietico MiG-23 che vola spavaldo nei cieli dell’Europa Occidentale. Trovato l’aereo con la stella rossa, vi affiancate per cercare di capire le sue intenzioni e scoprite che è vuoto: nessuno sta pilotando!
Bene, questo è esattamente quello che accadde il 4 luglio 1989 sui cieli della Germania Occidentale, quando due caccia statunitensi si trovarono davanti ad un MiG-23M “fantasma”, senza nessuno ai comandi.
Una storia curiosa, e con una conclusione tragica.
Vediamola meglio.
Un volo di routine
Tutto iniziò presso la base aerea di Bagicz, in Polonia. Si trattava di un piccolo insediamento con un aeroporto militare nelle vicinanze. Qui, all’epoca della Guerra Fredda, era stanziato l’871° Reggimento Caccia dell’aviazione sovietica (VVS), basato su MiG-23.
Il MiG-23 è un bireattore con ala a geometria variabile dei primi anni settanta, che all’epoca era molto diffuso nei reparti aerei sovietici. Per la cronaca, una decina di Paesi lo utilizzano ancora oggi (2022).
Il 4 luglio 1989, alle 9:08 di mattina, uno di questi aerei si alzò in volo ai comandi del colonnello Nikolai Skuridin. La missione non aveva niente di impegnativo o segreto. Infatti, si trattava di un semplice volo di addestramento: l’ufficiale era da poco tornato in un reparto operativo e doveva “riprendere un po’ la mano” con i caccia a reazione e le relative tecniche di combattimento. Per dire, il MiG-23M non era nemmeno armato. Tuttavia, le cose iniziarono ad andare storte praticamente subito.
L’aereo di Skuridin 41 secondi dopo il decollo iniziò ad avere problemi al motore. Nel caso specifico, il postbruciatore non funzionava come avrebbe dovuto (anzi, pare che non funzionasse proprio) ed il colonnello si ritrovò con un aereo in avaria a poche centinaia di metri dal suolo. Con il motore che perdeva potenza, l’ufficiale sovietico comunicò la situazione alla torre di controllo e ricevette il permesso di eiettarsi.
Cosa importante: Skuridin non era un dilettante in preda al panico, ma un pilota esperto. Poteva vantare ben 1.700 ore di volo, di cui oltre 500 proprio sui MiG-23. Insomma, quella di eiettarsi fu una decisione ponderata.
Il MiG-23 inizia a volare da solo
La reazione sovietica
Il colonnello Skuridin si eiettò quando il MiG-23M era ormai a 150 metri di quota: l’ufficiale, atterrando, si ferì ad un braccio. Il problema fu l’aereo: il motore, proprio sei secondi dopo l’eiezione, riprese potenza. A questo punto accadde l’incredibile: il bireattore sovietico, con l’autopilota inserito e senza nessuno ai comandi, tornò in quota e si diresse in volo livellato verso ovest.
Come al solito, i sovietici non brillarono per trasparenza. Alle 10:00 il comandante delle forze aeree del Gruppo di Forze del Nord, maggior generale Ognev, fece il suo rapporto al comando dell’aviazione, a Mosca.
L’aereo è precipitato in mare senza causare danni
Ognev
Non era assolutamente vero: il MiG-23 in realtà stava volando verso Ovest, a 12.000 piedi di quota (3.600 metri circa) alla velocità di crociera di 740 km/h.
Il bireattore passò sopra la Polonia e la Germania Est indisturbato: del resto, era un velivolo sovietico, con il sistema automatico di identificazione attivo (IFF), quindi non poteva preoccupare la difesa aerea dei Paesi del Patto di Varsavia.
Viceversa, iniziò a preoccupare, e parecchio, i radar della NATO non appena entrò nello spazio aereo della Germania Ovest.

La NATO interviene
Un aereo militare di un altro Paese che invade il tuo spazio aereo non è mai una bella cosa. Se poi l’aereo è un caccia sovietico e c’è la Guerra Fredda, beh, c’è da preoccuparsi.
Un aereo singolo poteva essere qualunque cosa:
- un disertore (piuttosto probabile);
- una provocazione (difficile ma non impossibile);
- l’inizio della terza guerra mondiale (altamente improbabile);
- un errore di rotta (già successo, magari per un guasto alla strumentazione).
Comunque, due caccia F-15 del 32nd Tactical Fighter Squadron dell’aviazione statunitense (USAF) si alzarono in volo per intercettarlo. Non appena passò il confine tra le due Germanie, alle 10.05, i due aerei presero in consegna il bireattore sovietico.
E scoprirono che era senza pilota.
A questo punto, i piloti ricevettero l’ordine di seguire il MiG.
Una fine tragica
Perché i due F-15 non ricevettero l’ordine di abbattere subito il MiG-23M? Beh, la spiegazione è molto semplice: era troppo pericoloso. L’Europa Occidentale, infatti, è densamente popolata ed il bireattore sovietico stava volando ad alta velocità a 3.600 metri: in quelle condizioni era impossibile prevedere dove sarebbe caduto! Il rischio di fare grossi danni era troppo alto.
I piloti dei due aerei ricevettero l’ordine di abbatterlo non appena fosse arrivato sul Mare del Nord, o comunque solo in caso di estrema necessità.
Il MiG-23 volò sopra il territorio tedesco, olandese e raggiunse il Belgio: era chiaro che non sarebbe mai arrivato sul mare. Anzi: i piloti americani videro che si stava pericolosamente avvicinando alla città francese di Lille, che all’epoca aveva quasi 200.000 abitanti. Se fosse caduto lì sarebbe stato un disastro, quindi decisero di abbatterlo. Proprio in quel momento, l’aereo sovietico finì il carburante e perse rapidamente quota.
Il MiG-23M della VVS precipitò alle 10:37 di mattina su una fattoria vicino alla città belga di Kortrijk, presso il confine francese, uccidendo un ragazzo di 19 anni.

Le polemiche
Le polemiche furono aspre, più che altro per il comportamento sovietico. L’aviazione del Paese socialista, infatti, non è che si fosse comportata in modo esemplare. Più che altro, ci fu una totale assenza di comunicazioni sul velivolo: oggi noi sappiamo che il MiG-23 era completamente disarmato, ma gli americani all’epoca lo ignoravano. Per quanto ne sapessero loro, poteva portare armi chimiche, esplosivi o chissà cosa.
C’è da dire che probabilmente i sovietici nemmeno si accorsero di avere un aereo disperso: per loro, infatti, era caduto in mare!
La situazione, comunque, non degenerò e si risolse in modo abbastanza tranquillo: Belgio e Olanda ovviamente protestarono con l’Unione Sovietica, ma la cosa non ebbe particolari conseguenze. Il colonnello Nikolai Skuridin pose le sue condoglianze alla famiglia del ragazzo defunto, ed i sovietici pagarono al Belgio 685.000 dollari di danni. Oltretutto, gli specialisti della VVS poterono visitare il luogo dello schianto e la carcassa del velivolo fu restituita all’aviazione sovietica.
Insomma, si era trattato di un tragico incidente e fu considerato come tale, senza alimentare polemiche.
Fonti
(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: DoD. US Public Domain)