2A3 Kondensator 2P

2A3 Kondensator 2P, il cannone atomico sovietico

Il 2A3 Kondensator 2P (anche Objekt 271)era un cannone semovente sovietico da 406 mm in grado di sparare proiettili nucleari, entrato in servizio nella seconda metà degli anni cinquanta. Progettualmente, rappresentò un vero e proprio fallimento, visto che si rivelò essere complicato da utilizzare e pieno di problematiche. Sviluppato come risposta all’M65 americano, entrò in servizio dopo e fu radiato prima, con un utilizzo effettivo di appena tre anni (test inclusi).

I supercannoni nucleari sovietici

Il test americano

25 maggio 1953, Nevada test Site: durante una campagna di test dell’esercito statunitense, venne fatta detonare una bomba nucleare da circa 15 kilotoni, più o meno quanto quella di Hiroshima. Avrebbe potuto essere uno dei tanti test nucleari compiuti in quegli anni, degno di relativa attenzione da parte di un sempre attento MGB (l’antenato del KGB all’epoca), ma aveva un paio di particolarità che fecero sobbalzare i vertici dell’Armata Rossa. Prima di tutto, la bomba era contenuta in un proiettile di artiglieria, e poi era stata sparata da un cannone. Un cannone bello grosso (l’M65, un 280 mm pesante 86 tonnellate), ma pur sempre un cannone.

Le implicazioni erano enormi. In quel periodo, infatti, si stavano affermando una serie di dottrine militari che prevedevano una vera e propria “saturazione atomica” del campo di battaglia, con l’impiego delle armi nucleari anche a livello tattico. In caso di guerra, quindi, l’esercito sovietico si sarebbe trovato pericolosamente in svantaggio.

La risposta sovietica

Chiariamo, l’idea non era nuova per i sovietici: anche loro, nel 1952, avevano avviato degli studi per realizzare delle artiglierie atomiche, perché considerate più flessibili in caso fosse necessario un appoggio atomico ravvicinato con brevissimo preavviso. Il problema era che gli americani avevano testato qualcosa di funzionante, mentre loro stavano ancora progettando il proiettile: ed era fondamentale avere le idee chiare sulle dimensioni che questo avrebbe avuto. Detto in altre parole: la vera incognita era quanto i tecnici sarebbero riusciti a “rimpicciolire” una bomba nucleare, e solo dopo si sarebbe potuto pensare al cannone.

Nel 1955, quando ebbero tutti le idee un po’ più chiare, i vertici dell’esercito avviarono ufficialmente lo sviluppo di ben tre sistemi d’artiglieria nucleari: un cannone ed un mortaio, entrambi semoventi, ed un cannone senza rinculo. Il semovente era il 2A3 Kondensator 2P oggetto di questo articolo, mentre il mortaio era il 2B1 Oka. Il cannone senza rinculo, invece, si chiamava S-103.

Il proiettile

Il proiettile venne testato con successo nel marzo 1956, presso il poligono di Semipalatinsk (oggi in Kazakhstan): fu piazzato su una piattaforma e fatto detonare a distanza con un segnale radio. Si chiamava RDS-41, ed aveva una potenza di 14 kilotoni, appena meno di quello americano. Ma le somiglianze si fermavano qui. I sovietici, infatti, avevano una cronica difficoltà nel realizzare sistemi compatti, e l’RDS-41 non fece eccezione: aveva un diametro di 406 mm per un peso di 570 kg (contro i 280 mm e 364 kg di quello americano). 406 mm è tanto, praticamente un calibro navale: cannoni del genere sono grossi ed ingombranti, ed erano usati per le grandi navi da battaglia, per la difesa costiera oppure come artiglierie ferroviarie. Sicuramente, erano poco adatti ad essere dispiegati rapidamente su un campo di battaglia.

I sovietici non avevano molte alternative, e quindi andarono avanti con il 406 mm, in versione semovente (probabilmente per un discorso di mobilità).

Il cannone e lo scafo furono progettati separatamente, entrambi a Leningrado (oggi San Pietroburgo).

2A3 Kondensator 2P a Mosca
Il 2A3 Kondensator 2P conservato al Museo Centrale della Forze Armate di Mosca. Fonte: Wikimedia Commons. Credits: Don-vip. CC BY-SA 4.0

La costruzione del 2A3 Kondensator 2P

Il cannone fu sviluppato dall’SDB-34 e venne chiamato SM-54. Una volta ultimato, nel 1957, venne inviato alle Officine Kirov per il montaggio sullo scafo cingolato. Quest’ultimo, di competenza delle stesse officine, era quello del carro armato T-10M, all’epoca il più grosso in dotazione all’Armata Rossa. Le “Kirov” sarebbero state responsabili di montaggio finale, prove e produzione in serie. Il progetto complessivo dell’intero semovente era di competenza dell’ufficio tecnico Kotlin.

Le difficoltà furono sicuramente parecchie: si trattava di montare una canna di una quindicina di metri a bordo di uno scafo lungo più o meno la metà. Oltre a risolvere i problemi di stabilità, la vera sfida fu (cercare di) limitare gli effetti del rinculo prodotto dallo sparo. I tecnici ce la misero tutta, e riuscirono a completare il prototipo in quello stesso anno.

Nasce il Kondensator

Il risultato era abbastanza impressionante: un veicolo di 64 tonnellate lungo una ventina di metri (canna inclusa), con sette uomini di equipaggio e capace di andare ad una velocità di 30 km/h. Il cannone aveva una gittata di oltre 25 km, e per ovvi motivi era fisso nello scafo e non in torretta. Quindi, se per regolare l’alzo era stato sufficiente inserire un sistema idraulico per abbassare o sollevare la canna, per il puntamento orizzontale era necessario ruotare l’intero veicolo. Visivamente, era molto simile a certi disegni di carri armati che fanno i bambini: uno scafo cingolato con un canone gigantesco che sbuca fuori.

Quello stesso anno, il 2A3 Kondensator 2P era pronto per le prove.

Il 2A3 Kondensator 2P in servizio

I test

Nel 1957, il 2A3 Kondensator 2P venne trasportato in un poligono nei pressi di Leningrado, e preparato per il primo colpo (convenzionale). Dopo lo sparo, fu subito evidente che ci sarebbero stati parecchi problemi di messa a punto. Di fondo, il cannone era troppo grosso per quel tipo di scafo: il rinculo aveva provocato lo “slittamento” all’indietro dell’intero veicolo di diversi metri (ricordiamo che era un cingolato di 64 tonnellate). Un controllo successivo rivelò la rottura di diversi componenti del cambio, oltre a danni sparsi per tutta la struttura.

I tecnici cercarono di ovviare a queste debolezze con soluzioni varie, montando dei rinforzi e facendo modifiche. Ma il problema fondamentale, quello del rinculo, non era risolvibile: nonostante tutti gli sforzi, dopo ogni colpo lo scafo continuava a slittare all’indietro. Questo voleva dire che ci voleva parecchio tempo per posizionarlo, e che lo stesso terreno non poteva essere scelto a caso (banalmente, non era possibile metterlo nei pressi di un fosso o su una collina). Il tempo di caricamento comunque era piuttosto breve: appena cinque minuti, rigorosamente con la canna messa in orizzontale.

Un altro problema era la scarsa mobilità. Per farla breve: non poteva passare sui ponti (troppo pesante), nei sottopassi (troppo ingombrante), niente treni (sui vagoni non entrava) e niente città (il cannone era troppo lungo per le curve cittadine).

Il ritiro dal servizio

Alla fine, i militari interruppero il programma nel 1960: il 2A3 Kondensator 2P aveva troppe limitazioni e non era pratico come arma. Per il ruolo di appoggio nucleare tattico, in attesa di riuscire a miniaturizzare ancora di più un’arma nucleare, si decise di optare per i missili balistici tattici ed i razzi d’artiglieria. Fino a quel momento, ne erano stati costruiti quattro, sotto il controllo dell’Alto Comando di Artiglieria. Questi erano ritenuti una potenziale minaccia dalla NATO, e quindi costantemente monitorati (esattamente quello che facevano, a parti invertite, i sovietici con gli M65). Probabilmente, in caso di guerra, sarebbero stati uno dei primi obiettivi ad essere colpiti.

La parata sulla Piazza Rossa

Nel 1957, il 2A3 Kondensator 2P venne fatto sfilare per l’annuale parata sulla Piazza Rossa. Ovviamente, per le sue dimensioni, destò un enorme stupore tra i presenti, tra cui anche giornalisti occidentali (puntualmente invitati per permettergli di raccontare al mondo la potenza dell’esercito sovietico. Del resto le parate servono a questo). Gli esperti militari esaminarono il Kondensator e giunsero a due conclusioni.

  • “Non lo stanno facendo veramente”. Gli esperti trovarono quella soluzione abbastanza assurda e di dubbia utilità, viste le dimensioni del cannone. Quindi ritennero che si trattasse di una semplice operazione di propaganda, giusto per fomentare il popolo e mettere paura agli avversari. Non immaginavano che, in realtà, quella cosa aveva iniziato i test di fuoco al poligono e sparava sul serio.
  • “È un 310 mm”. Le agenzie di intelligence fecero delle stime sul calibro del cannone, e si convinsero che si trattava di un 310 mm (infatti venne chiamato SU-310). Si trattava di un calibro grosso ma tutto sommato abbastanza ragionevole, di poco superiore al 280 mm usato dagli americani. In realtà, era 10 centimetri più largo.

Bisogna considerare che l’Unione Sovietica divulgava pochissimi dati dei propri sistemi d’arma (e non solo di quello), e la maggior parte delle informazioni erano prodotte dal lavoro delle agenzie di intelligence (oltre che dalle foto sulla Piazza Rossa). Ci volle un po’ di tempo prima che la NATO capisse di cosa si trattava realmente.

Esemplari superstiti

Oggi è possibile ammirare un 2A3 Kondensator 2P presso il Museo Centrale delle Forze Armate, a Mosca. Gli altri tre non si sa che fine abbiano fatto.

Dati tecnici

  • Progettista: SDB-34 il cannone, Ufficio tecnico Kotlin il progetto finale
  • Costruttore: Officine Kirov
  • Tipologia: cannone semovente
  • Ingresso in servizio: 1956
  • Ritiro dal servizio: primi anni sessanta
  • Esemplari costruiti: 4
  • Lunghezza: 20 m (inclusa la canna)
  • Larghezza: 3,8 m
  • Altezza: 5,75 m
  • Peso: 64 tonnellate
  • Armamento principale: 1 cannone da 406 mm
  • Motore: 1 x Model V-2-IS (V2K) da 700 hp
  • Velocità massima: 30 km/h
  • Autonomia: 200 km?
  • Equipaggio: 7-8

Fonti

(immagine di copertina tratta da Wikimedia Commons. Credits: Gandvik. CC BY-SA 3.0)

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