La storia dei bunker in Albania è abbastanza curiosa. In questo piccolo Paese balcanico, che si affaccia sul Mar Adriatico, ce ne sono circa 175.000: più o meno, sei per chilometro quadrato! Una quantità enorme, che sommato allo spropositato numero di tunnel sotterranei, ne fanno il Paese al mondo con più gallerie in assoluto (dopo la Nord Corea, naturalmente). In rete si trova spesso anche il numero di 750.000, ma non è corretto.
I bunker in Albania sono praticamente ovunque: nei campi, nelle città, nei cimiteri, sulle spiagge, dentro gli hotel… Ma come si è arrivati ad una situazione del genere? Perché gli albanesi hanno usato (sprecato sarebbe il termine esatto) una quantità enorme di risorse per costruire queste strutture?
Il motivo è legato, essenzialmente, alla dottrina militare locale ai tempi della Guerra Fredda, unito all’isolamento internazionale a cui il dittatore locale Enver Hoxha aveva portato il suo Paese per motivi puramente ideologici. Oltre ai rapporti non proprio idilliaci con i vicini…
Insomma, un mix micidiale che la lasciato in eredità agli splendidi paesaggi albanesi innumerevoli “cupole” di cemento armato, difficili da togliere ed ancora di più da riutilizzare.
La politica albanese durante la Guerra Fredda
Durante la Guerra Fredda, l’Albania era un Paese fortemente isolazionista. Socialista, si, ma assolutamente non allineato agli altri membri del “blocco” comunista.
Il problema, di fondo, era l’esasperato marxismo-leninismo dei suoi leader (Hoxha in particolare), nonché l’assoluto anti-revisionismo che caratterizzava il loro pensiero. A questo, si aggiunsero grossi problemi con i Paesi vicini. Approfondiamo.
- Albania e Jugoslavia stipularono nel 1946 un trattato di amicizia, a cui seguirono una serie di sforzi per integrare le due economie. In seguito, si tentò addirittura di far ammettere l’Albania nella Jugoslavia come “settima repubblica”, ma la cosa saltò quando quest’ultima fu espulsa dal Comintern, nel 1948. A questo punto, Hoxha ruppe tutti i rapporti con l’ingombrante vicino e fece entrare il suo Paese nell’orbita sovietica.
- I rapporti tra Albania ed URSS entrarono in crisi dopo la morte di Stalin e la “destalinizzazione” portata avanti da Khrushchev, e si interruppero del tutto nel 1961. Nel 1968 l’Albania abbondonò il Patto di Varsavia per protesta contro l’invasione della Cecoslovacchia.
- Dal 1961, l’Albania iniziò a stringere rapporti sempre più stretti con la Cina, il cui comunismo era considerato più “ortodosso” rispetto a quello sovietico. Tuttavia, nel 1978 ruppe definitivamente i rapporti anche con il colosso asiatico, che ormai iniziava ad aprirsi all’Occidente ed iniziava un processo di distensione con il vecchio nemico americano.
Da quel momento, il Paese si chiuse nell’isolamento più totale, rimanendo di fatto “l’ultimo baluardo del marxismo”.

Le forze armate nell’Albania comunista
Come si sarà capito, i rapporti dell’Albania con i vicini non erano proprio idilliaci, anzi! Senza entrare troppo nei dettagli, un Paese piccolo, povero ed uscito distrutto dalla seconda guerra mondiale si ritrovò in una situazione molto poco invidiabile.
- Jugoslavia: i rapporti erano pessimi, ed inoltre gli albanesi erano convinti che il loro vicino avesse delle rivendicazioni territoriali.
- Grecia: Paese della NATO, quindi nemico a prescindere. Oltretutto, vi era uno stato di guerra tra i due Paesi risalente al 1940, quando l’Italia fascista aveva invaso il Paese ellenico partendo proprio da basi albanesi (all’epoca dominio del Regno d’Italia). Per la cronaca, i due Paesi ripresero le relazioni diplomatiche solo nel 1971, e le normalizzarono definitivamente nel 1987.
- Italia: altro Paese NATO. Oltretutto, l’Adriatico è un mare che può essere molto stretto, e Hoxha pare temesse parecchio uno sbarco italiano sulle sue coste.
Come affrontare questi avversari? Semplice: con la guerriglia.
La dottrina militare albanese prevedeva una mobilitazione popolare che, sfruttando al massimo le caratteristiche montuose del terreno, avrebbe dovuto contrastare le invasioni nemiche, preservando l’unità nazionale ad ogni costo. Del resto, quello che aveva funzionato negli anni quaranta contro i tedeschi, sarebbe stato efficace anche contro un’invasione da parte della NATO o della Jugoslavia. Almeno, questo era quello che pensavano i vertici dello stato socialista albanese…
In tutti i modi, l’intero apparato militare locale era costruito esattamente per questo, ed i bunker ne facevano parte integrante.
Vediamo ora com’era organizzata l’Armata Popolare d’Albania.

Esercito
Le forze di terra erano la componente principale: praticamente tre quarti degli effettivi complessivi dell’esercito erano fanteria. Dire che l’armamento era antiquato, in realtà, è riduttivo: assistere ad una parata dell’esercito popolare, negli anni ottanta, era un po’ come fare un viaggio indietro nel tempo senza usare la DeLorean.
- Quattro brigate di fanteria, equipaggiate con un mix di armi cinesi e sovietiche (a seconda delle alleanze del momento) o loro copie locali, integrati da equipaggiamenti italiani risalenti al secondo conflitto mondiale. Le artiglierie erano risalenti agli anni cinquanta nella migliore delle ipotesi.
- Una brigata corazzata, con carri armati T-34 (quelli della Seconda Guerra Mondiale) e T-54/55 degli anni cinquanta.
La motorizzazione era praticamente inesistente, visto che in tutto l’esercito c’erano appena 130 veicoli blindati!

Marina
Le forze navali erano buone solo per la difesa costiera: navi piccole e vecchie, che in caso di invasione avrebbero potuto fare veramente poco. Che navi erano? Senza entrare troppo nei dettagli, una manciata di pattugliatori cinesi classe Shangai (130 tonnellate circa) e cacciasommergibili sovietici classe Kronshtadt (300 tonnellate), oltre che quattro vecchi sottomarini degli anni cinquanta, sovietici pure loro (classe Whiskey per la NATO).

Aviazione
Ricordo una rivista di aviazione di fine anni novanta che definì l’aeronautica albanese una “macchina del tempo”. In effetti, se gli equipaggiamenti di esercito e marina erano antiquati, le forze aeree non facevano eccezione: una serie di MiG anni cinquanta, tra cui il più recente era il MiG-21, tra originali sovietici e copie cinesi. Stesso discorso gli altri velivoli ed elicotteri.
Per la cronaca, l’aviazione aveva anche una componente da trasporto: otto Ilyushin Il-14 di varie versioni, anche loro risalenti agli anni cinquanta, oltre ad una quindicina di piccoli biplani Y-5 cinesi (copie dei sovietici Antonov An-2).
Infine, vi era anche un bombardiere: un singolo Ilyushin Il-28 costruito su licenza in Cina (chiamato da quelle parti H-5), consegnato nel 1971.
Bisogna dire, comunque, che i tecnici albanesi fecero miracoli, nonostante la chiusura del Paese con l’esterno e la mancanza di pezzi di ricambio (per non parlare del carburante: quello prodotto localmente non era all’altezza, e rovinava i motori). I MiG-21, per dire, erano quasi tutti ancora in servizio all’inizio degli anni 2000. La stessa mancanza di pezzi di ricambio, comunque, provocò parecchi incidenti che portarono alla morte di 35 piloti in mezzo secolo.

Milizie varie
Accanto alle forze regolari, vi era anche la difesa civile e diversi movimenti giovanili, i cui membri venivano addestrati fin dall’età di 12 anni a “difendere il bunker più vicino alla loro casa”, oltre che a tenerlo in ordine. Questi poveracci uomini, in pratica, venivano mobilitati per due volte al mese per tre giorni, gli venivano distribuite le armi e svolgevano varie esercitazioni.
Tutto questo non riguardava solo alcune unità, ma praticamente tutti gli uomini e le donne in età militare!
Nelle intenzioni di Hoxha, quindi, l’Albania doveva essere uno Stato fortemente militarizzato, ed in teoria lo era: su una popolazione di tre milioni di abitanti, è stato calcolato che circa 800.000 persone erano impiegate nella Difesa a vario titolo!
La costruzione dei bunker in Albania
Il programma di “bunkerizzazione” (bunkerizimi in albanese) doveva servire ad appoggiare l’esercito albanese nella sua difesa ad oltranza del Paese. La loro costruzione, fortemente voluta da Hoxha, iniziò nel 1967 e si concluse solo nel 1986, un anno dopo la morte del premier socialista. In 19 anni furono realizzati in Albania oltre 175.000 bunker di ogni dimensione: un numero enorme!
Tipologie
I bunker, ovviamente, erano costruiti in acciaio e cemento armato, facendo un largo uso di componenti prefabbricati che venivano trasportati ed assemblati sul posto. In generale, ne esistevano tre tipi.

- Bunker QZ (Qender Zjarri): piccoli, adatti a due persone al massimo. Venivano realizzati in tre pezzi ed assemblati sul posto. Si tratta dei più diffusi, e sono una caratteristica molto (troppo) comune del paesaggio albanese. Per dire, intorno alla capitale Tirana ce ne stavano migliaia, in cinquanta cerchi concentrici intorno alla città. Furono posizionati praticamente ovunque, spesso in gruppi di tre collegati da tunnel prefabbricati di cemento armato.
- Bunker PZ (Pike Zjarri): cosiddetti “bunker comando”, erano molto più grossi. Avevano un diametro di otto metri e la calotta era composta da una serie di “spicchi”, anche questi assemblati sul posto.
- Bunker grandi: strutture speciali che non si possono inquadrare in una tipologia unica. Furono costruiti per “motivi strategici” sotto le montagne o i centri abitati, con lo scopo di ospitare i vertici dello Stato in caso di attacco nucleare, o mettere al sicuro armi ed industrie. Si tratta di migliaia di chilometri di gallerie, realizzati in grande segretezza, che rendono l’Albania il Paese al mondo con più tunnel in assoluto dopo la Nord Corea.

Costi
La costruzione di un simile “apparato” non fu affatto economica, anzi! Alcuni hanno calcolato che il costo fu più del doppio della Linea Maginot francese, utilizzando il triplo dei materiali! Ora, se già la Maginot fu uno sforzo notevole per un Paese industrializzato come la Francia, la costruzione di una simile mole di bunker fu per la debole economia albanese un colpo mortale.
Una mole enorme di risorse venne dirottata su un programma dalla dubbia utilità militare, trascurando completamente cose molto più urgenti, come case e strade. Un bunker piccolo richiedeva le stesse risorse per un appartamento di due stanze, mentre il costo di una ventina di questi era equivalente a quello di un chilometro di strada. Oltretutto, i bunker avevano anche un grosso consumo di suolo, riducendo i terreni coltivabili.
Insomma, se l’Albania alla fine della Guerra Fredda era il Paese più povero d’Europa, la colpa fu anche dei bunker.

A cosa servivano i bunker
Lo scopo dei bunker in Albania era molto semplice: permettere all’esercito locale (ed alle milizie) di resistere il più a lungo possibile ad un’invasione straniera (NATO o jugoslava), trasformando il piccolo Paese in una specie di Vietnam all’europea. La teoria della guerra di popolo, del resto, prevedeva una resistenza ad oltranza portata avanti dalle forze armate con l’appoggio della popolazione, usando le tecniche della guerriglia.
I bunker erano posizionati in ogni punto strategico immaginabile: montagne, punti di passaggio obbligati, vie di comunicazione, prati, spiagge. Furono costruiti anche dentro le città, ed in certi casi anche all’interno di edifici: in caso di invasione, i residenti avrebbero dovuto difendere la loro abitazione grazie al bunker sotto casa. Tutto questo, nell’ottica della guerra di popolo, avrebbe avuto perfettamente senso.

Critiche ai bunker in Albania
Ma questi bunker erano utili? D’accordo, erano costati uno sproposito ed avevano “ucciso” l’economia albanese, ma militarmente avevano un senso?
Risposta molto semplice: no.
In caso di guerra, era previsto che gli uomini di esercito e milizia occupassero i bunker e combattessero ad oltranza per difendere l’Albania. I problemi erano parecchi.
- La stragrande maggioranza dei bunker era progettata per ospitare uno o due uomini, che avrebbero potuto offrire una resistenza molto limitata.
- Rifornire i bunker di munizioni durante il combattimento era praticamente impossibile. Ugualmente impossibile era accumularne un numero adeguato prima del combattimento, viste le scarse dimensioni.
- Coordinare l’azione dei vari bunker era impensabile: sarebbero serviti oltre 100.000 radio portatili, e l’esercito albanese non le aveva.

Insomma, militarmente avevano poco senso: in caso di invasione l’Albania si sarebbe ritrovata con una marea di miliziani, privi di ordini e con poche munizioni, che tentavano di difendere delle posizioni fisse. Oltretutto, l’addestramento era molto scarso. Le famose esercitazioni bisettimanali di cui abbiamo parlato prima, infatti, non prevedevano l’uso delle munizioni, già scarse di loro…
Molto meglio, quindi, lasciar stare i bunker ed investire le risorse in un esercito professionale, addestrato ed equipaggiato con armi moderne.
Questi problemi vennero posti nel 1974 dallo stesso Ministro della Difesa, generale Beqir Balluku, in un discorso pubblico. Hoxha non apprezzò molto la critica: l’alto ufficiale venne accusato di tradimento, cospirazione, tentativo di colpo di Stato e fucilato l’anno successivo.
E la costruzione dei bunker proseguì per un altro decennio…
I bunker in Albania oggi
Il programma di bunkerizzazione venne interrotto con la morte di Hoxha, e gli stessi bunker vennero sostanzialmente abbandonati dopo il 1992, quando crollò il regime comunista albanese.
Queste strutture ebbero un loro “momento di gloria” durante gli scontri di frontiera con la Serbia, nel 1999, quando vennero utilizzati come rifugi. L’esercito di liberazione del Kosovo li usò come postazioni difensive, e lo stesso contingente NATO ne spostò decine per fortificare meglio una base. Furono usati anche durante le sommosse del 1997.
Il problema dei bunker in Albania è che sono ancora lì: si tratta pur sempre di strutture in cemento armato, e rimuoverle non è né semplice né economico. L’esercito albanese ha avviato un programma per toglierli dalle zone più turistiche (tipo le spiagge, dove li agganciano ai carri armati e li trascinano via) o dalle città, ma il lavoro è molto.

Visto che sono praticamente ovunque e fanno (loro malgrado) parte del paesaggio, gli albanesi cercano di “riciclarli” come meglio possono: stalle per animali, alloggi di fortuna, locali, ristoranti, magazzini… Inoltre, pare siano ottimi posti per infrattarsi. I più grandi e significativi sono stati trasformati in musei, come quello antiatomico sotto Tirana. La stragrande maggioranza, comunque, rimane abbandonata.
Un altro problema piuttosto serio è quello del loro precedente utilizzo sotto il regime: all’epoca, infatti, era tutto “top secret”, ed ancora oggi i governanti dell’Albania democratica spesso non hanno idea di come erano impiegate queste strutture.
Questo a volte può portare a spiacevoli sorprese: nel 2004, in uno di questi bunker furono ritrovate 16 tonnellate di armi chimiche, dimenticate lì dopo la caduta del comunismo (poi smaltite grazie all’aiuto americano).

Conclusioni
La costruzione dei bunker in Albania, dunque, richiese una montagna di risorse che avrebbero potuto essere utilizzate diversamente per cose molto più utili: non solo infrastrutture, me anche armi moderne. Tutto questo, unito all’isolamento internazionale, portò l’Armata Popolare ad essere estremamente inefficiente, nonostante la tanto decantata militarizzazione della società.
L’Albania, oltre a un’infinità di bunker inutili, si ritrovò con un esercito scarsamente addestrato, composto in gran parte da fanteria, equipaggiato con armi obsolete ed afflitto da una cronica mancanza di munizioni, carburante e pezzi di ricambio. L’addestramento era molto scarso, e le stesse milizie erano nei fatti di dubbia utilità.

La mobilità era un punto dolente: i carri armati erano pochi e vecchi, i veicoli blindati scarsi e le artiglierie trainate e non semoventi. Mancavano inoltre armi antiaeree adeguate.
Per farla breve, si decise di puntare tutto sulla guerra di popolo e le tattiche di guerriglia.
Tutto questo, all’inizio, provocò delle frizioni con l’esercito regolare, tanto che il Ministro della Difesa criticò questa impostazione, insistendo sulla necessità di un’armata moderna, professionale ed addestrata. Il problema, come abbiamo visto, venne risolto alla radice: Balluku ed i suoi sostenitori furono giustiziati e Hoxha prese il controllo dell’esercito.

Fonti
- Memorie dal sottosuolo. I bunker in Albania – insideover.com
- Il segreto dei 750mila bunker costruiti in Albania – supereva.it
- Bunkers of Albania – atlasobscura.com
- Hoxha’s Heroes -The Albanian People’s Army In Team Yankee -Parts 1 and 2 – researchgate.net
- Albania: a Country Study – marines.mil
- L’eterna amicizia sino-albanese – lavocedellaquila.com
- Albania – countrystudies.us
(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: Sigismund von Dobschütz. CC BY-SA 3.0)