Avete mai visto un carro armato con motori a reazione o a razzo? Probabilmente si, in qualche cartone animato giapponese, oppure nei fantasiosi disegni di un vostro nipotino.
Bene, veicoli del genere non sono proprio il frutto della fantasia: qualcuno li ha costruiti sul serio. Se vi state chiedendo chi possa aver avuto un’idea del genere, beh la risposta è facile: i sovietici. Infatti, ogni volta che si parla di veicoli “strani”, nove volte su dieci c’entra qualcosa l’Unione Sovietica (o la Germania nazista).
Un numero piuttosto limitato di veicoli blindati con la stella rossa vennero modificati negli anni settanta, installandoci sopra dei motori a razzo o turbogetti aeronautici. Lo scopo era verificare la fattibilità e la convenienza di una simile soluzione.
Ma perché i sovietici fecero questi test? E come andò a finire?
Scopriamolo.
Origine dei carri armati a reazione
L’origine di questa idea si può trovare nella dottrina militare sovietica durante la Guerra Fredda: raggiungere il Canale della Manica dopo una lunga “cavalcata” attraverso l’Europa Occidentale, che avrebbe dovuto essere sommersa da una vera e propria valanga di carri armati.
L’Armata Rossa, al riguardo, era ben attrezzata: decine di migliaia tra veicoli corazzati e blindati, che numericamente surclassavano di gran lunga le forze NATO.
Ovviamente, per un attacco del genere, era essenziale la rapidità. Ora, finché si restava sulle strade non c’era problema, ma cosa sarebbe successo sul terreno accidentato? O in uno paludoso? L’avanzata sarebbe sicuramente rallentata.
Furono valutate diverse soluzioni: carri armati anfibi, “bestie” con quattro cingoli (due per lato)… Ma nessuna soluzione era ideale: tra corazze troppo leggere, costi esagerati e problemi tecnici e produttivi, tutte queste soluzioni erano impraticabili.
Fino al momento in cui a qualcuno venne l’idea:
E se facessimo un carro armato capace di accelerare bruscamente per superare gli ostacoli?
Ingegnere capo pieno di idee
Bella idea compagno. Ma come lo acceleri?
Generale delle forze corazzate
Semplice: con motori a razzo
Ingegnere capo pieno di idee
Tra applausi scroscianti e medaglie, i progettisti si misero al lavoro.
Il carro armato a razzo
I progettisti presero il carro armato più comune dell’arsenale sovietico: il T-54, una bestiola da una quarantina di tonnellate costruito in numeri da utilitaria (circa 100.000, inclusi quelli su licenza).
Come lo modificarono? Beh, in breve presero i motori a razzo dei MANPADS (i missili antiaerei portatili per la fanteria) e li montarono lateralmente allo scafo. Poi videro se funzionava.
I risultati non furono proprio il massimo.
O meglio: il carro armato effettivamente riusciva ad accelerare come richiesto dai progettisti, superando di slancio ostacoli e terreni paludosi. Il problema era l’impossibilità di controllare il veicolo. I motori a razzo, infatti, una volta accesi non potevano più essere spenti. Contemporaneamente, era impossibile modularne la potenza. Il risultato era che il nostro T-54 poteva andare solo dritto. Non esattamente l’ideale…
C’era poi il problema dei motori: ne servivano veramente tanti, e potevano non essere disponibili. Senza contare poi che andare in battaglia con dei motori a razzo pieni di carburante sulle fiancate non era il massimo della sicurezza!
Però l’idea meritava di essere sviluppata: il carro armato a razzo, infatti, con due fiammate che ruggivano sui lati, aveva superato ostacoli che avrebbero bloccato inesorabilmente tutti i veicoli “normali”.
Valeva la pena di approfondire.

Arrivano i motori a reazione: il PT-76 “jet”
Il PT-76 è un carro armato anfibio da una quindicina di tonnellate, progettato negli anni cinquanta ed ancora in servizio in parecchi eserciti per la sua praticità.
I tecnici decisero che questo carro armato poteva avere un senso anche con un motore a reazione. Anzi, due motori a reazione. Degli Ivchenko AI-25, per essere precisi, dei turbogetti degli anni sessanta utilizzati su vari velivoli del Patto di Varsavia (il trimotore Yakolev Yak-40 e l’addestratore cecoslovacco Aero L-39). Due di questi motori, lunghi più di tre metri e con un peso a vuoto di 350 kg, furono montati sopra lo scafo del già citato PT-76.
Il veicolo così modificato prese il nome di Modello 015, dal numero che era dipinto sullo scafo. Poi fu confrontato con un BMP-1, un veicolo da combattimento da fanteria (che per la cronaca è più veloce e pesa meno).
I risultati furono ottimi: lo “015” letteralmente sfrecciava su tutti gli ostacoli, sguazzava inarrestabile nel fango e superava pendenze di 32° al triplo della velocità normale!
Questo era possibile grazie ai due motori, che consumavano quasi 470 kg di carburante all’ora, ma in compenso sprigionavano oltre 1.700 chilogrammi forza, permettendo un’accelerazione che era 20 volte quella normale.

Il modello definitivo: il carro armato a reazione BMP-1
Visto il successo dei test, i progettisti pensarono ad una soluzione più razionale e militarmente valida: due motori a reazione sul tetto di un carro armato non sono il massimo, come sicurezza.
Quindi, presero un veicolo corazzato da fanteria, un BMP-1: un “giocattolino” da 12 tonnellate, che poteva viaggiare a 65 km/h. Dentro questo veicolo installarono i due motori a reazione AI-25.

L’installazione fu piuttosto semplice. Il BMP-1, infatti, internamente è diviso in due sezioni: una per l’equipaggio, l’altra per la fanteria (9 soldati), che può uscire grazie a due portelli sul retro. Bene, i due motori furono installati in questa sezione, sfruttando per gli scarichi i portelli di uscita.
Il prototipo così modificato fu chiamato Modello 025, sempre per via del numero identificativo sullo scafo.
Il BMP-1 così modificato confermò gli ottimi risultati in termini di mobilità ottenuti con il precedente PT-76 “015”.

Conclusioni sui carri armati a reazione
I veicoli corazzati con i motori a reazione si erano rivelati efficaci:
- superavano ostacoli di tutti i tipi (pendenze, corsi d’acqua, paludi);
- avevano una grande accelerazione;
- erano perfettamente controllabili nonostante la potenza (al contrario di quelli a razzo).
Tuttavia, i modelli 015 e 025 rimasero delle esperienze isolate. Perché non furono adottati? Beh, i problemi in realtà erano parecchi:
- erano pericolosi per gli equipaggi (un motore a reazione, carico di carburante, se colpito diventa una palla di fuoco);
- consumavano uno sproposito;
- erano un incubo con la manutenzione;
- avevano un costo elevato (convertire migliaia di veicoli corazzati “normali” con motori a reazione sarebbe stato un massacro per l’economia sovietica).
Per farla breve, i problemi furono tali che si preferì lasciar perdere.
Video
Fonti
- The Soviet Union’s Rocket Tank Was an Explosively Bad Idea – popularmechanics.com
- BMP with jet engines – yandex.ru
- Soviet tank with rocket boosters – yandex.ru
(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: Z. Chmurzyński, Wojskowy Przegląd Techniczny 7/1987. Public Domain Polonia)