Armi chimiche

Le armi chimiche: storia, tipologie e regole

Le armi chimiche sono quelle che sfruttano dei composti chimici creati appositamente per uccidere, ferire o mettere fuori combattimento il nemico, sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico. L’utilizzo militare di queste armi si chiama guerra chimica.

Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di gas che vengono rilasciati (anche tramite esplosione) con vettori quali testate, proiettili d’artiglieria o bombe appositamente modificate.

Storia delle armi chimiche

Raccontare qui la storia delle armi chimiche sarebbe decisamente lungo, e cui porterebbe parecchio fuori strada (servirebbe una pagina a parte, e pure bella lunga). Quindi sintetizzerò al massimo, però chiunque volesse approfondire può vedere l’apposita voce su Wikipedia . Comunque, questo tipo di armi ha origini piuttosto antiche, ma la possibilità di sfruttarle militarmente su vasta scala è molto recente, e legata alla nascita della chimica moderna nell’ottocento. Vediamo di approfondire insieme alcuni punti.

Le armi chimiche fino alla prima guerra mondiale

Fin dall’antichità gli uomini si erano resi conto che esistevano dei materiali in grado di danneggiare il prossimo. I cinesi, per esempio, già nel 1.000 a.C. erano a conoscenza della letalità dei vapori di arsenico, e li sfruttarono in determinate occasioni (così come i mongoli). Anche i greci non furono da meno. Ad esempio, durante la guerra del Peloponneso, gli spartani utilizzarono una miscela a base di zolfo che, una volta incendiata sotto le mura di una città nemica, fu in grado di mettere fuori combattimento i difensori.

L’assedio di Dura (256 d.C.), durante le guerre tra romani e persiani, è stato il primo utilizzo di gas velenosi per scopi militari. I persiani, infatti, all’interno di uno dei tunnel costruiti sotto la città durante l’assedio, diedero fuoco a bitume e cristalli di zolfo, soffocando una ventina di romani.

Come si può vedere, sono millenni che gli uomini usano roba “chimica” per combattere i nemici. Si trattava, è vero, di episodi molto rari.

Il punto di svolta avvenne nell’ottocento. Durante la guerra di Crimea, per essere precisi. Nel 1854 un ufficiale inglese propose di sparare proiettili di artiglieria pieni di cianuro contro la fortezza di Sebastopoli. La sua proposta venne rifiutata con sdegno dall’alto comando, perché considerata inumana.

I governi, però, si posero il problema dell’utilizzo di queste armi, e cercarono di limitarlo. La Convenzione dell’Aia del 1899 proibì esplicitamente l’utilizzo di “proiettili in grado di rilasciare gas venefici”.

L’attacco chimico di Ypres

Dire che la convenzione non servì a molto durante la prima guerra mondiale è un gentile eufemismo. Le varie potenze impegnate nel conflitto produssero qualcosa come 150.000 tonnellate di gas, di cui l’80% venne utilizzato sui campi di battaglia.

La data simbolo è il 22 aprile 1915, durante la seconda battaglia di Ypres. Qui i tedeschi sferrarono il primo attacco con utilizzo su vasta scala di armi chimiche. I risultati furono micidiali: i francesi, completamente impreparati ad una cosa del genere, fuggirono in massa, lasciando un “buco” nelle linee di circa sei chilometri. I morti furono 5.000 in dieci minuti. I tedeschi, tuttavia, non credendo fino in fondo alla nuova arma, non predisposero le necessarie riserve per sfruttare il successo, e gli anglo-francesi riuscirono, in qualche modo, a contenere l’attacco.

Ad essere pignoli, non era la prima volta che i tedeschi utilizzavano queste armi. Infatti, nei mesi precedenti, avevano effettuato alcune “prove” contro inglesi e russi, ma su scala molto ridotta. La seconda battaglia di Ypres fu il primo vero esempio di guerra chimica.

La gran parte dei Paesi belligeranti, comunque, utilizzò le armi chimiche.

Le armi chimiche tra le due guerre mondiali

L’utilizzo delle armi chimiche non si fermò con la fine della Grande Guerra. Anzi!

Un limitato utilizzo si ebbe da parte dei sovietici per motivi interni, mentre Francia e Spagna ne fecero un certo uso durante la Guerra del Rif contro i berberi, in Marocco.

Un anno molto importante è il 1925, quando venne ratificato il Protocollo di Ginevra, che proibiva (e proibisce tuttora) l’utilizzo delle armi chimiche. Nemmeno a dirlo, la ratifica di questo documento non fermò l’Italia fascista, che le usò durante la pacificazione della Libia e, soprattutto, nella Guerra d’Etiopia.

A questi dobbiamo aggiungere i giapponesi, che a partire dal 1938 ne fecero largo uso contro i cinesi.

Soldati con protezioni per armi chimiche
Due soldati britannici in tenuta da guerra chimica, nel 1918. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: United States Army. Public Domain

La seconda guerra mondiale

Strano a dirsi, ma durante la seconda guerra mondiale l’utilizzo di armi chimiche per scopi bellici fu praticamente inesistente. Tutti gli eserciti, infatti, ne avevano vasti quantitativi e le ricerche erano andate avanti (la Germania, in particolare, aveva vaste scorte di agenti nervini, sviluppati negli anni trenta). Tuttavia, nessuno le utilizzò. Come mai?

La Germania, probabilmente, fece un discorso molto pratico: “noi le abbiamo, ma gli Alleati ne hanno di più”. Oltretutto, Hitler non amava questo tipo di armi, visto che lui stesso era rimasto ferito da un attacco chimico durante la prima guerra mondiale. Quindi, il Terzo Reich praticamente non le utilizzò mai, per paura di una rappresaglia, anche se continuò a produrle fino agli ultimi giorni del conflitto. Le uniche eccezioni furono alcuni (limitati) episodi durante l’assedio di Sebastopoli, nel 1941-42. Da questo discorso, naturalmente, resta fuori l’orrore dei campi di concentramento, dove milioni di persone furono sterminate in modo criminale nelle camere a gas. Ma quello, tecnicamente, non fu un “impiego bellico”.

Gli Alleati non le utilizzarono mai: un po’ per motivi etici, ma soprattutto perché temevano una rappresaglia chimica tedesca. Comunque, il loro impiego fu valutato in linea teorica in caso di invasione tedesca delle Isole Britanniche, nel 1940-41.

I giapponesi proseguirono l’impiego di armi chimiche contro i cinesi, ma non le utilizzarono mai contro i nemici occidentali.

Nonostante il “non utilizzo” da parte dei vari belligeranti, le armi chimiche fecero comunque le loro vittime in Europa. A Bari, per essere precisi.

Il 2 dicembre 1943, la Luftwaffe tedesca attaccò il porto italiano, affondando qualcosa come 28 navi. Una di queste, la statunitense John Harvey, era carica di gas mostarda. Gli americani non intendevano usarlo, ma solo tenerlo pronto se ci fosse stato bisogno di effettuare una rappresaglia in caso di attacco chimico tedesco. La nave venne affondata, ed il rilascio di gas colpì oltre 600 persone. I medici si resero conto che qualcosa non andava nelle ferite, ma naturalmente tutta la storia sul “vero” contenuto della Harvey venne censurata. Fu solo negli anni sessanta che questa vicenda divenne pubblica.

L’utilizzo delle armi chimiche dopo il 1945

Le armi chimiche, nonostante le condanne da parte delle organizzazioni internazionali, sono state largamente utilizzate dopo il 1945.

L’Unione Sovietica costituì probabilmente il più vasto ed efficace arsenale chimico mai realizzato. Le informazioni al riguardo sono scarsissime, ma si sa che furono svolte anche alcune esercitazioni reali, con l’impiego di soldati (appositamente protetti) in ambienti contaminati. L’Armata Rossa pare abbia impiegato armi chimiche durante la Guerra in Afghanistan, negli anni ottanta.

Gli Stati Uniti non furono da meno: anche loro diedero vita ad un programma apposito, estremamente vasto e che non fu privo di incidenti (6.400 pecore furono uccise per sbaglio durante il test di un agente nervino, nel 1968). Non si ha notizia di impiego statunitense di armi chimiche, con l’eccezione dei defolianti (il famigerato Agente Orange) durante la Guerra del Vietnam. Il fatto che i defolianti possano essere considerati un’arma, però, è oggetto di dibattito.

Agente arancio in Vietnam
Un elicottero statunitense sparge l’agente arancio in Vietnam nel 1969. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Department of the Army Special Photographic Office. US Public Domain

In Europa, si distinse il programma chimico britannico, che portò alla realizzazione di diversi composti. Tra un test e l’altro, purtroppo, ci scappò anche il morto: Ronald Maddison, un ventenne della Royal Air Force che si offrì volontario per i test sugli agenti nervini, e rimase ucciso nel 1953.

Ma gli esempi di utilizzo di armi chimiche, purtroppo, sono stati numerosi: Angola, Vietnam, Yemen del Nord, Rhodesia…

Gli utilizzi più massicci si ebbero da parte dell’Iraq di Saddam Hussein, sia contro i curdi sia contro l’Iran durante la guerra (si parla di 100.000 iraniani rimasti vittime di attacchi chimici). Tuttavia, non un singolo proiettile a carica chimica venne sparato dagli iracheni contro le coalizioni internazionali, nel 1991 e nel 2003.

In tempi più recenti, le varie parti impegnate nella Guerra Civile Siriana hanno impiegato armi chimiche: stando ai rapporti ufficiali, il maggior utilizzatore sarebbe stato l’esercito regolare siriano agli ordini di Assad, ma attacchi di questo tipo sarebbero stati effettuati anche dall’ISIS e da gruppi ribelli.

Le armi chimiche oggi

Gli Stati con armi chimiche

L’utilizzo delle armi chimiche è proibito dalla Convenzione Sulle Armi Chimiche (CWC) del 1997. Nella convenzione sono inclusi anche i cosiddetti precursori, ovvero quelle sostanze che servono a fabbricarle. Ma questa convenzione è rispettata?

Allora, prima di tutto occorre dire che la questione non è affatto semplice. Molti dei componenti utilizzati per produrre armi chimiche sono composti che hanno numerose applicazioni civili. Un ottimo esempio è il cloro: si utilizza come sbiancante, disinfettante… Lo si trova nelle piscine… Ma è anche uno dei componenti dell’iprite e di diversi altri gas asfissianti. Quindi, in teoria, chiunque abbia un’industria chimica potrebbe produrre armi di questo tipo. In effetti, dipende moltissimo dai componenti, dalle concentrazioni, dal modo in cui vengono lavorati… Insomma, spesso si tratta di sostanze “dual use”, che possono avere impieghi legittimi impieghi civili, oltre che militari.

Dalla fine della Guerra Fredda, molti Paesi hanno avviato (e spesso pure ultimato) la distruzione dei propri arsenali. Vediamo la situazione nei vari Paesi.

Quando aderirono alla CWC, ben otto Paesi dichiararono di avere armi chimiche: Albania, India, Iraq, Libia, Russia, Siria, Stati Uniti ed un altro rimasto anonimo (si ritiene la Sud Corea). Di questi, sei hanno completamente distrutto i propri arsenali, vi sono dubbi sulla Siria e gli Stati Uniti contano di finire per il settembre 2023. Inoltre, non è chiarissima la posizione della Russia, visto che è stata accusata di aver utilizzato un agente nervino, il Novichok, per eliminare dei dissidenti (la Russia ha respinto ogni addebito).

Un Paese in cui è praticamente certa la presenza di armi chimiche (che però non ha ratificato la convenzione) è la Corea del Nord.

Proiettili a carica chimica da 155 mm
Proiettili da 155 mm a carica chimica statunitensi in attesa di essere distrutti. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: PEO ACWA. CC BY 2.0

Vi sono poi Paesi che si ritiene abbiano armi chimiche, o che comunque siano in grado di fabbricarle (ed usarle) molto facilmente. Ad esempio, la Cina pare disponga di un arsenale piuttosto vasto, nonostante abbia ratificato la convenzione. Forti sospetti vi sono anche su Taiwan, che potrebbe portare avanti un programma prettamente difensivo in funzione anticinese.

Infine, Israele. Il Paese mediorientale non ha mai ratificato la CWC, e non dichiara alcunché a proposito dei suoi arsenali (esattamente come nel caso del nucleare). Tuttavia, si ritiene che abbia capacità in questo senso.

Il terrorismo chimico

Uno dei più grandi rischi legati alle armi chimiche è sicuramente quello terroristico. Questi agenti, infatti, sono ideali per compiere attentati in modo da seminare il panico in un dato Paese. Il problema è che procurarsi queste armi non è impossibile, anzi!

Parecchi composti sono piuttosto semplici da fabbricare, e con i giusti “appoggi” la cosa sarebbe perfettamente fattibile. Un pericolo a parte è il commercio di armi chimiche sfuggite ai processi di distruzione, oppure dimenticate in qualche deposito: non è una cosa irrealistica, visto che durante la Guerra Fredda vennero fabbricate migliaia di tonnellate di composti, e non tutti furono smaltiti correttamente. Questo problema riguarda principalmente i territori dell’ex Unione Sovietica, dove molti impianti e laboratori sono stati semplicemente abbandonati. Ma non solo. Nella vicina Albania, nel 2004, in uno dei numerosissimi bunker all’interno del Paese, sono stati ritrovate 16 tonnellate di gas mostarda, di cui nessuno si ricordava l’esistenza.

Insomma, il rischio che un gruppo terroristico metta le mani su armi chimiche, purtroppo, è molto reale. E per dirla tutta, pare sia già accaduto: in un filmato di diversi anni fa, si potevano vedere dei membri di al Qaeda testare composti di questo tipo su alcuni cani, in un campo di addestramento in Afghanistan. Senza contare che in alcuni manuali “ad uso terroristico”, si spiega anche come realizzarli ed utilizzarli. Il “manuale del terrorista”, per la cronaca, è reperibile su internet.

Soldati in tenuta NBC
Un’unità di soldati NATO con equipaggiamento da guerra chimica. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Allied Joint Force Command Brunssum. CC BY-SA 2.0

Ma un attentato terroristico con armi chimiche quanto sarebbe dannoso? Prima di tutto, bisogna dire che la maggior parte di questi composti sono allo stato liquido: certo, dipende dalla volatilità, ma dovrebbero comunque essere vaporizzati in qualche modo per essere pericolosi su più persone. Diciamo che il modo più “rapido” è un’esplosione, oppure una metodologia tipo aerosol.

Un’altra tecnica è lasciarlo evaporare da solo: sistema piuttosto rozzo, ma efficace. Per la cronaca, è esattamente quello che accadde negli attentati sulla metropolitana di Tokyo, nel 1995: buste di plastica piene di agente nervino forate nei vagoni, con il liquido lasciato libero di evaporare sul pavimento. L’effetto aumenta se ci sono parecchie persone in un luogo chiuso: all’aperto, infatti, queste sostanze si disperdono facilmente.

I depositi dimenticati

Non è impossibile, purtroppo, trovare in giro per il mondo degli “stock” di armi chimiche dimenticate. Lo abbiamo visto nel paragrafo precedente: il pericolo maggiore, per anni, sono stati i depositi dell’ex Armata Rossa. Tuttavia, anche altri Paesi hanno avuto notevoli arsenali. Uno di quelli che ha destato più preoccupazione è stato sicuramente quello iracheno: all’epoca di Saddam Hussein, infatti, il Paese mediorientale realizzò migliaia di tonnellate di composti letali, che in parte furono usati contro iraniani e curdi. Tali arsenali furono distrutti negli anni novanta, tuttavia la comunità internazionale ha sempre temuto che il dittatore iracheno si fosse tenuto una “scorta” non dichiarata. Questo si è rivelato poi falso: dopo l’invasione del 2003, nonostante tutti gli sforzi, non fu ritrovato assolutamente nulla. E pensare che la “scusa” ufficiale per l’invasione americana fu proprio il programma chimico…

Un discorso a parte meritano gli arsenali smaltiti dagli Alleati dopo la Seconda Guerra Mondiale. I belligeranti, infatti, avevano prodotto decine di migliaia di tonnellate di armi chimiche, che non furono impiegate in combattimento. I depositi tedeschi furono smaltiti in un modo piuttosto drastico: imbarcati su navi che furono poi affondate. Oltre 300.000 tonnellate giacciono sui fondali del Baltico, vicino alla Danimarca, ed altre 120.000 in varie località dell’Atlantico. E questo solo da parte alleata! Per i sovietici, come spesso accade, non esistono dati. Il problema in questo caso è l’inquinamento ambientale.

Nave con armi chimiche
Una nave americana radiata dal servizio in attesa di essere autoaffondata con il suo carico di armi chimiche giapponesi. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Queale, Alan. Public Domain

Comunque, senza andare troppo lontano, anche in Italia vi sono delle “discariche” di armi chimiche sommerse.

  • Al largo di Pesaro, i tedeschi nel 1944 gettarono 4.300 bombe a gas C500T caricate ad iprite, per non farle cadere in mano alleata. Sono ancora lì.
  • Al largo della Puglia (Molfetta in particolare) vi sarebbero qualcosa come 30.000 ordigni chimici. Sono stati riportati dei malori tra i pescatori, oltre ad inquinamento della fauna ittica.
  • Al largo della Campania, dalle parti del Golfo di Napoli, gli americani avrebbero affondato un numero imprecisato di ordigni al fosgene.
  • Vicino al lago di Vico, dove il regime fascista realizzò una base di venti ettari per la fabbricazione di armi chimiche. La zona è ancora inquinata.

Infine, può capitare di imbattersi in un bel proiettile caricato con armi chimiche anche durante una passeggiata. Non è una battuta: durante il primo conflitto mondiale, queste sostanze furono largamente utilizzate, ed imbattersi in un ordigno del genere è possibile. Poi ovviamente dipende dai posti: il confine tra Francia e Germania, oltre al Belgio, è stato particolarmente interessato dai combattimenti, ed ancora oggi vi è una zona off limits (la zona rossa, appunto) nella quale non è possibile fare più di due passi senza rischiare di saltare per aria.

Vettori ed efficacia delle armi chimiche

I vettori per le armi chimiche

Come sparare un’arma chimica? Come farlo arrivare sul nemico? Il problema non è affatto banale. Prima di tutto, queste sostanze possono avere forma varia (gassosa, liquida o in polvere), quindi il sistema di lancio cambierà di conseguenza. Inoltre, le sostanze chimiche sono più sono piuttosto sensibili agli agenti atmosferici: troppo vento o la pioggia possono diminuirne gli effetti, fino a renderle inutili (lo vedremo meglio dopo).

Un altro fattore importante è la loro composizione: parecchie sostanze, infatti, sono binarie. Che significa? In pratica, sono formate da due diversi composti, che magari presi singolarmente sono anche innocui (il che ne rende più facile la gestione), ma che miscelandosi, diventano tossici.

Nel corso degli anni, sono stati sviluppati diversi vettori per armi chimiche.

  • Bombole: si tratta del primo sistema utilizzato in assoluto, durante il primo conflitto mondiale. Praticamente, le bombole con le sostanze chimiche venivano portate a ridosso delle prime linee ed “aperte”, dopo ovviamente essersi accertati che il vento soffiasse nella giusta direzione.
  • Proiettili di artiglieria: sistema decisamente più sicuro delle bombole, visto che consentiva di sparare queste sostanze direttamente sulle postazioni nemiche. Le granate a gas furono largamente utilizzate durante la Grande Guerra. Tuttavia, devono essere progettate in modo tale che l’esplosione del proiettile non danneggi e renda inutilizzabile il composto chimico.
  • Bombe di aereo: naturale evoluzione dei proiettili d’artiglieria. Le “bombe chimiche” sono state largamente utilizzate a partire dal primo dopoguerra in moltissime occasioni, dagli italiani in Etiopia agli iracheni negli anni ottanta, per arrivare alle truppe lealiste siriane nel corso della guerra civile.
  • Testate di missili e razzi: tatticamente, hanno lo stesso utilizzo dei proiettili, con il vantaggio di una gittata superiore.

Fattori che influenzano l’efficacia di un’arma chimica

L’efficacia di un’arma chimica dipende da una serie di fattori.

  • Persistenza: capacità di “restare” in una certa area per molto tempo. Se si disperde subito, il composto come arma diventa inutile.
  • Volatilità: nel nostro caso, tendenza di un liquido a vaporizzare. Un fattore molto importante, visto che parecchie armi chimiche sono efficaci per inalazione.
  • Concentrazione: si tratta della “dose” letale di una certa sostanza chimica, la quantità minima perché abbia degli effetti rilevanti. Sotto quella quantità il composto è inutile.

Premesso che la composizione dei vari agenti può essere modificata per migliorare alcune caratteristiche, questi fattori sono fortemente dipendenti dalle condizioni atmosferiche. Approfondiamo.

  • Vento: in caso di attacco chimico, non deve essere troppo forte, se no rischia di disperdere il composto. Durante la Prima Guerra Mondiale, lo studio del vento era ancora più importante: se non soffiava nella giusta direzione, la nube di gas tossico avrebbe investito le trincee amiche, e se non ci fosse stato affatto rischiava di “concentrare” il gas nella terra di nessuno, ostacolando l’attacco. Sono tutte cose accadute sul serio durante la Grande Guerra, e pure piuttosto spesso.
  • Temperature: non devono essere né troppo alte, né eccessivamente basse.
  • Luce solare: le sostanze chimiche non vanno troppo d’accordo con i raggi ultravioletti.
  • Assenza di precipitazioni: trattandosi di gas, il contatto con l’acqua ostacola l’azione del composto.

Introduzione sulle armi chimiche

Tipologie di armi chimiche

Quali sono le tipologie di armi chimiche? Beh, la risposta è: dipende. Infatti, esistono numerose classificazioni, che variano a seconda di ciò che si considera (efficacia, volatilità, persistenza, letalità…). Insomma, questo tipo di armamenti possono essere suddivisi in vari modi, tutti ugualmente validi.

In questa pagina ho utilizzato la classificazione dell’OPCW (Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche – OPAC in italiano), che è piuttosto completa.

  • Agenti asfissianti
  • Agenti vescicanti
  • Agenti ematici
  • Agenti nervini
  • Agenti antisommossa

A questi, si è deciso di aggiungere anche i defolianti, per via del loro impiego “militare” in Vietnam. Le tossine, invece, sono una categoria un po’ particolare, visto che sono a metà tra le armi chimiche e quelle biologiche. Infatti, si tratta di sostanze tossiche sono prodotte sia da esseri viventi, sia in laboratorio (partendo però da prodotti naturali)

Classi di sostanze chimiche

La Convenzione per le Armi Chimiche (CWC) individua tre classi di sostanze, a seconda della loro pericolosità.

  • Elenco 1: non hanno utilizzi legittimi, oppure ne hanno pochi. Si possono produrre solo per motivi farmaceutici o di ricerca. I Paesi devono comunicare all’OPCW quando ne producono più di 100 grammi. Esempi di sostanze: gli agenti nervini, la lewisite e l’iprite (oltre alla ricina, che però è una tossina).
  • Elenco 2: hanno utilizzi legittimi in piccole quantità. Solitamente, si parla di industria farmaceutica o chimica. Possono essere prodotti su scala ridotta. Esempi di sostanze: un componente del sarin usato come ritardante negli incendi, o il caso dell’iprite.
  • Elenco 3: hanno utilizzi legittimi su vasta scala, tale da renderne possibile la produzione in grandi quantità. Esempi in questo senso possono essere il fosgene, usato per le materie plastiche, oppure alcuni componenti a base di cloro. C’è l’obbligo di informare l’OPCW quando la produzione supera le 30 tonnellate annue.

Il rispetto di adeguate misure di sicurezza presso gli impianti produttivi è sottinteso.

Valigetta odori gas asfissianti
Una valigetta contenente delle provette con gli odori dei vari gas asfissianti. Questo sistema serviva ad addestrare i soldati a riconoscere i vari tipi di gas ed a regolarsi di conseguenza. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Chemical Engineer. CC BY-SA 4.0

Agenti asfissianti

Gli agenti asfissianti sono quelle sostanze in grado di attaccare l’apparato respiratorio: una volta inalati, i polmoni secernono dei liquidi e la vittima muore soffocata. Solitamente hanno forma gassosa. Si tratta delle prime armi chimiche realizzate, e sono anche piuttosto semplici da produrre. Questi gas avevano la spiacevole caratteristica di essere più pesanti dell’aria, quindi tendevano a “depositarsi” dentro alle trincee, con effetti micidiali. Al giorno d’oggi, le persone colpite con questi gas spesso sono curabili, se prese in tempo.

  • Cloro: di facile produzione, ha molti utilizzi civili. Non è pratico come arma per via delle sue caratteristiche, ma è molto economico. Si può individuare facilmente per via dell’odore pungente. Il cloro è stato utilizzato dai ribelli iracheni e dall’ISIS in Iraq a partire dal 2007 per compiere alcuni attentati, e dall’esercito siriano durante la guerra civile contro i ribelli.
  • Cloropicrina: derivata dal cloro, più tossica e particolarmente “subdola” (diciamo così), visto che riusciva a passare attraverso i filtri delle maschere antigas. Anche questo è un composto “dual use”, visto che viene usato come pesticida.
  • Fosgene: usato per la prima volta dai francesi, ha la spiacevole caratteristica di avere i sintomi che si manifestano dopo 24-72 ore dall’inalazione. I tedeschi lo usarono in combinazione con il cloro per aumentarne la tossicità. Fu usato dagli austro-tedeschi a Caporetto. Ha (limitati) utilizzi industriali nella lavorazione di alcuni metalli.
  • Difosgene: ha effetti simili al fosgene, ma è più persistente. Riusciva a distruggere i filtri delle maschere antigas usate all’epoca della Grande Guerra.

Anche fosgene e difosgene hanno utilizzi civili in campo industriale.

Attacco con gas asfissianti
Un attacco con armi chimiche durante la prima guerra mondiale. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: William Lionel Wyllie. Public Domain

Agenti vescicanti

Gli agenti vescicanti sono quelli che sono in grado di attaccare, oltre l’apparato respiratorio, anche pelle, occhi ed organi interni, provocando gravissime vesciche ed ustioni. Si tratta di una tipologia di armi chimiche molto diffusa, ed anche relativamente semplice da produrre. Per dirla tutta, il primo attacco chimico “di massa” della storia, quello di Ypres, venne condotto utilizzando un vescicante.

Visto che queste sostanze possono essere assorbite non solo tramite inalazione, ma anche attraverso la pelle, in caso di esposizione prolungata la maschera antigas non è sufficiente. Inoltre, tali agenti possono passare attraverso gli abiti, anche quelli idrorepellenti. Insomma, nonostante l’età si tratta di armi micidiali, che se non uccidono possono provocare danni permanenti all’apparato respiratorio, agli occhi oltre che cicatrici da ustione. Questi hanno varie forme, oltre alla “classica” gassosa: liquida, aerosol e polvere. Vediamo qualcuno dei più diffusi.

Attacco chimico prima guerra mondiale
Soldati tedeschi durante la prima guerra mondiale preparano un attacco chimico con lanciagas da 180 mm. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Bundesarchiv, Bild 146-1969-024-67 / CC-BY-SA 3.0
  • Gas mostarda: anche chiamata iprite, è stata la prima arma chimica usata su vasta scala in guerra. Viene chiamata così per via dell’odore, che ricorda l’aglio o la senape. In realtà, si tratta di una famiglia abbastanza vasta, che comprende diverse sostanze. Queste si differenziano per i componenti utilizzati per la fabbricazione (H, HD, HL HQ e HT). I gas mostarda sono stati tra le armi chimiche più utilizzate in assoluto: oltre che largamente usati durante la Prima Guerra Mondiale, sono stati impiegati, tra gli altri, da Francia e Spagna in Marocco, dall’Italia in Libia ed Etiopia, dai sovietici negli anni trenta, dai giapponesi contro i cinesi, dall’Iraq contro iraniani e curdi, oltre che dagli uomini dell’ISIS (che riuscirono, tra l’altro, anche a fabbricarselo da soli). La già citata John Harvey, che affondò durante un bombardamento a Bari, era carica di iprite.
  • Azotiprite: si tratta di una sostanza derivata dalla comune iprite, ma realizzata per scopi medici come chemioterapico nel 1942 (fu il primo chemioterapico realizzato). Oggi ha un certo utilizzo per vari farmaci, come alcuni tipi di antipsicotici. Tuttavia, per le sue caratteristiche e la similitudine con le armi chimiche, la sua produzione è sottoposta a rigidissimi controlli.
  • Ossima di fosgene (CX): altamente tossico e in polvere (è l’unico, gli altri di base hanno forma oleosa), non provoca vere e proprie vesciche ma irritazioni. Comunque, viene ugualmente classificato tra i vescicanti. Estremamente tossico, in bassa concentrazione danneggia occhi e vie respiratorie, mentre attacca la pelle se in quantità maggiori.
  • Lewisite (L): si tratta di un composto a base di arsenico scoperto per sbaglio nel 1904 da un certo Julius Nieuwland, un sacerdote che stava svolgendo alcuni esperimenti durante gli studi per il dottorato in chimica. Accidentalmente, mischiò alcuni reagenti “creando” il composto (e finendo anche in ospedale per alcuni giorni). La Lewisite arrivò troppo tardi per il primo conflitto mondiale, e praticamente non venne mai utilizzata in combattimento.
  • Etildicloroarsina (ED): composto simile alla Lewisite, anche lui a base di arsenico.
  • Metildicloroarsina (MD): composto a base di arsenico, liquido ed altamente volatile. Venne sintetizzato dai tedeschi nel 1917. Ha il poco invidiabile primato di essere stato il primo composto organico all’arsenico utilizzato come arma chimica.
  • Fenildicloroarsina (PD): vescicante a base di arsenico, anche lui molto simile alla Lewisite. Utilizzato da francesi e tedeschi alla fine della Grande Guerra.

Agenti ematici

Gli agenti ematici sono chiamati così per gli effetti che hanno sul sangue: in pratica, queste sostanze impediscono ai globuli rossi di trasportare l’ossigeno, o comunque alle cellule del corpo di utilizzarlo. In questo modo, si danneggiano tutti gli organi vitali ed i centri nervosi. Questi agenti vengono assunti per inalazione. Ne esistono vari tipi, ma i più “famosi” sono tre.

  • Acido cianidrico (AC): liquido velenoso ed infiammabile, utilizzato per la prima volta dai francesi nel 1916. Tuttavia, come arma chimica non ebbe successo: per essere efficace ne servivano concentrazioni elevate, e tendeva a disperdersi troppo rapidamente. Purtroppo, è tristemente famoso con il suo nome commerciale: Zyklon B, un pesticida che fu utilizzato dalla Germania Nazista nelle camere a gas. In campo industriale, al giorno d’oggi, è largamente usato come reagente in numerosi processi.
  • Arsina (SA): derivato dall’arsenico, è un gas estremamente infiammabile, con odore simile a quello dell’aglio. Si lega ai globuli rossi e li distrugge, ma non è mai stato usato come arma chimica per la sua scarsa efficacia. Per dire, alcuni dubitano anche che si possa considerare un’arma… Dal punto di vista industriale, ha delle applicazioni in microelettronica, oltre che in campo forense per alcuni esami (test di Marsh).
  • Cloruro di cianogeno (CK): più efficace dell’acido cianidrico, può danneggiare l’apparto respiratorio e gli occhi. Inoltre, era in grado anche di passare attraverso i filtri delle maschere antigas standard. Comunque, non risulta sia mai stato utilizzato in guerra, anche perché ha diversi inconvenienti (instabile, facilmente infiammabile… Insomma, non il massimo per conservazione e trasporto). Ha delle applicazioni industriali.

Agenti nervini

Gli agenti nervini (o gas nervini) devono il loro nome al modo in cui sprigionano i loro effetti letali: praticamente, distruggono i meccanismi che utilizzano i nervi per inviare i messaggi ai vari organi del corpo. Detto in termini più specifici, i nervini inattivano (in via transitoria o permanente) un enzima, chiamato acetilcolinesterasi, che degrada l’acetilcolina. Che roba sarebbe? Un neurotrasmettitore, che trasmette gli impulsi sia dal sistema nervoso ai muscoli, sia all’interno del sistema stesso. In questo modo, si impedisce al cervello di comunicare con gli organi, con effetti letali.

I nervini sono tra le armi chimiche più recenti. Furono scoperti in Germania intorno al 1936, pare in modo abbastanza casuale durante alcune ricerche sui pesticidi. Tuttavia, nonostante la presenza di enormi depositi ed il fatto che furono prodotti fino al termine del conflitto, Hitler decise di non utilizzare mai queste armi, tantomeno di caricarle a bordo dei razzi V1 e V2. Finita la guerra, gli Alleati misero le mani su tonnellate di questi composti, ed ovviamente iniziarono a studiarli (del resto, erano molto più avanzati di quello che utilizzavano loro).

In via generale, gli agenti nervini hanno forma gassosa, anche se nella loro forma base spesso sono liquidi. In alcuni casi, possono anche presentarsi sotto forma di cristalli.

Naturalmente, ne esistono parecchie tipologie, comunemente raggruppati in due grandi famiglie: Serie G e Serie V. A questi, si può aggiungere il Novichok, sviluppato in Unione Sovietica negli anni settanta. Andiamo a vedere meglio di cosa si tratta.

  • Agenti nervini Serie G: sviluppati in Germania (da qui la lettera G). Questi sono quattro: Tabun (GA, 1936), Sarin (GB, 1939), Soman (GD, 1944) e Ciclosarin (GF, 1949). Hanno delle caratteristiche comuni: relativamente semplici ed economici da produrre (soprattutto Tabun, anche se è considerato il meno pericoloso del quartetto), sono altamente volatili e si assumono tramite inalazione (il Soman ed il Ciclosarin anche al contatto con la pelle, ma in questo caso occorrono dosi più massicce). Praticamente, costituirono la “base” su cui gli Alleati svilupparono i propri nervini. Sono stati impiegati in guerra dall’Iraq (contro Iran e curdi) e durante il conflitto civile siriano, oltre che per due attentati terroristici in Giappone nel 1994-1995.
  • Agenti nervini Serie V: sviluppati nel dopoguerra, sono decisamente più potenti di quelli della serie G (bastano pochi milligrammi), e sono efficaci oltre che per inalazione, anche per contatto con la pelle. Oltretutto, sono meno volatili e molto più persistenti sulle superfici. Anche in questo caso, ne abbiamo diversi tipi: VE, VG, VM, VR, e VX. Tra questi, il più famoso è sicuramente il VX, sviluppato in Gran Bretagna. Infatti, mentre gli altri non sono praticamente mai usciti dai depositi o dai laboratori, il VX è stato impiegato in varie occasioni: dagli iracheni contro i curdi e dai cubani in Angola (ma la cosa non è confermata). Inoltre, è stato usato anche per l’omicidio mirato di Kim Jong-nam, fratellastro del leader nordcoreano Kim Jong-un (dell’omicidio è stata accusata la Nord Corea).
  • Novichok: una serie di nervini sviluppati in Unione Sovietica a partire dal 1971, sembra a partire dal VR. La parola, letteralmente, significa “nuovo venuto”, anche se il loro nome iniziale era Foliant. Pare ne siano state realizzate decine di varianti, delle quali “appena” cinque sono state adattate per un utilizzo militare. Queste varianti sono indicate con la lettera A seguita da un numero. Da quanto se ne sa, dovrebbero essere le seguenti: A-230, A-232, A-234, A-242, A-262. Si tratta di composti micidiali, progettati con specifiche abbastanza interessanti: essere maneggevoli e sicuri per gli operatori, capaci di superare senza problemi le protezioni NBC in dotazione alla NATO e, soprattutto, eludere i controlli per i componenti “pericolosi” inseriti nella lista del CWC. Secondo gli esperti, i nervini Novichok sarebbero fino ad otto volte più potenti del VX. La Russia ufficialmente ha interrotto lo sviluppo di queste armi nel 1993 e distrutto tutti i suoi arsenali chimici. Tuttavia, la situazione non è che sia chiarissima, anzi. Il Novichok è stato utilizzato per alcuni omicidi mirati a partire dal 2018 (il più clamoroso è stato il caso di Alexei Navalny, nel 2020, sopravvissuto per un soffio), tutti ricollegabili all’azione dei servizi segreti russi. Ovviamente la Russia nega ogni responsabilità, ma il dubbio che non tutto l’arsenale chimico sia stato distrutto rimane. Nota a margine: pare che anche l’Iran sia in grado di sintetizzare questa sostanza.
Razzo M55
Un razzo statunitense M55 a carica chimica da 115 mm in fase di smantellamento. Questa arma era caricata con 4,5 grammi di gas nervino. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: U.S. Army Chemical Materials Activity. CC BY-SA 3.0

Agenti antisommossa

Gli agenti antisommossa sono quelle sostanze che servono, essenzialmente, a mettere fuori combattimento un avversario in via temporanea. Solitamente, si tratta di gas lacrimogeni (CS) e spray al peperoncino (OC), tutte sostanze che causano irritazioni ad occhi, gola, pelle e polmoni. In alcuni casi, tali sostanze possono essere letali.

Gli antisommossa sono delle armi chimiche abbastanza particolari: in pratica, lo sono solo se usate in guerra. Mi spiego: il loro utilizzo è perfettamente lecito se impiegate per motivi di ordine pubblico, ma è vietato (ai sensi della convenzione CWC) se utilizzate in combattimento. Quindi, si ha la situazione per cui:

  • sparare un gas lacrimogeno durante una manifestazione è del tutto legale;
  • utilizzare lo stesso lacrimogeno contro un esercito nemico costituisce una violazione del CWC (cosa che fecero gli argentini durante la Guerra delle Falkland, contro gli inglesi).

In tutti i modi, i Paesi firmatari devono dichiarare il tipo di agenti antisommossa in loro possesso.

Defolianti

I defolianti sono sostanze erbicide che servono per il controllo delle piante infestanti. Si tratta di sostanze molto cancerogene, ma largamente utilizzate in ambito agricolo. Di per sé, non sono armi chimiche, anche se hanno parecchi effetti collaterali. Tuttavia, come nel caso dei precedenti agenti antisommossa, dipende dall’utilizzo. Infatti, se usati in contesti di guerra, possono diventare armi chimiche a tutti gli effetti. Un esempio classico è il cosiddetto “agente arancio”, un defoliante ampiamente utilizzato dagli Stati Uniti in Vietnam, così da disboscare vaste aree del Paese asiatico e rendere la vita difficile ai vietcong.  L’impiego di questa sostanza ha provocato gravi danni alla popolazione, oltre che alla natura dei luoghi: come detto sopra, infatti, si tratta di composti altamente dannosi alla salute.

Agente arancio
Un deposito di fusti contenente l’agente arancio nel 1976. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: fotografo US Government. US Public Domain

Fonti

(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: Agence Rol. Public Domain)

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