L’ekranoplano KM: il Mostro del Caspio

Il più grande ekranoplano mai costruito. L’ekranoplano per eccellenza. Una “cosa” lunga 92 metri, che fece impazzire l’intelligence Occidentale la prima volta che fu fotografato da un satellite, nel Mar Caspio. Tutto questo è l’Alexeyev KM, il mostro marino del Caspio, all’epoca il più grande aereo esistente (venne battuto solo nel 1988 dall’Antonov An-225). Un dimostratore di tecnologia, utile a dimostrare la fattibilità pratica dei grandi velivoli ad effetto suolo. Che adesso andremo a conoscere.

L’ekranoplano KM

Alexeyev KM: è questo il nome dello strano velivolo che i satelliti spia americani fotografarono sul Mar Caspio. Gli americani, per via della sigla KM sopra la fusoliera, decisero di chiamarlo Kaspian Monster, o Caspian Sea Monster. Del resto, l’unica cosa che avevano del “coso” era qualche foto, ed il nome era veramente l’ultimo dei problemi. In realtà, la sigla KM stava per Korabl Maket, traducibile in russo come “nave prototipo”. Alexeyev, invece, era il nome del progettista.

Ekranoplano Caspian Sea Monster dal satellite 1968
Il KM visto dal satellite nella base navale di Kaspiysk nel marzo 1968. La data in didascalia dovrebbe essere quella in cui l’immagine è stata resa pubblica. Immagine derivata da Wikimedia Commons. Credits: NRO. US Public Domain

In realtà, non si tratta dell’unico nome che aveva il velivolo: infatti, pare che siano anche state utilizzate le sigle KASP-A e MD-160 (si, a volte i russi utilizzano più nomi per lo stesso programma. Lo fanno). Sicuramente ha anche avuto un numero di progetto, ma purtroppo non sono riuscito a trovarlo…

Il KM era un “velivolo” sperimentale: serviva a dimostrare la fattibilità di ekranoplani di grandi dimensioni, che potessero essere utilizzati per compiti particolarmente impegnativi. Ne venne costruito solo uno, sottoposto a svariati test e modifiche per una quindicina d’anni, prima di restare distrutto in un incidente.

Lo sviluppo dell’ekranoplano KM

Le origini del KM

L’ekranoplano KM può essere considerato il punto di partenza nello sviluppo di velivoli ad effetto suolo di grandi dimensioni, ma non fu sicuramente il primo velivolo di questo tipo apparso in Unione Sovietica. Infatti, l’Ufficio di Progettazione Centrale Aliscafi, diretto da Rostislav Alexeyev (da cui poi prese il nome) iniziò a lavorare su questo concetto negli anni cinquanta, realizzando anche alcuni prototipi di dimensioni ridotte. La svolta arrivò nel 1960, quando il progettista parlò della sua idea al premier sovietico Khrushchev. Questi accolse l’idea con entusiasmo: la vide come un’arma completamente nuova e micidiale, che poteva contrastare la potenza delle portaerei americane. Quindi, tutto quello che riguardava gli ekranoplani venne classificato, ed il progetto ottenne l’autorizzazione (e gli indispensabili finanziamenti) per andare avanti. Solo a questo punto iniziò la costruzione vera e propria del KM (che gli americani individuarono nel 1966).

Dopo lunghi lavori, finalmente tutto era pronto per il primo volo.

I test

16 ottobre 1966: il progettista stesso prese posto in cabina accanto al pilota collaudatore. Una volta in acqua, l’ekranoplano KM accese i motori: lentamente, aumentò la velocità ed infine i 10 motori spinsero le oltre 500 tonnellate del velivolo a 400 km/h. Una velocità fantascientifica per una bestia di quelle dimensioni, soprattutto in acqua. Il volo durò una cinquantina di minuti: certo, c’era stato qualche problema di stabilità, ma niente che non potesse essere risolto. Ma la cosa fondamentale era un’altra: i grandi velivoli ad effetto suolo potevano funzionare!

Il pranzo con Brezhnev

A questo punto, però il problema diventava politico. Un paio d’anni prima, nel 1964, Khrushchev era stato deposto dall’incarico, ed il suo posto era stato preso da Brezhnev. Questi, al contrario del predecessore, era molto scettico sull’utilità dei grandi ekranoplani. Il tentativo del progettista di convincere il premier sovietico presentandogli personalmente il progetto finì malissimo: il suo unico commento, alla fine della presentazione, riguardò il pranzo.

“Allora, Compagno Presidente, questo è l’ekranoplano. Come può vedere, può essere di grande aiuto per le nostre operazioni navali…”

Buona questa fettina! Olga, c’è ancora il vitello tonnato?”

Nonostante la battuta d’arresto, Alexeyev continuò a lavorare sul concetto. In particolare, fu autorizzato a sviluppare un ekranoplano da trasporto più piccolo, che prese il nome di Orlyonok. Di questo si parla nella pagina apposita.

La fine del KM

L’ekranoplano KM continuò le sue prove. Nell’agosto del 1967, modificato con un peso di ben 544 tonnellate, raggiunse i 455 km/h. Se non si fosse trattato di un progetto top secret, avrebbe stabilito un record di categoria e sarebbe entrato nel Guinness dei Primati.

Nel dicembre 1980, a causa della nebbia, l’unico KM costruito rimase vittima di un incidente: l’ekranoplano era in cattive condizioni, ed il pilota non era molto pratico. L’equipaggio riuscì a salvarsi, ma il velivolo restò distrutto. La carcassa venne abbandonata nel Mar Caspio.

Descrizione tecnica

Il KM è stato il più grande ekranoplano mai costruito. Ne venne costruito solo uno, anche se alcune fonti riportano ben otto esemplari. In realtà era sempre lo stesso, che veniva sottoposto a modifiche più o meno estese. L’errore nasce dal numero riportato sulla coda, che riguardava, appunto, gli interventi importanti effettuati sul KM. Un esemplare, dunque, modificato otto volte.

Le dimensioni che si trovano in giro sono abbastanza variabili, dovute probabilmente alle varie modifiche effettuate nel corso dei 15 anni, comunque si va dai 92 ai 106 metri per la lunghezza ed i 46 metri di apertura alare. Il peso massimo al decollo era di 540 tonnellate, e la velocità massima di 500 km/h. L’autonomia avrebbe raggiunto i 3.000 km.

La forma era abbastanza particolare. Le ali erano dritte, mentre la deriva sosteneva due enormi piani di coda dalla forma a V. L’altezza totale raggiungeva i 22 metri. Sulla fusoliera, presso la cabina, era montato un pilone largo da 32 a 40 metri, che serviva ad ospitare i motori.

Già, i motori. Dieci reattori Dobrynin VD-7 da 11.000 kg/s l’uno: erano loro a far muovere il KM. Otto di questi erano montati sul pilone, ed erano usati soprattutto in fase di partenza: generavano la “spinta” necessaria a sollevarlo, creando una “bolla d’aria” che teneva il KM separato dall’acqua, annullando l’attrito e permettendogli di raggiungere velocità molto elevate. Lo scarico di questi motori, inoltre poteva anche venire rivolto verso il basso, così da aumentare il flusso di aria sotto le ali. L’altezza massima raggiunta non è chiara, ma si parla di circa 4-6 metri.

Gli altri due motori erano montati sulla deriva, e servivano a farlo muovere.

Considerazioni sul KM

Insomma, l’ekranoplano KM era un velivolo per certi versi eccezionale, con delle prestazioni fuori dal comune. Ma aveva anche dei problemi. E nemmeno pochi.

  • Il KM volava a pochi metri sulla superficie. Tutto molto bello finché il mare è calmo. Se diventa mosso sono dolori: infatti, per generare l’effetto suolo serve una velocità minima, e le onde non aiutano. Inoltre, se finisce in acqua durante una tempesta sono guai, perché non è strutturalmente in grado di reggere ad onde forti.
  • La manovrabilità era molto complicata, paragonabile a quella di una grossa nave più che a quella di un aereo. E certe manovre erano quasi impossibili.
  • Consumava uno sproposito.

Insomma, sicuramente una macchina affascinante, ma che al giorno d’oggi probabilmente avrebbe trovato ben poco spazio. Anche se occorre dire che alla fine svolse il suo compito: era un dimostratore di tecnologia per velivoli ad effetto suolo di grandi dimensioni, ed aveva funzionato. Per certi aspetti, la sua missione l’aveva compiuta.

Dati Tecnici

  • Progettista: Rostislav Evgenievich Alexeyev
  • Tipologia: ekranoplano sperimentale
  • Primo volo: 16 ottobre 1966
  • Esemplari costruiti: 1
  • Lunghezza: 92 m
  • Altezza: 21,8 m
  • Apertura alare: 37 m
  • Superficie alare: 662,5 mq
  • Peso massimo al decollo: 544 tonnellate
  • Propulsione: 10 turbogetti Dobrynin VD-7 da 11.000 kg/s
  • Velocità massima: 500 km/h
  • Autonomia: 1.500 km
  • Tangenza: 4-6 m
  • Equipaggio: 2+

Video

Fonti

(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: К.Е.Сергеев. CC BY-SA 3.0)

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