I cosmonauti sovietici (e russi dopo di loro) per lungo tempo sono andati a bordo delle loro navicelle portandosi dietro un’arma. Non che dovessero ingaggiare duelli nello Spazio, sia chiaro. Il problema era l’atterraggio: la capsula poteva finire in posti poco raggiungibili, e l’equipaggio aveva bisogno di qualcosa per difendersi. Non dagli americani, ma dagli animali.
Per questa particolare esigenza venne adottata una pistola specifica, chiamata TP-82, che fu scelta dopo una “gara” con un’altra arma, la TOZ-81.
Non sto parlando di cose fantascientifiche tipo armi laser o a raggi, ma di grosse armi “da caccia”, tra l’altro più simili a lupare che a pistole vere e proprie.
Vediamo meglio la storia di queste particolarissime armi.
Premessa: i problemi di atterraggio
Le navicelle spaziali si sa dove vengono lanciate, ma non dove atterrano. Messa così è brutta, e provo a spiegarla meglio.
Il principio è che, durante la fase di rientro, ci sono parecchie cose che possono andare storte. Non sto parlando della distruzione della navicella (cosa che purtroppo può accadere, ed è accaduta), quanto piuttosto che questa finisca fuori rotta.
Lo Space shuttle, per esempio, era vincolato ad una pista di atterraggio nella fase di rientro, e ne aveva diverse “di emergenza” in giro per il mondo (anche se il loro uso era previsto solo in caso di problemi nella fase di lancio. Maggiori informazioni su Wikipedia). Questa però è un’eccezione.
La stragrande maggioranza delle navicelle, infatti, rientra appesa ad un paracadute: quindi va potenzialmente bene qualunque punto sulla Terra (meglio se disabitato). Può capitare però che vi siano degli inconvenienti, e che quindi la navicella finisca a centinaia di chilometri dal punto previsto.
Cosa che può creare problemi, non tanto perché non ti trovano (al massimo i soccorsi arrivano in ritardo) quanto piuttosto per quello che puoi trovare.
Gli Stati Uniti non avevano questo problema: le loro navicelle spaziali atterravano in mare ed erano progettate per galleggiare.
Sovietici e russi qualche problema invece lo avevano, visto che atterravano sulla terraferma. E qui puoi trovare le situazioni più diverse: finire in mezzo ad un deserto è molto diverso che ritrovarsi in una foresta sui monti Urali, o in mezzo ad un lago. Quindi devi essere preparato.
I precedenti sovietici
L’Unione Sovietica (e la Russia) hanno diversi precedenti di navicelle finite nel posto sbagliato. Ogni tanto infatti capita che una navicella Soyuz finisca a qualche centinaio di chilometri dal punto previsto (il nostro astronauta Roberto Vittori ne sa qualcosa. Tra le fonti trovate il link all’intervista), ma solitamente non è niente di grave.
In un’occasione i cosmonauti rischiarono di affogare: il 16 ottobre 1976, la Soyuz-23 atterrò (ed affondò) nel lago Tengiz, in Kazakhstan. I soccorritori impiegarono parecchie ore per tirarla fuori, anche per motivi climatici (il lago era completamente ghiacciato). Comunque, i due uomini dell’equipaggio furono ritrovati infreddoliti ma illesi.
Il caso più clamoroso fu il rientro della Voschod 2, il 19 marzo 1965.
Premessa: si tratta di una missione storica, con la prima passeggiata spaziale mai effettuata, ad opera del cosmonauta Leonov (il collega Belyayev rimase all’interno). Diverse cose, va detto, andarono storte, tra la tuta di Leonov che si era gonfiata impedendogli di rientrare, oltre a problemi al sistema di atterraggio.
Questi ultimi portarono la navicella Voschod fuori rotta. Molto fuori rotta: invece del deserto kazako, i due cosmonauti si ritrovarono in un bosco innevato sugli Urali, a 2.000 km di distanza dal punto previsto. I due non si persero d’animo: entrambi piloti militari, sapevano bene come gestire un’emergenza ed iniziarono ad organizzarsi. Dopo quattro ore vennero individuati dai soccorritori, che non potendo atterrare gli lanciarono dall’elicottero viveri e coperte. Per la cronaca, i soccorritori ci impiegarono una giornata (a piedi) per raggiungere il luogo dell’atterraggio, e dovettero anche pernottare vicino alla capsula con i due cosmonauti prima di tornare indietro.
Leonov e Belyayev raggiunsero un aeroporto grazie a degli sci, poi furono trasferiti nella città più vicina, Perm. Qui, finalmente, poterono parlare (e ricevere le congratulazioni) dal premier sovietico Breznev.
La necessità di armi a bordo
Quanto accaduto a Leonov e Belyayev fu un caso limite, è vero, ma era chiaro che in fase di rientro si poteva finire in posti inospitali. E mal frequentati.
Il problema infatti erano gli animali: nei boschi russi non ci sono solo cerbiatti e scoiattoli, ma anche orsi e lupi. Per un cosmonauta appena rientrato, magari debilitato dalla lunga permanenza in orbita, incontrare un orso affamato non è il massimo della vita.
Va detto che i cosmonauti, all’epoca, erano tutti ex piloti militari, o comunque membri delle forze armate. Quindi, spesso e volentieri, andavano in orbita portando con sé la loro arma di ordinanza, l’immortale Makarov PM da 9 mm. Arma ottima contro le persone, ma assolutamente inadeguata per animali di grossa taglia.

Serviva quindi qualcosa di più adatto, anche se non venne emesso alcun requisito ufficiale. Le cose si mossero solo nel 1979, quando lo stesso Leonov (memore di quello che gli era successo) richiese un’arma apposita per cosmonauti in difficoltà.
A questo punto, l’ingegnere capo della fabbrica di armi di Tula si mise al lavoro, e presentò tre soluzioni: una doppietta, un revolver ed una pistola a tre canne. La doppietta fu scartata praticamente subito, mentre gli altri due progetti si concretizzarono in altrettanti prototipi: la TP-82 e la TOZ-81.
La pistola dei cosmonauti, la TP-82
La TP-82 fu una creazione della TsNIITochMash, ed era bella grossa: lunga 36 centimetri e pesante 1,6 kg, ideale per abbattere animali di grossa taglia. Oltretutto, la pistola prevedeva anche un machete attaccato al calcio, che portava la lunghezza totale a 67 centimetri ed il peso a 2,4 kg. Il machete era smontabile.
La pistola aveva tre canne:
- due superiori per proiettili da 12,5 mm da caccia, affiancate tipo doppietta (i proiettili che sparavano in sostanza, erano quelli)
- una inferiore per proiettile da 5.45×39 mm (quello del Kalashnikov, per capirsi).
Questa arma poteva sparare anche razzi illuminanti o da segnalazione. Il grilletto era singolo, e per ricaricarla andava aperta.
Insomma, si trattava di un’arma piuttosto completa e molto solida, che permetteva di difendersi da animali feroci, procacciarsi il cibo e chiamare i soccorsi. Oltre che abbattere qualche albero per procurarsi legname (il machete).

Il revolver spaziale, la TOZ-81
La TOZ-81 fu il secondo modello presentato. Questo era un revolver, ed era bello grosso: 36 centimetri di lunghezza. Dal punto di vista tecnico, la TOZ-81 era decisamente più complicata, ma a mio avviso era un vero e proprio gioiellino (tra le due è la mia preferita, anche esteticamente).
Questa pistola era un revolver da 5 colpi. Come dotazione standard, i proiettili erano da 5.45×39 mm, gli stessi del Kalashnikov. Tuttavia, poteva sparare anche i .410 da caccia, larghi il doppio e molto più grossi. La canna in questo caso poteva essere sostituita manualmente per usare questi proiettili.
Il tamburo era numerato esternamente: sapevi sempre quale colpo stavi per sparare.
La TOZ-81 aveva una baionetta integrata pieghevole, sopra la canna, che una volta estratta poteva essere usata come coltello.
Nel calcio, in legno e polimeri, c’era anche un trasmettitore d’emergenza, che una volta acceso lanciava un segnale di SOS.
Purtroppo non ho trovato foto a licenza libera da caricare sul sito. Comunque la potete ammirare qui.
I sovietici scelgono l’arma per i cosmonauti
Le autorità sovietiche provarono intensamente entrambe le armi, e nel 1986 fecero la loro scelta: la TP-82.
I criteri in base ai cui si decise di adottare la TP-82 invece della TOZ-81 non sono chiari. Sono state avanzate varie ipotesi, alcune delle quali tirano in ballo i proiettili (i .410 sarebbero stati meno comuni e più difficili da trovare). Comunque, la più probabile riguarda la semplicità costruttiva e l’affidabilità.
La TP-82 era decisamente più semplice ed affidabile della TOZ-81. Chiariamo, non è che la TOZ-81 si sia frantumata durante le prove, solo che la sua “avversaria” fu ritenuta più adatta ad essere usata in ambienti estremi. In breve, i tecnici considerarono i meccanismi del revolver troppo sensibili a ghiaccio e polvere, e quindi più soggetti a rompersi.
In fondo, si trattava di un’arma per la sopravvivenza nelle steppe siberiane e nei boschi, quindi una doppietta travestita da pistola come la TP-82 fu considerata decisamente più adatta allo scopo.
La TP-82 in servizio
La TP-82 entrò in servizio nel 1986, e divenne parte dell’equipaggiamento di emergenza dei cosmonauti, prima sovietici e poi russi. La pistola fu utilizzata fino al 2007, quando si decise di ritirarla.
Questo per due motivi.
- Prima di tutto, i sistemi di posizionamento oggi sono molto più efficaci. Questo vuol dire che trovare una navicella spaziale è più semplice e soprattutto rapido.
- Inoltre, c’era il problema delle munizioni da 12,5×70 mm. Queste non erano più state prodotte, e quelle rimaste erano scadute. In sostanza, dunque, le TP-82 non avevano più niente da sparare.
A questi motivi se ne può aggiungere un terzo, riguardante l’opportunità di portare armi nello Spazio. Secondo molti, infatti, questa sarebbe una pratica piuttosto pericolosa, che potrebbe provocare incidenti gravi.
Le pistole spaziali oggi
La TOZ-81 è stata costruita in un solo esemplare, oggi conservato in un museo. La TP-82, invece, in circa un centinaio di pezzi, oggi tutti ritirati dal servizio.
Tuttavia, pare che il machete faccia ancora parte dell’equipaggiamento standard di emergenza delle navicelle Soyuz.
Fonti
- Le pistole spaziali? Queste non erano per un film di fantascienza ma per i cosmonauti sovietici! – rbth.com
- TOZ-81 Mars – guns.fandom.com
- Revolver speciale TOZ-81 “Mars” – topwar.ru
- TOZ-81 “Mars” – Russian Space Revolver – thefirearmblog.com
- Vittori: rientro balistico Sojuz “scomodo”, ma sicuro – astronautinews.it
- TP-82 – wikipedia.org
(immagine di copertina derivata da Wikimedia Commons. Credits: One half 3544. Public Domain)