Test Ivy Mike

Le armi nucleari: le bombe atomiche, all’idrogeno, a neutroni e al cobalto

Le armi nucleari sono tutte quelle armi la cui forza esplosiva deriva da una reazione nucleare a fissione, a fusione o da una combinazione tra le due (fonte: Treccani). Nella stragrande maggioranza dei casi, al giorno d’oggi sono contenute all’interno di testate per missili (balistici o da crociera) o bombe vere e proprie, anche se in passato sono stati anche sviluppati proiettili d’artiglieria appositi.

Un conflitto combattuto utilizzando prevalentemente questo tipo di ordigni prende il nome di guerra nucleare.

Tra le armi di distruzione di massa, quelle nucleari sono probabilmente le più famose.

Le armi nucleari possono essere di diversi tipi. In generale, la letteratura scientifica ne individua tre: bombe atomiche, a fusione ed a neutroni. A queste se ne possono aggiungere altre due: le bombe al cobalto e quelle “sporche“. Queste ultime vengono definite anche “armi radiologiche“, e costituiscono una categoria a parte che tratterò separatamente.

Introduzione tecnica

Prima di “partire” con le varie tipologie di armi nucleari, conviene fare una piccola introduzione tecnica, in modo da approfondire subito alcune questioni.

Potenza di un’arma nucleare

La potenza di un’arma nucleare si misura in chilotoni (anche: chiloton o kilotoni, simbolo kt). Un chilotone è l’equivalente dell’energia liberata dall’esplosione di 1.000 tonnellate di tritolo. Un multiplo del chilotone è il megatone (anche: megaton, simbolo Mt), costituito, appunto, da 1.000 kt.

Sopra il megatone troviamo il gigatone (anche: gigaton, simbolo Gt), equivalente a 1.000 Mt o 1.000.000 di kt.

Ma queste misure, praticamente, vengono utilizzate? Ni. Mi spiego: kilotoni e megatoni si usano comunemente per specificare la potenza di un’arma nucleare, mentre il gigatone è un’unità di misura decisamente troppo elevata. Per dare un’idea, la più potente arma nucleare mai costruita, la Bomba Zar, aveva una potenza di 50 Mt, pari a 0,05 Gt. Per la cronaca, Hiroshima e Nagasaki a livello di potenza praticamente non fanno testo, visto che nessuna delle due esplosioni ha raggiunto i 20 chilotoni.

Al giorno d’oggi, il gigatone è utilizzato anche in sismologia per indicare la potenza di un terremoto.

Se vi interessa, qui sul sito ho scritto un articolo su un simulatore di effetti delle esplosioni nucleari.

L’arricchimento dell’uranio

Ogni volta che si parla di energia nucleare, puntualmente, salta fuori il discorso dell’arricchimento dell’uranio. Cosa vuol dire? Provo a spiegare.

Prima di tutto, il protagonista del paragrafo: l’uranio. Si tratta di un minerale di simbolo U e numero atomico 92, che in natura ha tre isotopi principali, tutti radioattivi e presenti mediamente in varie percentuali.

  • Uranio 234 (U234): percentualmente trascurabile.
  • Uranio 235 (U235): 0,7% del totale, che è fissile.
  • Uranio 238 (U238): 99,3% del totale. Non è fissile ma è “fertile”, nel senso che si utilizza per creare il plutonio. Ha anche altre applicazioni che vedremo dopo.

Intuitivamente, per far funzionare un qualunque dispositivo atomico con l’uranio, questo deve essere fissile, quindi di tipo U235. Capirete che con lo 0,7% ci si fa molto poco, quindi questa percentuale va necessariamente aumentata. Bene, l’arricchimento dell’uranio è esattamente questo: dato un blocco di minerale, aumentare la percentuale di U235 a discapito dell’U238. Per farlo esistono vari sistemi.

Ma quanto deve essere arricchito? Dipende. Se vogliamo utilizzarlo all’interno di una centrale nucleare classica, una percentuale compresa tra il 3 ed il 5% va più che bene (poi dipende dal tipo di reattore. Qui sto semplificando al massimo). Se invece vogliamo realizzare una bomba atomica, diciamo che si va dall’85% in su. In questo caso si parla di uranio weapon-grade, ovvero capace di essere utilizzato su una bomba atomica. Chiariamo, basterebbe anche un livello di arricchimento minore: il problema è che aumenterebbe esponenzialmente la quantità di materiale necessaria per raggiungere la massa critica (ovvero la quantità di materiale fissile necessaria per una reazione nucleare).

Centrifughe arricchimento uranio
Una “cascata” di centrifughe utilizzata per l’arricchimento dell’uranio. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: U.S. Department of Energy. US Public Domain

Il plutonio

Il plutonio è un metallo altamente radioattivo, con simbolo Pu e numero atomico 94. Al contrario dell’uranio, il plutonio non si trova in natura (o meglio, si trova ma in quantità veramente minime), ma viene prodotto artificialmente.

Più in dettaglio, per “creare” il plutonio si prende l’Uranio U238 e si irradia con neutroni, in modo che diventi Uranio U239. Questo poi emette un elettrone, che va a formare l’isotopo 239 del Nettunio (numero atomico 93), il quale a sua volta perde un altro elettrone dando vita al plutonio Pu239 (isotopo 239).

Il Plutonio 239 è il materiale più utilizzato in assoluto per le armi nucleari, vista la sua facilità di fissione. Per essere considerato weapon-grade, la percentuale di Pu239 nei “core” delle bombe deve essere superiore al 93%.

Ma perché utilizzare il plutonio invece dell’uranio? Insomma, non si trova in natura, è complicato da fabbricare… Il motivo è molto semplice: è estremamente più efficace. La massa critica per l’uranio 235 è di molto maggiore di quella del plutonio 239, con una potenza sprigionata decisamente superiore.

Fissione e fusione nucleare

Fissione e fusione sono due cose molto diverse. Nel caso delle armi nucleari, si può tranquillamente dire che la seconda è una conseguenza della prima. Vediamo in dettaglio.

  • Fissione nucleare. Un neutrone libero colpisce il nucleo di un atomo di materiale fissile e ne provoca la rottura. Il risultato sono nuclei più leggeri ed altri neutroni liberi. Ora, se il materiale fissile ha una concentrazione sufficiente e la massa è abbastanza grande (massa critica), questi neutroni possono facilmente colpire altri nuclei. La rottura di questi nuclei produce una reazione a catena, che in sostanza sprigiona in modo incontrollato un’enorme quantità di energia. Nel caso della fissione (e quindi delle bombe atomiche) questo processo viene “avviato” da esplosivi convenzionali.
  • Fusione nucleare. Si tratta dell’opposto della fissione: in questo caso, due atomi leggeri si fondono tra loro e creano un elemento più pesante. I due atomi in questione sono il deuterio e il trizio, due isotopi dell’idrogeno. Una volta fusi, si trasformano in elio (che è più pesante). In questo “processo” avanza un neutrone, oltre a tanta, tanta energia. Solitamente, i processi di fusione avvengono sulle stelle: il Sole funziona esattamente in quel modo. Visto che siamo sulla Terra, l’unico modo per ottenere rapidamente i milioni di gradi necessari ad attivare il processo è utilizzare una “normale” bomba atomica a fissione, che in pratica diventa l’innesco della bomba a fusione.

Effetti di un’esplosione nucleare

Quali sono gli effetti di un’esplosione nucleare? Un paio li possiamo intuire: distruzioni e radiazioni. Tuttavia, non sono i soli. Vediamoli brevemente.

Generalmente, vengono divisi in diretti e indiretti. Iniziamo dai diretti.

  • Danno da esplosione. Il più intuitivo, quello a cui tutti pensiamo quando si parla di esplosioni nucleari. Tra sfera di fuoco e onda d’urto, le esplosioni nucleari distruggono tutto ciò che è intorno al “punto zero”. L’entità delle distruzioni dipende dalla quota di esplosione, dalla potenza e dal terreno. La pressione dell’aria può provocare anche danni alle persone (timpani, polmoni, ecc.) anche ad una certa distanza (vedere qui per approfondire).
  • Irraggiamento termico. Le esplosioni nucleari emettono enormi quantità di radiazione elettromagnetica sotto forma di luce visibile. Tradotto: un vero e proprio “lampo”, visibile ad enorme distanza e micidiale. Infatti, a seconda del materiale, può provocare incendi. Le persone che dovessero fissare il lampo, anche a grande distanza, rischiano danni permanenti alla vista, oltre che ustioni e bruciature.
Comparazione esplosioni nucleari
Comparazione tra le dimensioni delle varie “palle di fuoco” di alcune bombe nucleari. Si va dai circa 100 metri dell’ordigno di Nagasaki ai 2,3 chilometri della bomba Zar. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Fastfission. Public Domain

Gli effetti indiretti invece sono i seguenti.

  • Radiazione elettromagnetica. Si crea un impulso elettromagnetico capace di mandare in tilt gli apparati elettrici, oltre a rendere impossibile le trasmissioni con onde radio a causa della ionizzazione dell’atmosfera. L’impulso elettromagnetico prende il nome di effetto EMP, e ne sono state studiate anche le applicazioni militari (lasciare il nemico senza elettronica è il sogno di ogni generale).
  • Radiazioni ionizzanti. Le esplosioni nucleari producono radiazioni di vari tipi, che possono essere molto dannose per gli esseri viventi. Quando le radiazioni si uniscono alle polveri generate dall’esplosione, queste possono essere trasportate dai venti e si diffondono nell’ambiente: si parla di fallout nucleare.
  • Terremoti. Ebbene si: le esplosioni nucleari possono provocare terremoti. In fondo, si tratta di scatenare una potenza enorme, tutta insieme ed in un singolo punto. Quindi, possono esserci delle rotture di faglia con piccoli eventi sismici a poca distanza dall’epicentro. Certo, esistono le eccezioni. La più potente bomba mai costruita, la Zar russa, con i suoi 50 megatoni, provocò un’onda sismica di magnitudo superiore a 5, che fece tre volte il giro della Terra.

Perché la nube delle esplosioni nucleari è a forma di fungo?

La domanda che parecchi si saranno fatti. Si tratta di un fenomeno fisico: quando si verifica l’esplosione, si forma una “palla” di fuoco dalle temperature elevatissime. L’aria calda è più leggera, e tende ad andare verso l’alto trascinandosi dietro i detriti, aiutata in questo dalla pressione prodotta. Ad una certa altezza, la colonna si raffredda ed i detriti si allargano ed iniziano a scendere, formando appunto il fungo. Diciamo quindi che il “gambo” è formato dall’aria calda che sale, resa visibile dai detriti, mentre il “cappello” sono i vari materiali che ricadono.

Il “fungo” non è un’esclusiva delle esplosioni nucleari, ma in questo caso sono decisamente molto più visibili.

Bomba atomica

La bomba atomica (o bomba A) è stato il primo tipo di arma nucleare sviluppato. Tecnicamente, si tratta di una “bomba a fissione nucleare“, visto che l’esplosione avviene, appunto, a causa di una reazione a catena prodotta da una fissione nucleare. Comunemente, con il nome “bomba atomica” vengono definite, per estensione, tutte le armi nucleari. In realtà, si tratta di un errore, e lo vedremo meglio.

Descrizione tecnica

Come detto sopra, la bomba atomica funziona secondo il principio della fissione: il neutrone che colpisce il nucleo dell’atomo liberando altri neutroni che fanno altrettanto, generando una reazione a catena. Dal punto di vista costruttivo, esistono due tipi di bombe A, che si differenziano dal sistema di detonazione: a blocchi separati e a implosione. Entrambi furono sviluppati durante la seconda guerra mondiale e, sfortunatamente per i giapponesi, testati nell’agosto 1945.

  • Sistema di detonazione a blocchi separati. Questo sistema si chiama anche “detonazione a proiettile”, “a cannone” o “gun type” (in inglese). In pratica, abbiamo due blocchi di uranio 235 che vengono “sparati” uno contro l’altro grazie all’utilizzo di esplosivi. Quando i blocchi si incontrano, ad altissima velocità, generano la massa critica ed avviano la fissione. Questo sistema, va detto, non è molto efficace. Prima di tutto, non è utilizzabile con il plutonio, e poi presenta una dispersione molto elevata. Basti pensare che, su circa 64 kg di uranio arricchito dell’ordigno Little Boy, appena l’1,5% fu coinvolto nella fissione. Questa metodologia non fu molto usata, con l’eccezione dei proiettili per l’artiglieria nucleare fino alla fine degli anni cinquanta. Il sistema a blocchi separati venne utilizzato sull’ordigno sganciato su Hiroshima.
  • Sistema di detonazione a implosione. In questo caso abbiamo una sfera cava (nucleo) circondata da esplosivo. La detonazione provoca la compressione dello spazio vuoto, portando quindi al raggiungimento della massa critica. Questo metodo ha parecchi vantaggi: l’ordigno è più piccolo e compatto, permette l’utilizzo del plutonio ed ha una dispersione molto minore. Inoltre, su un dispositivo di questo tipo è possibile utilizzare un tamper. Che roba è? Un involucro sferico che viene messo intorno al nucleo che serve a limitare la fuga di neutroni utili alla reazione a catena, aumentando la potenza e diminuendo la dispersione del materiale fissile. Questo involucro è realizzato in un metallo pesante, solitamente uranio 238. Non va sottovalutato: se presente, metà della potenza della bomba è dovuta a lui. La bomba sganciata su Nagasaki era del tipo ad implosione.
Schema bomba atomica
Schema di una bomba atomica con sistema di detonazione a blocchi separati. 1) Esplosivo convenzionale; 2) canna; 3) proiettile di uranio; 4) bersaglio. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Dake. CC BY-SA 3.0

Potenza

La potenza di una bomba a fissione è piuttosto limitata: il fatto che l’ordigno debba essere trasportabile ne limita le dimensioni massime ed il peso. Certo, si possono utilizzare una serie di metodi per aumentarne la potenza, ma più di tanto non è possibile ottenere. L’ordigno atomico a fissione più potente realizzato aveva una potenza di 500 chilotoni (test Ivy King, 1952): per andare oltre, è necessaria la fusione.

Bomba termonucleare (o bomba a fusione nucleare)

La bomba termonucleare (chiamata anche bomba H, bomba all’idrogeno o bomba a fusione nucleare) è, per certi versi, l’evoluzione della bomba a fissione. Si tratta infatti di una tipologia di ordigno che sfrutta la fissione per avviare i processi di fusione: quindi, possiamo dire che la bomba atomica “classica” sia l’innesco di quella a fusione. Perché usare una bomba atomica? Semplice: per scindere gli atomi ci vogliono temperature di milioni di gradi, ed un’esplosione nucleare è l’unica che riesce a produrli in brevissimo tempo.

Come abbiamo visto, si può chiamare in diversi modi. Vediamoli.

  • Bomba a fusione: facile, sfrutta i meccanismi di fusione nucleare.
  • Bomba all’idrogeno (o bomba H, che è il simbolo atomico dell’idrogeno): per avviare la fusione, si utilizzano deuterio e trizio, che sono isotopi dell’idrogeno.
  • Bomba termonucleare: si riferisce alle elevatissime temperature necessarie per avviare la fusione (innesco termico). Si tratta del nome probabilmente più corretto, anche se meno diffuso

Oggi le bombe termonucleari sono la stragrande maggioranza degli ordigni nucleari in circolazione: nonostante la loro maggiore complessità, a parità di dimensioni consentono una potenza molto superiore.

Descrizione tecnica

Ma com’è fatta una bomba termonucleare?

Il modello base a cui tutti fanno riferimento per questi ordigni è il cosiddetto “Teller-Ulam“, dal nome dei due progettisti che lo idearono. Si tratta di un ordigno con due componenti di tipo “fissione-fusione-fissione”. Vediamo i due componenti.

  • Bomba atomica a fissione. Indispensabile per avviare il processo di fissione. Si tratta di un modello ad implosione, con tamper, che solitamente viene “potenziato” con deuterio e trizio in modo da ottenere una potenza maggiore.
  • Contenitore con il “cocktail di fusione”. In realtà non si chiama così, ma rende l’idea. Si tratta di un contenitore cilindrico con all’interno un composto di deuterio e litio (il deuteruro di litio, appunto) con al centro una barra di materiale fissile (plutonio o uranio arricchito). Il contenitore funziona da tamper, ed è realizzato in uranio 238.

I due componenti sono separati da una schiuma inerte.

Ma come funziona, praticamente, una bomba termonucleare? Vediamolo. La cosa è piuttosto complessa.

  • Esplode la bomba a fissione, adeguatamente amplificata da deuterio e trizio.
  • L’enorme pressione provocata dall’esplosione comprime il composto di fusione, insieme alla barra di plutonio. In questo modo, la barra diventa critica ed inizia anch’essa la fissione.
  • La bomba a fissione esplosa per prima emette raggi X, irradiando tutto quello che trova (inclusa la schiuma inerte di sicurezza).
  • La schiuma diventa plasma ad elevatissime temperature. In tutto questo, la barra di plutonio inizia la reazione a catena ed emette radiazioni e neutroni, oltre che una quantità immane di calore.
  • I neutroni si scontrano con il composto di fissione, ormai ad altissime temperature ed estremamente compresso, e dall’interazione con il litio si forma il trizio.
  • A questo punto avviene la fusione vera e propria: l’enorme calore sprigionato della fissione della barra di plutonio provoca la fusione degli atomi di deuterio e trizio in elio, liberando energia. Le temperature sono paragonabili a quelle del Sole.
  • Inizia a formarsi una “palla di fuoco”, alimentata dalla fissione nucleare, dalle reazioni di fusione e dai resti del tamper in uranio 238.
  • Il risultato finale è un’esplosione della potenza di parecchi megatoni, provocata dalla fusione tra deuterio e trizio (prodotto dall’elio) grazie alla potenza ed ai neutroni di ben due reazioni di fissione.

Tutto questo procedimento dura appena 600 nanosecondi, ed è riassunto dalla figura in basso.

Fasi bomba H
Le fasi dell’esplosione di una bomba all’idrogeno. La bomba a fissione è il cerchi in alto nella figura A. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Dake. CC BY-SA 3.0

Potenza

Che potenza può raggiungere una bomba termonucleare? Ottima domanda.

In realtà, non esiste un limite vero e proprio: basterebbe semplicemente aumentare il numero di stadi. Il limite è puramente pratico: una bomba deve essere utilizzabile, ed aumentando i componenti aumenterebbero anche le dimensioni ed il peso.

In realtà, la maggior parte degli ordigni moderni non supera i 100-200 chilotoni di potenza, anche se sono state costruite cose più grosse. Molto più grosse. Qualche numero.

  • Il più potente test atomico statunitense fu il Castle Bravo, del 1° marzo 1954. La bomba aveva una potenza di 15 megatoni. In realtà gli scienziati fecero male i calcoli: secondo le loro stime, infatti, non avrebbe dovuto superare i sei megatoni, ovvero due volte e mezzo in meno del “botto” finale (su Wikipedia la storia completa). Ovviamente, la maggiore potenza provocò danni e contaminazioni impreviste.
  • Il “record” assoluto appartiene ai sovietici: fu l’URSS infatti ad effettuare il più potente test nucleare mai effettuato. Si trattava della Bomba Zar (AN602 se amate le sigle), che liberò un’energia pari a 50 megatoni. Il bello è che i tecnici decisero di “depotenziarla”, sostituendo l’uranio 238 con il piombo: del resto, dovendo farla esplodere sul loro territorio, cercarono di ridurre il più possibile le ricadute radioattive.

Bomba al neutrone

La bomba al neutrone (o bomba N, o bomba a radiazione aumentata) è un tipo abbastanza particolare di arma nucleare. In pratica, mentre le prime due (a fissione ed a fusione) sono fatte essenzialmente per provocare distruzioni su vaste aree, la bomba N serve soprattutto ad uccidere gli esseri viventi. Quest’arma, infatti, è progettata per rilasciare enormi quantità di radiazioni letali per l’uomo, “risparmiando” edifici e veicoli. Fu sviluppata a partire dagli anni cinquanta dagli americani, con lo scopo di contrastare le (vaste) formazioni corazzate del Patto di Varsavia.

Descrizione tecnica

Il punto di partenza per la bomba a neutroni è quella termonucleare Teller-Ulam: di fondo, si tratta di una modifica di questa. Anche in questo caso abbiamo due componenti, che però sono piuttosto diversi. vediamoli.

  • Bomba a fissione classica. C’è poco da fare: se si vuole attivare un’arma termonucleare, occorre un ordigno atomico tradizionale.
  • Componente secondario. Questo è molto diverso dalle bombe H. Infatti, nel caso delle bombe a neutroni, abbiamo quasi esclusivamente combustibile per la fusione, quindi deuterio e trizio. La barra di materiale fissile è completamente assente. Inoltre, il tamper non è in uranio 238 ma in un metallo inerte, solitamente cromo o nickel: questo perché non deve trattenere i neutroni, ma farne uscire il più possibile.

Il funzionamento è molto simile a quello della bomba termonucleare: anche in questo caso, infatti, abbiamo una fusione nucleare, ma decisamente piccola e di bassissima potenza. La grande differenza è che i neutroni possono “sfuggire” facilmente, penetrando edifici e veicoli ed uccidendone gli occupanti.

M110
Una colonna di semoventi M110 da 203 mm. Questi veicoli erano in grado di sparare una testata al neutrone. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: BRAM DE JONG / Dirk Van Laer. US Public Domain

Potenza

La potenza finale è piuttosto bassa. Certo, sul luogo dell’esplosione è comunque in grado di provocare distruzioni, ma i veri danni le fanno le radiazioni. Questo tipo di bomba, infatti, emette neutroni veloci che penetrano facilmente strutture (di superficie e sotterranee) e corazze. Per questo motivo, la bomba N era estremamente letale per gli esseri viventi, e lasciava intatti edifici e veicoli. Oltretutto, il livello di radiazioni diminuiva molto rapidamente, permettendo alle forze “amiche” di occupare dopo poco tempo l’area.

Le polemiche furono enormi, va detto. I sovietici, prima di tutto, la definirono un’arma “capitalista”, visto che uccideva le persone e salvava le “cose”. Ma anche tra gli alleati degli Stati Uniti le polemiche non mancarono. La Germania Ovest, soprattutto: questa arma era pensata, di fatto, per contrastare le divisioni corazzate del patto di Varsavia, che in caso di invasione dell’Europa Occidentale sarebbero passate per i territori tedeschi. Quindi, le bombe N, in caso di utilizzo, sarebbero esplose principalmente in Germania.

Le varie amministrazioni americane si ritrovarono in difficoltà, con lo sviluppo che venne autorizzato ed interrotto più volte.

Bomba al cobalto

La bomba al cobalto (bomba gamma o bomba G) è un tipo di arma nucleare derivata dalla Teller-Ulam. La sua caratteristica è quella di utilizzare il cobalto come tamper del componente secondario. Più che per la sua capacità distruttiva, la bomba gamma è micidiale per la contaminazione radioattiva che produce, viste le caratteristiche del cobalto.

Ad oggi, non esistono prove che questa sia stata mai costruita. Probabilmente, almeno un test venne condotto dagli Stati Uniti nel 1957, anche se con risultati fallimentari, e più di uno dall’Unione Sovietica.

Ad oggi, pare (e sottolineo pare) che la Russia stia realizzando una cosa del genere: si parla di un ordigno da 100 megatoni, trasportato sott’acqua da un drone atomico chiamato Poseidon (un “siluro” lungo 20 metri) progettato per esplodere accanto alle coste di un Paese nemico (gli Stati Uniti) producendo uno “tsunami” radioattivo e rendendo l’area inabitabile per molto tempo.

Descrizione tecnica

Come detto qualche riga sopra, si tratta di una bomba termonucleare Teller-Ulam che utilizza il cobalto al posto dell’uranio 238 come tamper.

Il cobalto utilizzato è l’isotopo 59 (Co59) di questo materiale, che ha una caratteristica abbastanza particolare: di suo, è innocuo e si può utilizzare in una moltitudine di applicazioni (leghe metalliche, pigmenti, ecc.), ma se ci aggiungiamo un neutrone diventa cobalto 60 (Co60). E qui le cose cambiano.

In una bomba G, con il tamper in cobalto, in seguito all’esplosione ed al rilascio di neutroni, il Co59 diventa Co60, si vaporizza e si “mischia” agli altri detriti del fallout radioattivo, ricadendo poi sul terreno ed inquinando irrimediabilmente vaste aree. E quando dico “irrimediabilmente”, intendo che queste aree torneranno ai livelli di radioattività pre-esplosione dopo circa 130 anni.

Potenza

La potenza di una bomba al cobalto, teoricamente, è illimitata, esattamente come il modello Teller-Ulam. Dipende solo dalla quantità di “materiale” che i costruttori decidono di metterci dentro. Per questa ragione, le bombe gamma sono state spesso associate agli “ordigni della fine del mondo”: teoricamente, sarebbe possibile costruire una bomba termonucleare al cobalto (o più di una, fatte esplodere tutte insieme) talmente potente da provocare un fallout radioattivo tale da rendere il nostro pianeta inadatto alla vita umana per un secolo.

Praticamente la stessa cosa del film “Il Dottor Stranamore” di Kubrick, con l’inquietante “ordigno fine di mondo”.

Le armi nucleari oggi

La denuclearizzazione

Nel corso degli anni, sono stati fatti numerosi tentativi per ridurre il numero di testate nucleari, o comunque limitare la diffusione di queste tecnologie. I trattati internazionali stipulati sono veramente tanti, chi volesse approfondire può andare su Wikipedia.

Sotto faccio un breve riassunto, giusto per dare un’idea.

  • Trattato sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari. Efficace dal 1963, vieta qualunque test nucleare esclusi quelli sotterranei. Lo scopo era quello di limitare l’inquinamento radioattivo prodotto dalle esplosioni. Il trattato ha funzionato e viene ancora oggi rispettato. L’unica a fare test all’aperto dopo il 1963 è stata la Cina.
  • Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. In teoria supera il precedente, visto che è entrato in vigore nel 1996, ma parecchi Paesi non lo hanno ratificato. Per la cronaca, India Pakistan e Nord Corea hanno effettuato test anche successivamente.
  • Trattato di non proliferazione nucleare. Efficace dal 1970, proibisce agli Stati firmatari “non-nucleari” di procurarsi tali armamenti ed a quelli “nucleari” di trasferire a terzi tecnologie o ordigni.

Accanto a questi, vi sono una lunga serie di trattati stipulati tra Stati Uniti ed Unione Sovietica/Russia per la riduzione ed il controllo dei rispettivi arsenali nucleari (SALT I e II, START I e II, New START, ABM, ecc.).

I Paesi con armi nucleari

Oggi i Paesi dotati di armi nucleari sono nove. Vediamoli. Tra parentesi, il numero massimo di testate stimate).

  • Stati Uniti (6.185)
  • Russia (6.490)
  • Gran Bretagna (215)
  • Francia (290)
  • Cina (320)
  • India (150)
  • Pakistan (160)
  • Nord Corea (30-40)
  • Israele (90)

I primi cinque aderiscono al Trattato di Non Proliferazione Nucleare, e sono anche membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Questi Paesi si impegnano a non esportare tali tecnologie. Gli altri quattro invece non hanno ratificato il Trattato o ne sono usciti. Israele ufficialmente non ha testate nucleari, ma in realtà si stima ne abbia diverse decine.

Fonti

(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: National Nuclear Security Administration / Nevada Site Office. US Public Domain)

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