Cannone 100 tonnellate

Armstrong RML 17.72-inch, il cannone inglese da 100 tonnellate

Il protagonista di questo articolo è un cannone della seconda metà dell’ottocento. Un cannone pesante 100 tonnellate, costruito dalla Armstrong inglese e chiamato RML 17.72-inch. Potente, grosso e soprattutto costoso. Inizialmente venne proposto alla Royal Navy britannica, ma questa lo rifiutò. Successivamente, la Armstrong riuscì a “piazzarlo” alla Regia Marina italiana, costringendo gli inglesi a rivedere le loro intenzioni originarie. Un’arma probabilmente eccessiva, mai usata in combattimento, ma che diede vita ad una sorta di “gara” tra Gran Bretagna ed Italia, in un periodo in cui la potenza di un Paese si misurava in navi corazzate.

Le origini del cannone da 100 tonnellate

Le artiglierie inglesi

Nella seconda metà dell’ottocento la Royal Navy britannica era la dominatrice dei mari: aveva più navi, tattiche migliori ed una tradizione nella guerra navale che gli altri Paesi potevano solo invidiare. Per mantenere questa superiorità, però, occorrevano tecnologie all’avanguardia: corazze per proteggere le proprie unità ed artiglierie per affrontare i nemici.

All’epoca, il più potente cannone inglese era il 320 mm (RML 12.5-inch, secondo la nomenclatura inglese): un pezzo ad avancarica capace di sparare circa 370 kg di proiettile a 5.900 metri. Per l’epoca non era affatto male, ed era considerato più che sufficiente per le esigenze della marina inglese. Lo stesso peso di 38 tonnellate, poi, non era eccessivo e lo rendeva abbastanza gestibile. Ma la tecnologia navale andava avanti, e le marine degli altri Paesi volevano recuperare terreno nei confronti di quella inglese.

La “corsa” delle artiglierie

Così, intorno al 1870, i francesi misero in cantiere un cannone navale da 420 mm, per equipaggiare le nuove corazzate della classe Terrible (due per nave). Questo cannone pesava 76 tonnellate, praticamente il doppio del 320 inglese! Quindi, alla Royal Navy serviva qualcosa di più grosso. Bisogna tenere presente che all’epoca gli aerei non esistevano, i missili balistici nemmeno e che la potenza di un Paese si misurava dalla potenza della sua flotta: più corazzate avevi, più eri considerato importante sul piano internazionale. Le corazzate, insomma, erano un po’ l’equivalente delle bombe atomiche. Non era strano quindi che nessuno volesse rimanere indietro, e che ad ogni innovazione o potenziamento da una parte seguisse una reazione da parte dell’altra (o delle altre).

RML 16-inch
Fotografia del 1896 raffigurante una torre binata con i cannoni RML 16-inch da 406 mm, della corazzata HMS Inflexible. Questi cannoni, potenti e costosi, erano lunghi e complicati da produrre. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Israel, Ulrich. Public Domain

La Royal Navy, quindi, richiese un cannone più grosso, da 80 tonnellate: il risultato fu un 406 mm (RML 16-inch), sempre ad avancarica, che poteva sparare 760 kg di proiettile a 7.300 metri. Decisamente niente male, anche se era complesso e richiese una messa a punto piuttosto lunga. Il Royal Arsenal (che aveva il monopolio della costruzione di artiglierie per le forze armate britanniche) ne realizzò otto, di cui la metà andarono ad equipaggiare la HMS Inflexible (su cui torneremo dopo).

Nel frattempo Armstrong, il più importante produttore e progettista di artiglierie britannico, propose quella che doveva essere l’arma definitiva per il dominio dei mari: un cannone da 100 tonnellate, da 450 mm. Era qualcosa di immenso, costoso all’inverosimile ma estremamente potente. La Royal Navy però non si lasciò convincere: il 406 era un calibro che andava più che bene, era all’altezza di quello che stavano realizzando i francesi e garantiva comunque una certa superiorità. Anche perché, lo stesso 406 non era esattamente un cannone economico e semplice da realizzare: costava 10.000 sterline, e ci volevano 18 mesi a costruirne uno.

Arrivano gli italiani

Il “terzo incomodo”

Le grandi potenze navali dell’epoca erano Gran Bretagna e Francia. A livello globale, le flotte degli altri Paesi non potevano competere in alcun modo. A livello regionale, però le cose potevano riservare sorprese. Una di queste sorprese fu l’Italia. Il neonato Regno d’Italia, per la sua posizione in mezzo al Mediterraneo, iniziò subito una politica di espansione navale. Inizialmente, questa politica puntava solo a contenere l’Austria-Ungheria (che non era esattamente una potenza navale, anche se aveva sconfitto la Regia Marina a Lissa nel 1866), ma poi le cose cambiarono. Nel 1869, con l’apertura del canale di Suez, l’Italia decise di dotarsi di una flotta decisamente più potente, in grado di proteggere le sue navi mercantili e difendere gli interessi nazionali.

Corazzata Caio Duilio
La corazzata Caio Duilio nel 1880. Niente a che vedere con i “mostri” della seconda guerra mondiale, ma per l’epoca era una nave moderna e micidiale. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: autore sconosciuto. Public Domain

Poco dopo il 1870, la Regia Marina iniziò a lavorare sul progetto di una nave corazzata a torri, la Caio Duilio. Erano navi piuttosto potenti, all’altezza delle realizzazioni degli altri Paesi: 12.000 tonnellate a pieno carico, ed un armamento principale di quattro cannoni in due torri girevoli. La questione erano i cannoni. La regia Marina per le sue nuove corazzate voleva il meglio, e si rivolse agli inglesi. Inizialmente, l’idea era di utilizzare normali artiglierie di progetto Armstrong da 305 mm (RML 12-inch): moderne, potenti e non troppo costose (poco più di 2.000 sterline l’una). Oltretutto, erano anche relativamente facili da gestire, con un peso di 35 tonnellate.

Entra in scena la Elswick

Armstrong però decise di stuzzicare le ambizioni italiane. Infatti, se il monopolio della costruzione delle artiglierie per la Royal Navy era del Royal Arsenal, le altre aziende britanniche produttrici di cannoni per sopravvivere dovevano inevitabilmente rivolgersi al mercato estero. La principale di queste aziende, la Elswick Ordnance Company, era di proprietà dello stesso Armstrong.

Gli affari sono affari, ed i responsabili commerciali dell’epoca erano pronti a scatenare il panico offrendo alla neonata marina italiana cannoni sempre più grossi e costosi per le nuove navi. Gli ingegneri della Regia Marina non si fecero troppi scrupoli a modificare il progetto della Caio Duilio, adattandolo ai nuovi calibri proposti. Vista la mancanza di problemi da parte degli italiani, la Elswick mise sul tavolo la proposta definitiva: “avremmo il progetto di un cannone da 450 mm. Costa un po’, ma è il migliore. Vorreste essere i nostri clienti di lancio?”.

Cannone da 100 tonnellate sulla Caio Duilio
Raffigurazione di una delle torri della corazzata Caio Duilio. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: autore sconosciuto, The railroad and engineering journal 1887. Licenza libera

Un supercannone per le nuove corazzate era esattamente quello che la Regia Marina cercava. I soldi si sarebbero trovati, in qualche modo. Detto fatto, gli italiani piazzarono un ordine per otto esemplari (le navi previste erano due).

Per la cronaca, l’industria cantieristica italiana all’epoca non era in grado di costruire navi così complesse, quindi dovette essere importato quasi tutto il necessario alla costruzione.

Le due navi erano state progettate dall’architetto navale Benedetto Brin, il più grande progettista navale italiano del tempo. Queste unità, oltre all’armamento, avevano un grosso punto di forza nella corazzatura: una cintura corazzata spessa 55 centimetri proteggeva tutte le aree vitali della nave (sala macchine, magazzini, depositi, ecc.), mentre sul resto dello scafo era compresa tra 3 e 5 centimetri. Per ridurre il rischio di affondamento, la parte meno corazzata era divisa in tanti piccoli compartimenti stagni. Insomma, da progetto era considerata praticamente inaffondabile, visto che nessun cannone dell’epoca poteva perforare le corazze da oltre mezzo metro progettate da Brin.

Il cannone da 100 tonnellate

Vediamo adesso il famoso cannone da 100 tonnellate, oggetto dell’articolo. Era grosso, su questo niente da dire: un 450 mm (RML 17.72-inch) pesante 103 tonnellate e lungo 9,2 metri (dati della canna). Il proiettile pesava oltre 900 kg, e la gittata massina era di 6.000 metri. All’epoca, era il più potente pezzo di artiglieria in servizio, capace di perforare qualunque corazza esistente. L’unico cannone dell’epoca che avrebbe potuto tenergli testa era il 406 mm, ma era ancora in costruzione nel Royal Arsenal.

Un punto dolente era la celerità di tiro: definirla bassa è un gentile eufemismo. Sulle Caio Duilio, si arrivava ad un colpo ogni 15 minuti… Praticamente un’eternità. Ma se fosse riuscito a colpire il bersaglio, gli effetti sarebbero stati devastanti. Caricarlo non era una cosa semplice. Prima di tutto, si trattava di un cannone ad avancarica, quindi il proiettile andava inserito dalla bocca. Sollevare 900 kg di proiettile a mano era fuori discussione, quindi venne realizzato un sistema automatico. In pratica, dopo ogni colpo bisognava ruotare la torre, abbassare le canne fino a portarle in linea con un sistema di calcatoi idraulici. Questi provvedevano a “spingere” nella canna i proiettili e la carica di lancio. Un sistema né semplice né rapido.

Sistema di caricamento cannone da 100 tonnellate
Il sistema di caricamento per questi colossali cannoni sulle unità della classe Duilio. A causa delle dimensioni dei proiettili, i progettisti furono costretti a ricorrere ad un complesso sistema meccanico. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: autore sconosciuto. Public Domain

Probabilmente, era anche possibile sparare con una rapidità maggiore. Alcune fonti parlano di un colpo ogni sei minuti, ma non è chiaro se si riferiscano a situazioni particolari, come ad esempio all’interno di un poligono durante le prove. Potrebbe anche trattarsi di un valore riferito alle artiglierie costiere, che forse avevano un sistema di ricarica meno macchinoso. Scendere sotto i sei minuti, comunque, non era consigliabile: il rischio era quello di “stressare” troppo la canna, rompendola (come poi accadde).

Ultima cosa, il costo del cannone. La Royal Navy lo rifiutò perché troppo costoso, ed era vero: 16.000 sterline ad esemplare. Forse l’Italia, come cliente di lancio, ebbe uno sconto, ma si trattava sempre di una grossa somma.

Le reazioni internazionali

La costruzione di navi del genere non poteva passare inosservata. Anche perché, parliamoci chiaro, se realizzi le corazzate più potenti della tua epoca, non è che le usi per andare a pesca di tonni.

La reazione francese

Sicuramente, quelli che la presero peggio furono i francesi. L’Italia, all’epoca, non aveva un gran rapporto con il potente vicino, anzi. Le relazioni bilaterali erano pessime, ed il fatto che il neonato Regno d’Italia avesse messo in cantiere cose del genere era considerato dai transalpini una provocazione. Ovviamente, bisognava reagire in qualche modo: la sola Caio Duilio avrebbe potuto tenere a bada l’intera flotta francese del Mediterraneo, senza una sola nave in grado di impensierirla.

Quindi, nel 1877, i francesi misero in cantiere la classe Terrible: quattro navi corazzate da oltre 7.000 tonnellate, ognuna delle quali armata con due cannoni da 420 mm in torri singole (le uniche armi che avevano all’altezza dei 450 mm italiani). Probabilmente, all’inizio i cannoni avrebbero dovuto essere di calibro inferiore, anche perché il loro scopo era contrastare la flotta tedesca (che non aveva niente di lontanamente paragonabile). L’attività navale italiana costrinse i francesi ad aumentare il calibro delle armi, ed a schierare alcune di queste navi nel Mediterraneo. Non ebbero comunque una gran vita operativa, visto che il loro comportamento in mare era pessimo.

Il punto di vista britannico

La situazione inglese invece era più complessa. Prima di tutto, la Gran Bretagna non aveva contese con l’Italia, quindi era evidente che le due navi non rappresentavano un pericolo. C’erano però un paio di questioni importanti.

  • Prima di tutto, preservare la superiorità navale inglese. La Gran Bretagna infatti aveva un impero coloniale, ambizioni globali… La sua marina non aveva mai perso una battaglia, e le sue navi erano sempre le migliori. Non poteva rischiare di veder offuscata la sua fama (navale) da un Paese che dieci anni prima nemmeno esisteva, tantomeno poteva tollerare che la sua superiorità fosse messa in pericolo. Le Duilio, inoltre, avevano dei problemi ma erano superiori alle contemporanee navi britanniche… Insomma, si trattava di preservare la superiorità navale nel Mediterraneo ed il prestigio della Royal Navy.
  • La seconda questione riguardava l’irredentismo italiano. L’irredentismo era una corrente di pensiero che voleva riunire, sotto la bandiera del Regno d’Italia, tutti i territori della regione geografica italiana oppure popolati da italofoni. Questo portava a dispute piuttosto serie con vari Paesi, in particolare l’Impero Austroungarico (Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Istria, ecc.) e la Francia (Nizza, Corsica, Savoia).

Il problema di Malta

Qualcuno si potrà chiedere: e la Gran Bretagna che cosa c’entrava? Risposta molto semplice: Malta.

L’isola, infatti, rientra nella già citata regione geografica italiana, ed era uno degli obiettivi dell’irredentismo. Certo, una guerra con la Gran Bretagna non era in programma, i rapporti reciproci erano piuttosto buoni… Però la “questione Malta” iniziò ad agitare i sonni dell’Ammiragliato. La possibilità di una guerra, per quanto remota, esisteva sempre. E poi, era sempre possibile un colpo di mano della Regia Marina: occupare l’Isola di sorpresa e mettere gli inglesi davanti al fatto compiuto.

Malta era (ed è tuttora) la chiave del Mediterraneo: posta al centro, è vitale per il controllo del traffico navale. Le sue difese, per quanto potenti, non erano in grado di reggere un combattimento contro le Duilio italiane, per una semplice questione di gittata: i cannoni delle due navi potevano sparare più lontano di quelli inglesi, e quindi avrebbero potuto distruggere le difese costiere senza rischiare di incassare nemmeno un colpo!

Batteria principale della corazzata Duilio
La batteria principale della Caio Duilio: due torri con quattro cannoni da 450 mm. Il timore britannico era quello di ritrovarseli davanti Malta. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: autore sconosciuto. Public Domain

La reazione inglese

Gli inglesi agirono in due modi: realizzando una nave che potesse contrastare le Duilio (la già citata HMS Inflexible) e, soprattutto, aumentando le difese di Malta. Per questo serviva un cannone, ma di quelli grossi. I produttori di armi inglesi proposero vari progetti, ma ovviamente quello che mancava era il tempo. La Royal Navy pensò, in un primo momento, di utilizzare i cannoni da 406 mm, ma non sarebbero mai stati consegnati in tempo: il Royal Arsenal riusciva a produrne uno ogni 18 mesi, decisamente troppo!

Quindi, la marina prese l’unica decisione possibile: acquistare il 450 mm prodotto dalla Elswick, rompendo di fatto il monopolio sulla fornitura di artiglierie che aveva l’arsenale.

Fun fact. Anche negli Stati Uniti la nuova nave venne notata. Un senatore affermò che la Duilio, da sola, avrebbe potuto affondare l’intera flotta americana, e la prese ad esempio di quello che sarebbe servito alla US Navy.

Decisamente, erano altri tempi.

Il cannone da 100 tonnellate entra in servizio

Il servizio in Italia

L’Italia ordinò complessivamente 11 cannoni da 450 mm: otto per le corazzate, uno per il pontone Forte (faceva parte della difesa del porto di La Spezia) e due di ricambio. I ricambi furono molto utili. Infatti, durante dei tiri di prova, una delle artiglierie della Duilio si ruppe: il test era stato fatto con una carica di lancio di 255 kg, il valore massimo. Dopo questo incidente, il cannone fu ovviamente sostituito, e il valore massimo della carica fu abbassato per sicurezza a 204 kg.

La vita operativa di questi cannoni, come del resto quella delle Duilio, fu senza storia. Le due navi, entrate in servizio a partire dal 1880, non furono mai impiegate in combattimenti, e svolsero attività di routine nel Mediterraneo. La Duilio fu radiata nel 1909, mentre la gemella Enrico Dandolo sopravvisse fino al 1920, utilizzata per la sorveglianza dei porti. Entrambe le navi sono state demolite. Stesso discorso i cannoni.

Cannone da 100 tonnellate durante le prove
Uno dei cannoni da 100 tonnellate (450 mm) in una raffigurazione del 1876. Il cannone è montato su un pontone per le prove. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Francesco Canedi. Public Domain

Il servizio con la Gran Bretagna

Nel 1878 la Gran Bretagna ordinò quattro “cannoni da 100 tonnellate”: una vera corsa contro il tempo, visto che nel 1877 la Duilio aveva iniziato le prove in mare. I 450 mm, inizialmente, erano destinati alla piazzaforte di Malta, per le già citate questioni legate all’irredentismo. Ma le cose non vanno sempre come previsto. Il governatore di Gibilterra, non appena venne a conoscenza di questo ordinativo, si impuntò:

“Gibilterra è la porta di accesso al Mediterraneo! Se date questi cannoni a Malta li dovete dare anche a noi!”

Il ragionamento non faceva una piega. I cannoni vennero equamente divisi: due a Malta e due a Gibilterra. Anche perché, visti i costi, un altro ordinativo era da escludere.

Cannone da 100 tonnellate a Gibilterra
Uno dei cannoni posizionati a Gibilterra. Queste artiglierie, esattamente come quelle di Malta, non spararono mai contro il nemico, e furono usate solo nelle esercitazioni. Immagine derivata da Wikimedia Commons. Credits: Wavering. CC BY-SA 3.0

I cannoni da 100 tonnellate furono tutti consegnati entro il 1884: le Duilio erano già in servizio da alcuni anni, ma visto che non si presentarono mai davanti Malta (o Gibilterra), il ritardo fu indolore. Alla fine, quindi, furono usati solo per tiri di prova. E nemmeno troppo spesso, visto che un proiettile costava quanto lo stipendio giornaliero di 2.600 soldati. Gli artiglieri si limitavano a sparare un colpo ogni tre mesi, e nonostante questo riuscirono a romperne uno. A Gibilterra, per essere precisi. Durante un’esercitazione, si tentò di aumentare la celerità di tiro: la prova ebbe successo, visto che si riuscì a sparare un colpo ogni due minuti e mezzo. Un tempo clamoroso! Piccolo problema: la canna del cannone non ce la fece a reggere lo stress, e si ruppe. Possiamo immaginare la gioia dei militari, costretti a buttare 16.000 sterline di cannone quasi nuovo…

I cannoni da 100 tonnellate furono radiati nel 1906, quando il progresso tecnologico rese questi cannoni drammaticamente obsoleti.

Le artiglierie di Malta comunque ebbero un loro ultimo momento di gloria nell’agosto 1914. L’incrociatore da battaglia tedesco Goeben, nel Mediterraneo allo scoppio della prima guerra mondiale, stava cercando di raggiungere Costantinopoli, e probabilmente sarebbe passato dalle parti di Malta. Gli inglesi, quindi, pensarono di utilizzare le artiglierie dell’isola per fermarlo, in particolare i 450 mm: in fondo, all’epoca erano stati i cannoni più potenti della loro epoca, contro una nave tedesca avrebbero potuto dire la loro! Ma non era così: i cannoni da 100 tonnellate erano ad avancarica, obsoleti, capaci di sparare un colpo ogni sei minuti a 6.000 metri, mentre i 280 mm del Goeben avevano una celerità di tiro di tre colpi al minuto, con gittata di 19.000 metri. La cosa migliore era lasciar perdere.

La sfida delle artiglierie continua

I commerciali della Elswick potevano brindare: non solo erano riusciti a vendere ad un prezzo esorbitante un cannone che la Royal Navy aveva rifiutato, ma avevano anche rotto il monopolio del Royal Arsenal. E la cosa non sarebbe finita qui.

La regia Marina, infatti, quando si trattò di acquistare i cannoni per le corazzate successive (le due classe Italia e le tre classe Ruggiero di Lauria) si rivolsero sempre alla Elswick. L’azienda, che ben conosceva le esigenze italiane, presentò dei pezzi da 432 mm, questa volta di concezione più moderna (erano a retrocarica). La Royal Navy si trovò nuovamente in difficoltà: i cannoni a retrocarica BL 13.5-inch da 343 mm del Royal Arsenal erano in ritardo (l’arsenale non era molto esperto di grandi artiglierie a retrocarica), e comunque erano troppo piccoli rispetto a quelli italiani. Quindi, per mantenere la parità navale, fu costretta a rivolgersi nuovamente alla Elswick per comprare qualcosa di simile.

L’azienda britannica fu ben felice di proporre alla marina i BL 16.25-inch da 413 mm: pesanti qualcosa come 110 tonnellate, avevano una celerità di tiro pessima (un colpo ogni quattro o cinque minuti) ed oltretutto erano anche soggetti a rotture. In alcuni casi poi, per installare le nuove artiglierie, i tecnici furono costretti a modificare il progetto originario delle navi. La Royal Navy, probabilmente, avrebbe fatto volentieri a meno di questa “sfida navale” con la Regia Marina!

Alla fine, la vera vincitrice di questa corsa alle artiglierie fu la Elswick, visto che riuscì a vendere cannoni giganti e per certi aspetti poco riusciti, costosi e di dubbia utilità a ben due marine militari.

I cannoni da 100 tonnellate oggi

Nonostante lo scarso numero costruito, oggi possono essere ammirati ben due di questi colossali cannoni:

  • Batteria Napier di Magdala, a Gibilterra;
  • Batteria Rinella, a Malta.

I cannoni furono lasciati sul posto perché erano talmente grossi ed ingombranti che i costi per rimuoverli e smantellarli sarebbero stati eccessivi. Dopo anni di abbandono, sono stati restaurati e sono in ottime condizioni. Il 450 mm a Malta è rosa: non è uno scherzo, né un fenomeno naturale. Semplicemente, in anni recenti si decise di dipingerlo di quel colore. Per la cronaca, esistono anche foto in cui è giallo. Insomma, ogni tanto lo ridipingono…

Cannone da 100 tonnellate rosa
Il cannone di Fort Rinella, con il suo inconfondibile colore rosa. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Tony Hisgett. CC BY 2.0

Appendice: il sistema di designazione inglese

Leggendo la pagina, sono comparsi davanti ai cannoni sigle come BL e RML. Non sono né parolacce né insulti, ma sigle convenzionali che utilizzano le forze armate britanniche per identificare i tipi di cannone. Molto in breve, e senza scendere troppo nei particolari, abbiamo quattro categorie principali.

  • BL, “Breech Loading”: indica i cannoni a retrocarica, in cui il proiettile e la carica di lancio vengono inseriti dalla parte posteriore della canna, chiamata culatta. Proiettile e carica di lancio sono separati.
  • ML, “Muzzle Loading”: si tratta dei cannoni ad avancarica, in cui il proiettile e la carica di lancio vengono infilati dalla cima della canna (cosiddetta “volata”). Se troviamo la sigla MLR, R sta per “rifled”: indica che l’interno della canna non è liscio, bensì rigato. Serve ad aumentare la precisione dei proiettili.
  • PR, “Pounder”, ovvero libbre: indica il peso del proiettile all’uscita dalla canna.
  • QF, “Quick Firing”: letteralmente “a fuoco rapido”, sta ad indicare i cannoni a retrocarica in cui il colpo è un “blocco unico”, comprendente sia la carica di lancio sia il proiettile.

Fonti

(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: Julo. Public Domain)

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