Navi a forma di aerei. O aerei che funzionano come navi. Sono gli ekranoplani. O schermoplani. Un’incredibile e poco conosciuta realizzazione dell’ingegneria sovietica. Velivoli di dimensioni mai viste in Occidente in grado di “volare” sfruttando l’effetto suolo. Che cercheremo di scoprire insieme.
Una foto dal satellite
1967. Siamo in piena Guerra Fredda. Il nostro analista della CIA, Sam, si prepara a staccare dal lavoro e ad andare a casa. Del resto, come dargli torto? È venerdì, sono quasi le 5 del pomeriggio, la famiglia lo aspetta, il barbeque pure… Insomma, la settimana è finita.
Gli manca una sola cosa da controllare, una cartellina con delle foto satellitari che gli ha consegnato uno dei suoi assistenti. “Magari faccio finta di non averla vista e la guardo lunedì…” pensa. Poi però la osserva meglio, e gli cade l’occhio sulla scritta “Mar Caspio”. A quel punto si fa due conti: da quelle parti non succede mai nulla, sarà la solita immagine con quelle quattro zattere che gli Ivan (i sovietici) chiamano Flottiglia del Caspio… Insomma, che potrà mai essere? Poi il mio capo è il più colossale rompiscatole di tutta l’agenzia, una volta ha sbraitato per ore perché si era messo in testa che una foto di un gattino con il colbacco raffigurava una nuova arma segreta… “Vabbè, me la sbrigo in mezz’ora e poi ciao a tutti!” pensa fiducioso mentre tira fuori le foto.

Quello che vede non gli piace.
What is it???
Liberamente traducibile con:
Che è? E questo? Ma che c….
Stavolta non si tratta delle solite quattro zattere. In foto si può vedere chiaramente un aereo di enormi dimensioni, con una forma stranissima ed una decina di motori, parcheggiato nei pressi della base navale di Kaspiyski.
Stavolta Ivan l’aveva fatta grossa. Rassegnato, Sam alza il telefono: “Capo, abbiamo un problema…”
Le prime analisi americane
Non appena arrivarono le immagini, l’Intelligence americana cercò subito di capirci qualcosa. Dalle foto si notava la bandiera della marina sovietica e la scritta KM sulla fusoliera. La CIA quindi prese spunto e chiamò il velivolo “Kaspian Monster”, diventato poi “Caspian Sea Monster” (Mostro Marino del Caspio).
Non avendo idea di che cosa si trattasse, gli americani formularono varie ipotesi.
La prima fu che si trattasse di un aereo in costruzione, o forse di qualcosa di particolarmente ambizioso che i sovietici avevano iniziato ma poi abbandonato. Le dimensioni parlavano da sole: il velivolo era lungo quasi centro metri, con un’apertura alare che sfiorava i 50. Per dare un’idea, il B-52, il principale e più moderno bombardiere strategico americano dell’epoca, misurava rispettivamente 48 per 56.
L’altra ipotesi era che si trattasse di un tipo di aeromobile completamente nuovo. E qui la questione era seria: visto che in Occidente non esisteva niente del genere, era essenziale saperne di più.

L’unico modo per uscirne era fare delle prove. Gli americani effettuarono degli studi con un modellino in galleria del vento, ma la conclusione fu che non volava. La cosa più evidente era che, rispetto alla fusoliera, le ali erano troppo corte. Le proporzioni non tornavano e, da un punto di vista fisico, non c’era verso di tenerlo in aria.
Quindi, la conclusione più logica era fu che si trattava di un aereo abbandonato incompleto (magari anfibio). Qualcosa di particolarmente grosso che i sovietici avevano rinunciato a costruire.
In realtà, l’intelligence Occidentale si era sbagliata, e di grosso. Il KM (questo era il nome della cosa fotografata nel Mar Caspio) non era stato progettato per volare, per il semplice fatto che non era un aereo. Quello che la CIA si trovò davanti era il prototipo di un ekranoplano (o schermoplano): un velivolo che funziona sfruttando l’effetto suolo, frutto di un programma sperimentale che doveva servire per realizzare un nuovo tipo di “mezzo di trasporto”.
Solo negli anni ottanta divenne chiaro cosa era effettivamente il KM, e occorrerà aspettare la fine della Guerra Fredda per avere un quadro completo sull’interno programma.
Il nome dell’ekranoplano
Prima di tutto, cerchiamo di capire come si chiama un ekranoplano. Non è una battuta. Questa tipologia di “velivoli” è conosciuta in vari modi. Il nome tecnico è “schermoplano”, che sarebbe la traduzione del russo “ekranoplan”, spesso italianizzato con la parola “ekranoplano” o “ecranoplano” (più raro). In inglese, la loro denominazione è ground-effect vehicle (GEV) o wing-in-ground-effect (WIG).
Il nome russo è molto usato, probabilmente per il fatto che i velivoli ad effetto suolo realizzati in Unione Sovietica sono quelli che più hanno colpito l’immaginario collettivo per le loro caratteristiche.
Cos’è un ekranoplano
Tecnicamente, uno schermoplano (o ekranoplano) è un velivolo in grado di muoversi grazie all’effetto suolo. In pratica, questi velivoli sono fatti in modo tale che, volando a pochi metri da terra (o in questo caso, dall’acqua), riescono a creare una differenza di pressione tra l’aria sopra e sotto l’ala: in questo modo, si forma un cuscino d’aria che in pratica consente al velivolo di “scivolare” sulla superficie. Superficie che, ovviamente, deve essere il più piatta possibile. Questo è possibile grazie all’utilizzo di ali tronche che hanno dei profili particolari nella parte terminale.
L’effetto suolo non è un fenomeno sconosciuto, né tantomeno lo hanno scoperto i sovietici: infatti, già dagli anni venti i piloti avevano notato che gli aeri tendevano a diventare più efficienti durante l’avvicinamento alla pista. La cosa poteva diventare interessante: avere un “aereo” di quelli grossi, con un’enorme capacità di carico, stuzzicava parecchio. Tuttavia, ci si rendeva conto che da un lato la tecnologia non era matura per soluzioni del genere, dall’altro che occorreva una superficie perfettamente piana. Anche perché, un minimo ostacolo avrebbe potuto provocare un disastro (i grandi velivoli ad effetto suolo non sono mai stati famosi per la loro manovrabilità. E provate a fare una virata stretta su un prato a venti metri di quota). Quindi, la superficie ideale non poteva che essere l’acqua (o una superficie ghiacciata).
Uno dei grandi problemi degli ekranoplani, oltre a quelli prettamente tecnici, è di natura legale. In altri termini: che roba è? Un aereo o una nave? La domanda non è da poco, perché cambia la legislazione applicabile. I sovietici risolsero la cosa molto in fretta, considerandoli navi: infatti, il codice di classificazione che hanno utilizzato per designare le loro “creazioni” è un numero di progetto (lo stesso criterio che usano per le navi). Ma la cosa è riconosciuta internazionalmente?
L’International Maritime Organization (IMO) e l’International Civil Aviation Organization (ICAO) sono giunti alla conclusione che tutto quello che “sta per aria” grazie all’effetto suolo è una nave (quindi la giurisdizione è marittima), il resto è un aereo (e quindi rientra nelle competenze dell’aviazione civile). Quindi, gli ekranoplani sono a tutti gli effetti delle navi, a cui si applicano le regole di sicurezza per le imbarcazioni ad alta velocità (tipo hovercraft o catamarani).
Ad essere veramente pignoli, la IMO distingue tre tipi di velivoli ad effetto suolo.
- Tipo A: velivolo che può operare solo in modalità effetto suolo.
- Tipo B: velivolo che opera principalmente in effetto suolo, ma che in caso di emergenza è in grado di uscirne ma senza superare i 150 metri di quota.
- Tipo C: velivolo identico alla categoria B, ma che può superare i 150 metri.
Lo sviluppo degli ekranoplani
I velivoli ad effetto suolo furono oggetto di studio dopo la seconda guerra mondiale, sia in Occidente sia in Unione Sovietica, secondo modalità molto diverse.
- In Occidente lo sviluppo venne portato avanti per iniziativa di privati, o in alcuni casi di milionari desiderosi di navi particolarmente veloci. Il risultato furono velivoli di ottime caratteristiche, affidabili ma piuttosto piccoli.
- In Unione Sovietica, invece, si puntò su ekranoplani di grossa taglia, che potevano avere un’utilità militare. Per questa ragione, tutte le ricerche in questo senso furono secretate.
Vediamo più nel dettaglio.
In Occidente, il maggior contributo allo sviluppo degli schermoplani venne dalla Germania. O meglio, dai tedeschi. Il nome di spicco è quello di Alexander Lippsich, un ingegnere aeronautico che durante la seconda guerra mondiale lavorò con la Messerschmitt per progettare caccia. La sua creazione più famosa, oltre a diversi alianti, è sicuramente il Messerschmitt Me-163 Komet, un piccolo aereo a razzo dalle prestazioni eccezionali ma con un’autonomia nell’ordine dei minuti. Successivamente, come molti scienziati tedeschi, venne portato negli stati Uniti per collaborare con l’esercito americano. Tra il 1950 ed il 1964, mentre lavorava alla divisione aeronautica della Collins, si interessò parecchio ai velivoli ad effetto suolo, realizzando un prototipo (X-112) nel 1963. La Collins però non era interessata, e vendette i brevetti ad un’azienda tedesca, la Rhein-Flugzeugbau GmbH (RFB). Questa società, insieme con Lippsich, creò altri due schermoplani, chiamati X-113 ed X-114.

Successivamente, un suo collaboratore, tale Hanno Fischer, continuò la sua opera. Più o meno nello stesso periodo, un loro collega, un certo Günther Jörg, costruì per un acquirente sudafricano un velivolo ad effetto suolo chiamato Skimmerfoil. In seguito, questi diede vita ad una serie di velivoli simili, denominati TAF. Tali mezzi erano caratterizzati per avere delle dimensioni piuttosto contenute ed una capacità massima di trasporto di 12 passeggeri. In generale, comunque, tutti i modelli realizzati da questi tre progettisti avevano dimensioni ridotte, con una lunghezza non superiore ai 15 metri: praticamente, un aereo da turismo Cessna. Tutti i progetti per velivoli di dimensioni maggiori non uscirono mai dal foglio di carta.
In Unione Sovietica, al contrario, le ricerche puntarono subito su ekranoplani di grandi dimensioni. Un ruolo fondamentale lo ebbe Rostislav Alexeyev, direttore dell’Ufficio Centrale di Progettazione Aliscafi, che iniziò a studiare questi velivoli già negli anni cinquanta. Inizialmente, realizzando dei dimostratori di fattibilità della sua idea (noti con la sigla SM), poi dei modelli in scala ridotta, ed infine il primo vero grande “ekranoplano”, il KM: un mostro da oltre 500 tonnellate lungo più di 90 metri, in grado di viaggiare a 500 km/h.
L’idea piacque parecchio al premier sovietico Khrushchev, che riteneva questi mezzi l’ideale per contrastare le portaerei americane: avrebbero potuto avvicinarsi al nemico a grande velocità, evitando mine navali, reti protettive e siluri, lanciare i propri missili e fuggire, il tutto con scarse possibilità di essere individuati dai radar. Decisamente niente male! Purtroppo per Alexeyev, però, Khrushchev venne estromesso dal potere nel 1964, ed al suo successore, Brezhnev, i grandi ekranoplani non interessavano. Il nuovo premier, però, vedeva favorevolmente un velivolo ad effetto suolo più piccolo, con compiti di trasporto. Il risultato fu l’A-90 Orlyonok, che “volò” nel 1972.
Un nuovo impulso arrivò nel 1976, quando Dmitriy Ustinov diventò ministro della difesa. Questi era un convinto sostenitore degli ekranoplani, cosa che consentì ai vari progetti di andare avanti: l’Orlyonok fu utilizzato dalla marina sovietica (anche se in pochissimi esemplari) e fu avviato lo sviluppo di una versione armata, chiamata Lun.

Questo, un vero e proprio “ammazza portaerei” (nelle intenzioni dei progettisti) entrò in servizio solo nel 1989, in clamoroso ritardo sui tempi: Ustinov era morto nel 1984, ed i fondi al programma erano stati tagliati. Lo stesso Alexeyev lo aveva preceduto, nel 1980, a causa delle ferite riportate in un incidente mentre collaudava uno dei suoi amati ekranoplani.
L’evoluzione finale fu lo Spasatel, una variante da salvataggio derivata dal Lun e rimasta incompleta. Ma la fine dell’Unione Sovietica e la crisi economica della Russia indipendente interruppe tutti i programmi.
Gli ekranoplani oggi
Oggi i velivoli ad effetto suolo non hanno una grande diffusione, oltre ad essere poco conosciuti tra i non addetti ai lavori. Tuttavia, vengono sviluppati e costruiti in Paesi come Australia, Corea, Cina, Giappone, Singapore e Taiwan. Certo, i numeri sono bassi (spesso si limitano ad un prototipo), e si tratta quasi esclusivamente di macchine piuttosto piccole, capaci di trasportare al massimo una decina di persone, o poco più. Progetti relativi a macchine più grandi, o con una maggiore capienza, di solito restano sulla carta. Un’importante eccezione è costituita dal sudcoreano WSH-500, un prototipo in grado di trasportare fino a cinquanta passeggeri.
Nella stragrande maggioranza si tratta di macchine civili, con un’importante eccezione: il Bavar 2 iraniano, uno schermoplano a due posti in servizio con i Guardiani della Rivoluzione.

Ma i grandi ekranoplani che fine hanno fatto? C’è in giro qualcosa di paragonabile, se non al KM, almeno all’Orlyonok o al Lun?
In realtà si, anche se si tratta di progetti rimasti sulla carta. La Boeing, ad esempio, propose il Pelican: un colossale velivolo ad effetto suolo con un peso al decollo di 2.700 tonnellate, con una capacità di carico incredibile (oltre 1.200 tonnellate). Sempre negli Stati Uniti, la DARPA (con la consulenza di tecnici russi) se ne uscì con l’Aerocon Dash-1.6, una cosa futuristica pesante 5.000 tonnellate. Il progetto venne interrotto nel 1994, a causa degli alti rischi tecnologici (e, ovviamente, dei costi astronomici).
Ed i russi? Diciamo subito che se un grande ekranoplano tornerà a volare, sarà probabilmente con la bandiera della Federazione Russa. Infatti, l’Orlyonok (almeno nella sua versione civile) è formalmente nel listino dei Cantieri Navali del Volga, mentre secondo fonti di stampa lo Spasatel potrebbe essere completato ed effettuare un primo volo entro il 2023. Certo, anche in Russia ci sono stati dei progetti cancellati.
Il più eclatante è stato il Beriev Be-2500, un colosso da 2.500 tonnellate al decollo il cui costo di sviluppo (fino a 15 miliardi di dollari) ha scoraggiato azienda, finanziatori privati e governo. Molto più realizzabile sembrerebbe essere il TTS-IS, un ekranoplano con un peso al decollo di 1.000 tonnellate ed una capacità di carico di 500. Niente di troppo eccessivo, visto quello che è stato visto sopra. Le prove nella galleria del vento sono iniziate nel 2018, e si prevede un primo volo dopo il 2030.

Considerazioni sugli ekranoplani
Ma alla fine, gli schermoplani sono utili? O meglio, sono utilizzabili? Il fatto che abbiano avuto una diffusione così scarsa indicherebbe di no. Sicuramente, hanno dei lati positivi, ma pure parecchi problemi.
Prima di tutto i pregi. Un ekranoplano, a parità di dimensioni con un aereo classico, ha una capacità di carico molto maggiore. La velocità poi è molto superiore a quella di una nave. Inoltre, in caso di guasti al motore, non precipiti ma al massimo ti ritrovi alla deriva.
I limiti però sono parecchi, e riguardano principalmente la manovrabilità e la sicurezza.
- Mare calmo: onde alte possono rendere impossibile l’effetto suolo, oltre a rendere il viaggio un inferno ad eventuali passeggeri.
- Poco vento: le folate laterali possono sbilanciare il velivolo, e visto che gli ekranoplani volano a basa quota può facilmente finire in tragedia.
- Scarsa manovrabilità: gli ekranoplani non possono fare manovre brusche, sempre per il discorso della bassa quota di volo. Questo vuol dire che la rotta davanti deve essere il più possibile libera, poiché queste macchine hanno una scarsa possibilità di evitare (anche sorvolandolo) un ostacolo improvviso (nave, barca, isolotto, ecc.).
- Addestramento dei piloti: portare una macchina del genere a oltre 400 km/h a pochi metri di quota, richiede personale molto ben addestrato.
- I costi poi sono molto elevati. Ad esempio, i grandi ekranoplani sovietici consumavano pozzi di carburante.
Altro discorso sono le spese di sviluppo. Queste devono essere sostenute in via preliminare, e vengono poi spalmate sul prezzo finale di vendita. L’azienda in pratica si assume un rischio: investire denaro su qualcosa sperando di venderla. Ora, i velivoli ad effetto suolo praticamente non hanno mercato: investire risorse su qualcosa che rimarrà allo stato di prototipo, oppure che nella migliore delle ipotesi sarà venduta in pochi esemplari, per un’azienda privata non ha senso. Anzi, probabilmente un manager che decidesse di fare una cosa del genere verrebbe buttato fuori. Diverso sarebbe il discorso se il committente fosse un governo, intenzionato a contribuire all’investimento economico ed a fare da cliente di lancio.
Questo probabilmente spiega perché in Occidente siano stati sviluppati modelli più piccoli, mentre in Unione Sovietica giravano i giganti.
In Occidente l’iniziativa è stata esclusivamente di privati, e non vi era alcun interesse governativo: praticamente, nessuno intendeva spendere il pozzo di soldi necessario a sviluppare una cosa del genere, di dubbia utilità e di incerta efficacia. Quindi sono stati realizzati velivoli più piccoli, che sono anche più economici e facili da vendere, e quindi meno rischiosi.
In Unione sovietica certe idee trovarono terreno fertile da parte delle istituzioni: si veda l’entusiasmo di Khrushchev e l’interesse di Ustinov. Questo consentì ad un progettista come Alexeyev di portare avanti i suoi progetti, pur con tutti i problemi del caso.
Il risultato, alla fine, fu che nel Paese socialista si svilupparono delle macchine praticamente uniche. Questo consentì ai sovietici di acquisire delle competenze esclusive nella realizzazione di ekranoplani di grandi dimensioni, oltre ad avere aziende in grado di produrli (i già citati Cantieri Navali del Volga). Quindi, se qualcosa di paragonabile al KM (o all’Orlyonok) tornerà a “volare” ai giorni nostri, avrà quasi sicuramente la bandiera della Federazione Russa sulla deriva: qui, infatti, oltre ad esserci le competenze necessarie, c’è anche un certo interesse da parte delle istituzioni.
Aspetti militari degli ekranoplani
Ma militarmente, un velivolo ad effetto suolo che vantaggi potrebbe avere? Ricordiamo infatti che Khrushchev li considerava ideali per contrastare le portaerei americane, e lo stesso Ustinov credeva in una loro utilità (si veda il Lun).
Probabilmente, all’epoca in cui furono concepiti, militarmente avrebbero avuto un certo senso: bassi sull’acqua e difficili da individuare, molto veloci, avrebbero potuto avvicinarsi senza troppi problemi ai gruppi navali della NATO. Ma oggi?
Oggi la tecnologia è migliorata, quindi una macchina delle dimensioni del Lun verrebbe individuata (e probabilmente eliminata) senza troppi problemi. Viceversa, qualcosa di più piccolo magari avrebbe maggiori possibilità di sopravvivere. Magari un ekranoplano poco più grande del Bavar 2 iraniano, con possibilità di imbarcare un paio di missili (il Bavar pare abbia una singola mitragliatrice): piccolo, veloce e quindi più difficile da individuare.
Se invece guardiamo ad altri tipi di missioni, come trasporto veloce e soccorso in mare, una macchina di questo tipo potrebbe, pur con tutte le limitazioni del caso, dire la sua.
Video
Fonti
- Short Overview of Ekranoplan Creation and Development – Aquaglide.ru
- A-90 Orlyonok – Naval Encyclopedia
- Il Mostro del Mar Caspio – Vanillamagazine.it
- Ekranoplano, l’arma segreta dell’URSS – Reportdifesa.it
- Wing in Ground (WIG) craft – IMO.org
(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: Brian W. McMullin, NARA. US Public Domain)